L’obbedienza non è (più) una virtù
Maurizio Bonati
Dipartimento di Sanità Pubblica
IRCCS – Istituto di Ricerche Farmacologiche
Mario Negri, Milano
maurizio.bonati@marionegri.it



Ogni cittadino deve obbedienza alle leggi, ma deve battersi se le ritiene ingiuste, in modo democratico e non violento, sapendo di dover pagare di persona.
Questa la sintesi della “Lettera ai Giudici” romani inviata dall’accusato priore di Barbiana nel 19651.
Ad oltre cinquantanni di distanza il dibattito sulle regole, sui valori di base che guidano la nostra convivenza, basata su diritti e doveri, opportunità e obblighi, libertà e limiti2 si è improvvisamente riacceso, con ampia risonanza in tema di vaccinazioni. Senza rispetto delle regole non potremmo vivere in società, quindi l’occasione di una discussione pubblica sulle ragioni delle regole (in questo caso l’obbligo vaccinale) rappresenta una preziosa opportunità per migliorare la convivenza e aumentare la partecipazione. Il dibattito purtroppo è stato spesso violento, non basato su evidenze scientifiche, caratterizzato da scontri mediatici disinformativi e interessi di schieramento politico, ma anche per questo una riflessione verso un futuro dinamico e propositivo dovrebbe essere fatta da tutti e in particolare dai decisori della salute pubblica e dagli operatori sanitari.
La vaccinazione è uno degli interventi di salute pubblica più efficaci e con un elevato beneficio di costo-efficacia nel ridurre la mortalità e morbilità dovute ad alcune malattie infettive. Tuttavia gli interventi sinora attuati devono essere implementati e aggiornati perché i benefici non sono risultati ubiquitari (le disuguaglianze permangono) e seguono andamenti temporali, e questo accade non solo in Italia.
Che cosa ha acceso il recente dibattito sulle vaccinazioni? L’informazione pubblica delle diminuite coperture vaccinali pediatriche e le proposte di contrasto di recente attuate (l’obbligatorietà per l’accesso ai servizi per l’infanzia) o ipotizzate (l’obbligatorietà per la frequenza delle scuole dell’obbligo). Che le coperture fossero in diminuzione non rappresenta una novità essendo un fenomeno in corso da alcuni anni a cui ha corrisposto l’aumento di casi di morbilità e di ospedalizzazione per malattie prevenibili. È quanto successo per il morbillo, anche in considerazione della ciclicità dell’andamento temporale della malattia quando non si raggiunge (almeno) la fatidica soglia del 95% di coperture. Valore indicativo (stimato) per quelle malattie ad alta penetranza/contagiosità quali morbillo, pertosse e parotite. Tuttavia il picco di casi registrato in questi mesi è simile a quello del 2011, che non ricevette tanta attenzione. Certo se le coperture vaccinali fossero state mantenute, o ancor meglio aumentate, il numero di casi sarebbe stato inferiore. Perché tutto ciò è avvenuto? Cosa è stato fatto affinché questa recrudescenza fosse prevenuta? Una valutazione critica formale e trasparente sarebbe utile per comprendere, far comprendere e modificare quanto, nella pratica, si è dimostrato insufficiente a tutela della salute pubblica; anche perché a partire dal 2003 in Italia è attivo un piano per l’eradicazione del morbillo (e della rosolia congenita) e a quattordici anni di distanza ci si ritrova in situazioni analoghe 3. Nel recente dibattito il capro espiatorio è stato il rifiuto alle vaccinazioni sostenuto in particolare dai movimenti antivaccinazione che nel tempo si sono sempre più affermati; fenomeno non solo italiano e non recente4,6. In realtà, questo spiega solo una parte del fenomeno. Sappiamo che, sia in Italia che in altre nazioni, il rifiuto vaccinale per ragioni religiose, filosofiche o presunti motivi di salute rappresenta solo una parte7,8. L’organizzazione del sistema di offerta, la credibilità e autorevolezza degli operatori sanitari, le caratteristiche demografiche e sociosanitarie sono, per esempio, altri fattori che contribuiscono alla diminuizione delle coperture9,10. Il catch-up necessario deve quindi essere più complesso e articolato di quello previsto sinora con le sole indicazioni dei Piani Vaccinali. Cosa è stato fatto in proposito e con quale risultato in questi anni?
Le ragioni principali del rifiuto o ritardo vaccinale sono attribuibili al timore degli eventi avversi della vaccinazione, al numero eccessivo di vaccini da somministrare e alla dubbia sicurezza/efficacia attribuita ai vaccini11. Preoccupazioni comprensibili che una appropriata e continua informazione ed educazione sanitaria potrebbero ridurre. Una necessità nazionale valida per tutti gli ambiti sanitari, non solo quello preventivo, determinata dall’analfabetismo sanitario generalizzato. È difficile, per esempio, far comprendere il significato di “rischio” o “probabilità” e conseguentemente le azioni correlate, ma questo è uno degli obiettivi per una partecipazione attiva, consapevole e responsabile (anche) in ambito vaccinale.
