L’ospedale centrato sul paziente è ancora lontano
Migliorare la ricerca sulla medicina patient centered
nelle organizzazioni sanitarie è una priorità

Elisa G. Liberati1,
Lorenzo Moja
2

1. Dipartimento di Psicologia, Università Cattolica
del Sacro Cuore; elisagiulia.liberati@unicatt.it
2. Dipartimento di Scienze Biomediche per la Salute, Università degli Studi di Milano;
Unità di Epidemiologia Clinica,
IRCCS – Istituto Ortopedico Galeazzi

ABSTRACT
The patient-centered hospital is still far away: improving research on patient centered medicine in healthcare organizations is a priority
It is widely acknowledged that patient centeredness is a key element of healthcare service quality. Despite the numerous theories describing patient centered care, the research outcomes in this field seem still unable to fully describe patients’ overall experiences in the hospital. Studies that focus on the doctor-patient relationship often provide ideal and abstract descriptions of the relationship between patients and care providers, and fail to consider local contingencies and socio-cultural constraints. Organization-oriented studies succeed in identifying the main organizational levers for moving towards patient centered hospitals, but do not explain how health professionals can translate them into their daily activities. Drawing on social research methodology, we offer six proposals that could assist the research on patient centered medicine to approach the complexity of patients’ and practitioners’ experiences: consider the specificities of local contexts; use ethnographic methods; shadow patients and practitioners; engage healthcare organizations in designing the research; use research data to strengthen practitioners’ reflective capacity; and prepare for the organizational change and power shifts that a patient centered approach involves. The proposals provide general guidance for both engaging in collaborative action-learning processes and for supporting organizational innovation that will lead to patient centered hospitals.
Key words. Patient care | health services research | ethnography | sociology | applied research.

RIASSUNTO
La centratura sul paziente oggi costituisce una dimensione cruciale della qualità dei servizi di cura offerti dal sistema sanitario. Nonostante la mole di teorie e modelli che descrivono la cura centrata sul paziente, i risultati delle ricerche sembrano ancora incapaci di riflettere pienamente l’esperienza dei pazienti negli ospedali. Da una parte, gli studi che si focalizzano sulle interazioni medico-paziente restituiscono descrizioni ideali delle relazioni di cura e non tengono conto dei vincoli locali e delle specificità dei contesti. Dall’altra, gli studi organizzativi producono teorie o modelli generali, che ipotizzano le dimensioni organizzative importanti per la centratura sul paziente, ma non indicano come tali variabili siano tradotte in pratica e rese effettive dai professionisti sanitari. Mutuando alcune proposte metodologiche dalla ricerca sociale, indichiamo sei direzioni per avvicinare la ricerca sulla patient centered medicine alla complessità delle esperienze di pazienti e professionisti negli ospedali: tenere conto della specificità dei contesti di cura; adottare metodi etnografici; sperimentare la tecnica osservativa dello shadowing; coinvolgere le organizzazioni sanitarie nella progettazione delle ricerche; usare i dati delle ricerche per rafforzare le capacità riflessive dei professionisti; e prefigurare i cambiamenti organizzativi e politici implicati nell’adozione di un approccio patient centered. Gli spunti delineati forniscono alcune indicazioni per andare verso percorsi di apprendimento-azione collaborativi e supportare un’innovazione organizzativa che conduca a ospedali centrati sul paziente.
Parole chiave. Medicina centrata sul paziente | ricerca nei servizi sanitari | etnografia | scienze sociali | ricerca applicata.


