Recenti episodi di dimenticanza e abbandono
Maurizio Bonati
Dipartimento di Sanità Pubblica
Istituto di Ricerche Farmacologiche
Mario Negri IRCCS, Milano
maurizio.bonati@marionegri.it


Rémi, bambino francese di otto anni, è il protagonista di Senza famiglia pubblicato nel 1878 e scritto da Hector Malot1. Un classico della narrativa per ragazzi che ha rappresentato uno dei libri di iniziazione alla lettura per passate generazioni delle classi medio-popolari. Numerosi sono stati gli adattamenti cinematografici e televisivi. L’abbandono dei bambini per vergogna o povertà ha tristemente accompagnato la storia dell’uomo e affascinato la fantasia popolare oltre ad essere un produttivo filone di studi e ricerche2,3. In Italia sono circa 15.000 i bambini e i ragazzi in affidamento familiare affinché possano crescere in un ambiente che soddisfi le loro esigenze educative e affettive, in cui esprimersi liberamente e affermare le proprie capacità4. La sconcertante inchiesta “angeli e demoni” condotta dai Carabinieri di Reggio Emilia, a partire da un’inchiesta giornalistica, su una rete di malaffare e di complicità per sottrarre bambini alle loro famiglie è espressione di abbandono e dimenticanza quando le buone intenzioni si limitano a rimandare (normando, legiferando, delegando) ad un istituto di diritto quale quello dell’affido istituito nel 1983, senza valutarne l’efficacia e l’efficienza in modo continuo e sistematico. Già nel 1992 con Ladro di bambini diretto da Gianni Amelio, veniva posto all’attenzione pubblica il problema delle possibili distorsioni tra buone intenzioni (sentimenti), realtà sociale e strumenti istituzionali. La distribuzione di diritti e doveri, opportunità e obblighi, libertà e limiti risulta quindi iniqua e disuguale se le regole possono essere discrezionali perché non partecipate5. E tutto questo non dovrebbe essere compito (solo) dell’amministrazione della giustizia, ma essere uno degli obiettivi/mandati di una Agenzia nazionale, indipendente e trasparente, a tutela dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Un Osservatorio permanente sul nascere e crescere in Italia che monitorizzi lo “star bene” dei bambini e dei ragazzi italiani (e delle loro famiglie) individuando i determinanti, documentando le criticità, indicando ai decisori i possibili interventi migliorativi.
Nel mondo sono 180 milioni i bambini senza famiglia, la maggior parte dei quali in Africa. Una popolazione di minori soli e dimenticati dall’agenda politica e dalla cooperazione internazionale, come è avvenuto nella prima Conferenza Pubblica sulla Cooperazione allo Sviluppo6. È abbandonata e ignorata l’infanzia dei minori stranieri non accompagnati e separati (MNSA): poco meno di 13.000 quelli presenti e censiti nel 2018 in Italia e 5000 quelli irreperibili4. Sono stati 16.750 gli sbarchi in Italia nel 2018, 3536 (21%) i MNSA: questi i dati certi. Certi anche i molti “scomparsi in mare” di cui non si ha dimensione dei numeri: vittime ignote che meriterebbero un “altare”, simbolo internazionale di diritti negati. L’indecorosa pagina di inciviltà scritta con il caso Sea-Watch 3 ha ulteriormente testimoniato come i “migranti” rappresentino un “carico” indifferenziato e i MNSA presenti a bordo un “carico” ignorato, sebbene l’articolo 3 della legge 47/2017 stabilisca che: “In nessun caso può disporsi il respingimento alla frontiera di minori stranieri non accompagnati”. Migranti, profughi, rifugiati, naufraghi, situazioni e condizioni differenti, termini spesso usati come sinonimi che solo per i minori possono esserlo, perché c’è una Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, approvata il 20 novembre 1989 e a tutt’oggi ratificata da 196 Paesi, che li riconosce comunque come titolari di diritti civili, sociali, politici, culturali ed economici ovunque nel mondo. Questo dicono le “carte”; la realtà è ben diversa. I drammi nel Mediterraneo, al largo di Lampedusa o sulla spiaggia di Bodrum, o quelli al confine tra USA e Messico, nel Rio Grande, e in molte altre realtà nel mondo sono l’esito di abbandoni e dimenticanze, di inadempienza a regole sottoscritte, di impunità. Le foto choc di Ayal (3 anni) respinto dalle acque dell’Egeo e di Angie Valeria (2 anni) nell’acqua melmosa del Rio Grande documentano i quotidiani “abbandoni” e i disturbi della memoria di diritti negati nel colpevole e ipocrita ritiro nella “famiglia del mulino bianco”.
Un immaginario della famiglia italiana lontano dalla realtà descritta dall’Istat con il report sulla povertà di giugno7. Nel 2018, la povertà assoluta in Italia colpisce 1.260.000 minori (12,6% rispetto all’8,4% degli individui a livello nazionale). Le famiglie con minori in povertà assoluta (con una spesa mensile pari o inferiore al valore soglia che per una famiglia di 2 adulti e un minorenne è di 1400-1000 €) sono 725mila e sono più povere di quelle povere senza minori. Le famiglie composte da soli stranieri con minorenni sono più povere di quelle povere di soli italiani. L’incidenza dei minori in povertà assoluta va dal 10,1% nel Centro fino al 15,7% nel Mezzogiorno dove risulta sostanzialmente stabile rispetto al 2017. Analoga situazione per la povertà relativa nelle cui condizioni sono stimate circa 3 milioni di famiglie (11,8%), per un totale di 9 milioni di individui (15,0%).
