Limitare l’esclusività

Fino al 2014, l’introduzione nella lista dei farmaci off-label rimborsabili a carico del SSN (legge 648 del 1996) era consentito solo in assenza di un’alternativa terapeutica con indicazione approvata. A seguito del contenzioso sull’uso del bevacizumab nelle indicazioni intravitreali, questa limitazione è caduta. Dipende dalla CTS dell’AIFA verificare che vi siano evidenze scientifiche sufficienti a sostegno di un’indicazione off-label e raccomandare la copertura SSN anche in presenza di alternative con indicazione approvata.
Le aziende farmaceutiche sono state, e sono, contrarie a questa estensione. La motivazione è che se diventa possibile utilizzare un farmaco off-label, anche senza l’attività di ricerca preclinica e clinica indispensabile per l’autorizzazione di un’indicazione, si legittima una concorrenza sleale nei confronti di chi segue le regole. L’argomentazione ha un punto forte. Come società, non abbiamo interesse a penalizzare chi ha investito per scoprire una nuova indicazione, magari per favorire un “free rider” che può abbattere i prezzi solo per avere evitato le spese di ricerca che precedono l’immissione in commercio.
Però… Però ci sono contesti non contemplati da questa argomentazione (oltre al fatto che un farmaco possa essere off-label in Italia e non in un altro paese). Un primo esempio riguarda proprio l’utilizzo off-label del bevacizumab, nelle indicazioni intravitreali, anche successivamente all’autorizzazione del ranibizumab per le stesse indicazioni. Per il bevacizumab non sono mancate le evidenze scientifiche a sostegno dell’uso off-label, anzi. Non esiste probabilmente un altro farmaco che sia stato sottoposto a così tanti RCT, commissionati da organismi pubblici o non profit di paesi diversi, con risultati coerenti a sostegno della sovrapponibilità clinica con il ranibizumab. Se ancora oggi il bevacizumab non ha le indicazioni intravitreali dipende dalla mancanza non di ricerca, ma di volontà dell’azienda di richiedere l’indicazione. Un’indagine approfondita svolta dall’Autorità antitrust italiana aveva messo in evidenza un’attività collusiva da parte delle aziende proprietarie dei due farmaci, Roche e Novartis. Per inciso, il 23 gennaio 2018, una sentenza della Corte europea di giustizia ha stabilito che l’indagine svolta dall’Antitrust è perfettamente coerente con quanto previsto dalle norme europee (https://goo.gl/Gi3C9P).
Un secondo esempio, relativo all’utilizzo del ketoconazolo nella sindrome di Cushing, riguarda la cosiddetta approvazione su base bibliografica. Per oltre 30 anni questo farmaco antimicotico è stato utilizzato off-label sfruttando la capacità di ridurre la produzione di cortisolo. Nonostante sia stato sospeso a livello europeo nel 2013 nell’indicazione antimicotica, a causa del rischio di epatotossicità, il ketoconazolo è stato approvato dall’Ema nel 2014 addirittura come farmaco orfano nel trattamento della malattia di Cushing. Tale riconoscimento è avvenuto a partire dalle oltre 300 pubblicazioni accumulatesi da metà degli anni ‘80 (https://goo.gl/p7PwfM). L’azienda che ha registrato l’indicazione ha quindi effettuato una meritoria attività di regolarizzazione, ma nessuna attività di ricerca su efficacia e sicurezza alla base della nuova indicazione. Il prezzo al pubblico, però, a causa dell’esclusività nell’indicazione approvata, è passato da 90 centesimi a circa 13 euro per compressa da 200 mg.
In definitiva, è ragionevole che un’azienda richieda il rispetto dell’esclusività di mercato quando ha investito nella ricerca clinica che ha prodotto le evidenze scientifiche e ha anche aggiornato le registrazioni e le schede tecniche. Molto meno convincente è invece rivendicarla quando le evidenze derivano da studi finanziati dal pubblico o da organizzazioni non-profit o quando la condizione di esclusività si basa su dati di efficacia prodotti da altri. In queste situazioni, un po’ di concorrenza con farmaci clinicamente sovrapponibili, anche se utilizzati off-label, è del tutto giustificabile e compatibile con i diritti brevettuali.
Giuseppe Traversa
Centro di ricerca e valutazione
dei farmaci
Istituto Superiore di Sanità
giuseppe.traversa@iss.it

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