La “medicina centrata sul paziente“ è una formula solitamente utilizzata per definire un orientamento alla pratica medica che si distingue per la considerazione e il rispetto dei bisogni, desideri, preferenze e valori del paziente1,2. Il termine è presente nel panorama della ricerca da oltre trent’anni, e oggi è spesso indicato come una dimensione irrinunciabile della qualità delle cure, nonché un obiettivo cruciale per le organizzazioni sanitarie2,3. Le molte ricerche che hanno analizzato il concetto di centratura sul paziente hanno ampliato i significati associati al termine e moltiplicato le teorie e i modelli che ne descrivono gli elementi costitutivi. Ciò nonostante, la ricerca in questo campo sembra ancora incapace di riflettere pienamente l’esperienza dei pazienti negli ospedali.
La medicina centrata sul paziente è stata finora indagata prevalentemente da due filoni di ricerca (tabella I). Il primo, consolidato nel tempo, si focalizza sulla relazione tra paziente e professionista sanitario, sul coinvolgimento del paziente nei processi decisionali4, e sulle caratteristiche di cui una buona comunicazione medico-paziente dovrebbe essere dotata5-7. Chiameremo questo filone “relazionale“. Gli studi che vi afferiscono hanno guardato alla visita medica come momento cruciale per la costruzione di un’alleanza terapeutica e sono stati il punto di partenza per lo sviluppo di modelli e strumenti in grado di trasformare i principi della medicina centrata sul paziente in variabili esplorabili mediante un approccio sperimentale8-10.
Il secondo filone, più recente e innovativo, allarga la prospettiva d’indagine oltre la diade paziente-professionista, comprendendo anche i servizi sanitari, cioè organizzazioni complesse formate da persone, processi e strutture fisiche11-13. Chiameremo questo filone “organizzativo“. L’ipotesi da cui muovono gli studi in questo ambito è che, per rispettare i bisogni del paziente, non basti lavorare sulla relazione e sulla comunicazione medico-paziente: la patient centeredness dovrebbe coinvolgere il contesto di erogazione delle cure nella sua totalità. A partire dall’analisi di alcune variabili organizzative, diversi autori hanno quindi provato a identificare leve ed ostacoli al processo di cambiamento degli ospedali verso una maggiore centratura sul paziente14,15. Nel cambiamento sono coinvolti aspetti procedurali, strutturali e culturali. Una direzione generale impegnata nei confronti di pazienti e famiglie; l’inserimento di responsabili per l’indicazione di strategie di miglioramento della centralità del paziente; lo sviluppo di indicatori che permettano di monitorare l’allineamento dei processi di cura ai desideri del paziente ne costituiscono alcuni esempi.



Malgrado sia le ricerche “relazionali“ sia quelle “organizzative“ abbiano contribuito a porre il tema della patient centered medicine all’attenzione della comunità clinica e del management sanitario, entrambi i filoni soffrono di astrattismo. Da una parte, molti degli studi che si focalizzano sulla relazione medico-paziente guardano alle interazioni in modo analitico: mettendo sotto il microscopio conversazioni e scambi comunicativi, essi corrono il rischio di restituire descrizioni astratte e scorporate dal contesto di cura. Il livello di dettaglio raggiunto sacrifica la figura intera, ovvero l’organizzazione. Dall’altra parte, gli studi organizzativi – con la loro visione “macroscopica“ – producono teorie e/o modelli molto generali, che ipotizzano le dimensioni organizzative in gioco, ma non colgono l’esperienza dei pazienti in ospedale, né quella dei professionisti sanitari alle prese con priorità contrastanti, pressioni organizzative, inadeguatezza di risorse e interessi di agenda da tutelare. Polarizzata tra visioni troppo micro o troppo macro, la ricerca sulla medicina patient centered oscilla tra il rischio di descrivere scenari ideali e a-contestuali e quello di raccogliere mere dichiarazioni d’intenti. La distanza tra le teorie, l’esperienza dei pazienti, e gli interventi messi in atto a livello di politiche sanitarie è ancora grande. Così, si rischia di ridurre la “centratura sul paziente“ a un’etichetta vuota e di svalutare il potenziale pragmatico e applicativo dei risultati della ricerca.

LA RICERCA SULLA MEDICINA PATIENT CENTERED
NELLE ORGANIZZAZIONI SANITARIE: COME MIGLIORARLA

Considerare reti e contesti di cura
Per ricalibrare la “distanza focale“ delle lenti d’indagine, occorre individuare percorsi di ricerca innovativi, diversi da quelli tradizionali schiacciati sulla relazione medico-paziente. In breve, occorre riconoscere che focalizzare le indagini solo sulla visita medica e sulla comunicazione medico-paziente è limitante, per tre principali ragioni. Prima di tutto, in ospedale il paziente vede il medico raramente e per lo più in incontri brevi; passa molto più tempo con attori spesso lasciati sullo sfondo dalla ricerca, come altri professionisti sanitari, operatori e pazienti. Secondo, le interazioni significative per la centratura sul paziente riguardano anche gli scambi tra diversi professionisti sanitari: la comunicazione interprofessionale e interdisciplinare è un elemento chiave per la qualità e la continuità delle cure. Più che la singola relazione, occorre quindi analizzare la rete di relazioni. Il terzo motivo ha a che fare con il contesto delle cure nella sua globalità: spesso a non essere centrate sul paziente non sono le interazioni tra professionisti e pazienti, ma alcune pratiche, abitudini e routine che caratterizzano la vita in ospedale. Le interazioni non avvengono nel vuoto: risorse e vincoli (im)posti dall’organizzazione potrebbero avere un grande peso sulle relazioni di cura, rendendo poco utile individuarne le caratteristiche ideali e astratte.