Si è tenuta a Roma, il 13 e 14 giugno 2019, la conferenza nazionale per la salute mentale “Diritti, libertà e servizi” a conclusione di un percorso lungo un anno, articolato in 31 incontri realizzati su tutto il territorio nazionale e sostenuta da un cartello di 113 organizzazioni. Anche in questo caso/percorso si sono dimenticati dei minori. Il disagio psichico in età evolutiva in Italia interessa circa 1,3 milioni di bambini/ragazzi (e le loro famiglie) che vivono in modo aggravato la fatica di crescere, senza i supporti e le cure necessarie. Solo un terzo accede ai servizi pubblici di neuropsichiatria dopo una lunga attesa (mesi, ma anche anni). Gli operatori reclamano risorse e attenzione, anche se dopo anni di abbandono e disattenzione istituzionali ad un aumento di risorse non necessariamente consegue un miglioramento delle cure e della qualità degli interventi nonostante la soddisfazione degli operatori e degli utenti. La domanda di servizi per la salute mentale in età evolutiva è cronicamente orfana di risposte e di investimenti necessari per garantire diagnosi e cure appropriate. Le soluzioni messe in campo sono dichiarazioni con auspici di diritti non garantiti. È quanto successo anche con il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 12 gennaio 2017 con la definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza (LEA). L’articolo 25 (Assistenza sociosanitaria ai minori con disturbi in ambito neuropsichiatrico e del neurosviluppo) recita “Nell’ambito dell’assistenza distrettuale, domiciliare e territoriale ad accesso diretto, il Servizio sanitario nazionale garantisce ai minori con disturbi in ambito neuropsichiatrico e del neurosviluppo la presa in carico multidisciplinare e lo svolgimento di un programma terapeutico individualizzato differenziato per intensità, complessità e durata, che include le prestazioni, anche domiciliari, mediche specialistiche, diagnostiche e terapeutiche, psicologiche e psicoterapeutiche, e riabilitative, mediante l’impiego di metodi e strumenti basati sulle più avanzate evidenze scientifiche…” e l’articolo 60 (Persone con disturbi dello spettro autistico) aggiunge “Ai sensi della legge 18 agosto 2015, n. 134, il Servizio sanitario nazionale garantisce alle persone con disturbi dello spettro autistico, le prestazioni della diagnosi precoce, della cura e del trattamento individualizzato, mediante l’impiego di metodi e strumenti basati sulle più avanzate evidenze scientifiche”. Tutti contenti, famiglie e operatori, ma a distanza di tempo? La realtà è ben diversa da quanto auspicato e legiferato. Sebbene i LEA siano le prestazioni e i servizi che il Servizio sanitario nazionale è tenuto a fornire a tutti i cittadini, gratuitamente o dietro pagamento di una quota di partecipazione (ticket), con le risorse pubbliche raccolte attraverso la fiscalità generale (tasse) 8, le disuguaglianze territoriali nella prestazione delle cure sono croniche, come le incapacità di rientro dei deficit sanitari regionali. Diritti ancora disattesi in una realtà in cui i minorenni restano “minori” in tutti i sensi. Ridisegnare il sistema di cure senza ipocrisie, in una popolazione con sempre maggiore disagio psichico, è un bisogno essenziale che necessita però di altri sguardi.
Se I bambini ci guardano, diretto da Vittorio de Sica nel 1943, rappresenta l’anticipazione del neorealismo italiano cinematografico, la storia del piccolo Pricò è un’esortazione ancora inevasa affinché gli adulti guardino con gli occhi dei bambini (dalla parte dei bambini, all’altezza dei bambini) nel percorso di accoglienza e accompagnamento reciproco della vita.


BIBLIOGRAFIA
1. Malot H. Senza famiglia. Firenze: Salani Editore, 1927.
2. Da Molin G. Per una storia dell’infanzia abbandonata in età moderna: i messaggi dell’abbandono. Itinerari di ricerca storica, XXX - 2016, numero 2: 79-94.
3. Lomastro F, Reggiani F. Per la storia dell’infanzia abbandonata in Europa. Tra est e ovest: ricerche e confronti. Roma: Viella Libreria Editrice, 2013.
4. Gruppo di lavoro CRC. I diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia. I dati regione per regione. Rapporto 2018. http://gruppocrc.net/wp-content/uploads/2019/04/ rapporto-CRC-2018-ok_-aprile-2019-002.pdf (ultimo accesso, 2 luglio 2019).
5. Colombo G. Sulle regole. Milano: Feltrinelli, 2008.
7. 18 giugno 2018. Le statistiche dell’Istat sulla povertà. https://www.istat.it/it/files//2019/06/La-povertà-in-Italia-2018.pdf
6. Ministro degli Affari Esteri. Conferenza Pubblica sulla Cooperazione allo Sviluppo. 24 e 25 gennaio 2018 a Roma. www.aibi.it/ita/conferenza-pubblica-sulla-cooperazione -allo-sviluppo-linfanzia-abbandonata-nel-mondo-la-grande-assente-dellappuntamento/ (ultimo accesso 2 luglio 2019).
8. Servizio sanitario nazionale: i LEA. www.salute.gov.it/portale/lea/ homeLea.jsp (ultimo accesso 2 luglio 2019).