La sola estensione dei criteri di obbligatorietà non sembra andare in questa direzione. Nessuno dei provvedimenti documenta il razionale della scelta accompagnandolo con il numero dei non vaccinati che potrebbero essere recuperati così da esplicitare se questo catch-up è potenzialmente utile per raggiungere la soglia del 95% di coperture dell’intera popolazione target. Nessun provvedimento contempla alcuna valutazione nel tempo dell’esito e del processo attivato. Tutto questo genera diffidenza, incomprensione, quando non aperto contrasto. Sin dalla sua prima introduzione (il Vaccine Act del 1813)12, l’obbligatorietà ha alimentato scetticismo e anche reazioni violente. In Italia le azioni politiche e giudiziarie che hanno accompagnato l’obbligatorietà dei vaccini antipolio13 e antiepatite-B14 dovrebbero essere da monito per la trasparenza necessaria di un provvedimento che interessa e coinvolge l’intera comunità. Sapendo, inoltre, che una ratificazione legislativa non è sufficiente a cambiare una pratica.
L’Italia a differenza di altre nazioni, ha scelto in 4 momenti diversi (1937, 1966, 1968, 1991) l’introduzione di 4 vaccinazioni emanando 4 specifiche leggi. Nel frattempo l’attuale calendario vaccinale contempla altre 10 vaccinazioni per l’infanzia e 3 per gli ultrassessantacinquenni, raccomandate. Nel 1995 il Consiglio Superiore di Sanità, nella seduta del 15 novembre, ha indicato “lo spostamento delle vaccinazioni dagli interventi impositivi a quelli della partecipazione consapevoli della comunità”. Con decreto del Presidente della Repubblica (26 gennaio 1999, n. 355) si stabilisce che “la mancata certificazione non comporta il rifiuto di ammissione dell’alunno alla scuola dell’obbligo o agli esami”. I Piani Nazionali Vaccini ribadiscono che “particolare riguardo deve essere dato al problema del superamento della distinzione tra vaccinazioni obbligatorie e non obbligatorie… abbandonando con l’indispensabile gradualità le pratiche coercitive… per consentire l’evoluzione della politica vaccinale dall’ambito degli interventi impositivi a quello della partecipazione consapevole delle famiglie”. Nel 2007 la Regione Veneto (legge regionale n. 7 del 23 marzo) decreta la sospensione dell’obbligo vaccinale, ancora vigente. Situazione che necessiterebbe di un aggiornamento anche normativo, politico e giuridico, basato sulle evidenze scientifiche. Questo porterebbe anche al superamento dell’incomprensione generale tra vaccinazioni obbligatorie e raccomandate per far posto a ciò che è essenziale per la salute pubblica.
Ma qual è il modo più efficace per coinvolgere gli scettici sull’importanza delle vaccinazioni15? Risposta ardua, con la consapevolezza che qualsiasi intervento si voglia intraprendere deve essere mantenuto e implementato nel tempo e deve esserne valutata l’efficienza nei diversi contesti sociali. Recenti esempi utili per la riflessione si possono attingere anche da realtà lontane da quella italiana.
Il colera è endemico in alcune nazioni con scarse risorse e annualmente si registrano 2-4 milioni di casi nel mondo. Vaccini orali attualmente disponibili, sebbene non ottimali, sono efficaci se adeguatamente utilizzati. Per dare indicazioni su quale iniziativa si è dimostrata più efficiente per aumentare le coperture vaccinali sono stati analizzati i risultati di 12 campagne vaccinali prima di dare nuove indicazioni16.
In Kenya l’invio di SMS di avviso e sollecito, con e senza ulteriori incentivi, ha contribuito ad aumentare la copertura vaccinale della popolazione pediatrica17.
L’utilizzo di Internet e dei Social Network ha trasformato le tradizionali fonti di informazioni. In ambito sanitario la lotta tra informazione basata sulle evidenze scientifiche e quella su sensazioni, impressioni, esperienze soggettive è spesso impari. Tuttavia un attento monitoraggio attivo delle informazioni diffuse sia con i tradizionali strumenti di informazione sia su Internet, a partire dalle comunicazioni ufficiali degli organi competenti, può essere efficace nel ridurre la diffusione di messaggi non chiari o addirittura falsi in tema di vaccinazioni 18.
Gli esempi disponibili sono molti e le modalità più efficienti possono essere identificate anche a livello locale. Un singolo strumento sia esso facoltativo od obbligatorio non è, da solo, sufficiente a garantire una risposta che è multifattoriale.
C’è grande differenza fra l’obbedienza cieca alle regole e l’obbedienza illuminata dello spirito critico: l’una è stupida e non evolutiva; l’altra è intelligente e altamente evolutiva19.
È uno dei principi del percorso educativo: educare bambini e ragazzi ad ubbidire alle regole, ma anche ad attivare e coltivare sistematicamente il proprio spirito critico. Ecco, forse sono il progetto e il programma educativi condivisi che mancano ancora a livello sanitario per tutti i cittadini quali appartenenti ad una comunità: le vaccinazioni sono ovviamente solo uno dei capitoli di questo progetto, ma trasversale e comune a tutti, indipendente dall’età, censo, ruolo e professionalità.

BIBLIOGRAFIA
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Mentre andiamo in stampa il governo ha varato un decreto legge sulle vaccinazioni: dodici vaccinazioni diventeranno obbligatorie, pena la mancata iscrizione agli asili nido e alle scuole d’infanzia, pubbliche e private. Il provvedimento entrerà in vigore dall’anno scolastico 2017-18.
Le considerazioni fatte nell’
Editoriale e nella Ricerca sul campo rimangono pertinenti alla riflessione in atto.