Andare sul campo
Avvicinare le teorie all’esperienza reale dei pazienti sfida i ricercatori a esplorare i contesti della cura nelle loro componenti umane, materiali e simboliche. Una via possibile è offerta dai metodi etnografici, le cui potenzialità per la ricerca in ambito sanitario sono state recentemente riconosciute dalla comunità scientifica16-18. Questo approccio ha consentito, ad esempio, di approfondire come la struttura formale dei contesti sanitari (regole e gerarchie decisionali) possa essere influenzata da sistemi informali creati da individui o gruppi professionali19. L’etnografia organizzativa20 consente al ricercatore di immergersi nei contesti di cura per qualche tempo, con l’obiettivo di osservare le persone al lavoro, dove le loro azioni o dichiarazioni hanno conseguenze sul mondo reale21. Seguendo il suggerimento dell’antropologo Clifford Geertz – “se si vuole comprendere una scienza si deve osservare chi la pratica“22, i ricercatori della patient centered medicine dovrebbero andare sul campo più spesso. L’osservazione dei contesti di cura, quando combinata alla raccolta delle dichiarazioni di professionisti e pazienti, diventa infatti una fonte di informazioni potente. Ci si potrebbe rendere conto che, nonostante l’impegno dei professionisti – dichiarato e onesto – di mettere al centro il paziente, le pratiche di cura lo rendono ancora dipendente e passivo. La libertà di accesso e di movimento dei pazienti negli spazi è limitata, come lo è la possibilità di gestire, almeno in parte, il tempo della propria giornata. L’essenza della centratura sul paziente sembra ancora lontana, malgrado le targhe.

Shadowing
Una tecnica di osservazione innovativa, diversa dalla classica osservazione stazionaria in alcuni luoghi selezionati del contesto, è lo shadowing. Letteralmente significa “fare l’ombra“ e consiste nel seguire un partecipante alla ricerca (medico, infermiere o paziente) passo dopo passo nel corso della sua quotidianità23. Accompagnare il paziente in tutto il suo percorso di cura (dal ricovero alla dimissione) fornisce un resoconto inedito dell’esperienza di degenza. La possibilità di conversare con i soggetti mentre si osserva il loro percorso consente di rilevare sia dati soggettivi e qualitativi (che riflettono l’esperienza di degenza così come vissuta dai pazienti) sia dati più formalizzati e oggettivi, come la mappatura dei movimenti nello spazio, i tempi del processo, l’attraversamento di confini organizzativi e strutturali 24. Lo shadowing dei professionisti sanitari è altrettanto rilevante: fornisce un’opportunità per osservare gli scambi comunicativi interprofessionali, le “gerarchie in azione“ e le dinamiche di potere (tra professionisti, tra questi e i pazienti) che caratterizzano le organizzazioni sanitarie. Seguire i professionisti sanitari dà infine accesso alla complessità della loro giornata lavorativa, evidenziando il contrasto tra volontà dichiarate, vincoli contestuali e pratiche messe in atto.

Coinvolgere le organizzazioni sanitarie
Studiare la medicina centrata sul paziente non implica soltanto innovare metodologie di indagine, ma invita a ripensare il ruolo dei professionisti e delle organizzazioni sanitarie. Aprire le porte alla ricerca sul campo acquista senso a patto che gli obiettivi, i metodi e le ricadute siano condivisi e costruiti collaborativamente. Una via possibile è offerta dall’approccio della collaborative management research25,26. Un impianto di ricerca collaborativo può essere definito come un processo emergente e sistematico di indagine che prende forma in una partnership tra attori organizzativi interessati ad influenzare un sistema di azione e ricercatori interessati a comprendere e spiegare tali sistemi25. Gli approcci collaborativi arricchiscono, da un lato, la ricerca, ponendo in risalto le sue ricadute pragmatiche e il suo potenziale impatto sociale, e dall’altro le organizzazioni coinvolte, prospettando soluzioni e innovazioni ritagliate (tailored) sulle specificità del proprio contesto. Nel caso della medicina centrata sul paziente, l’orientamento collaborativo alla ricerca offrirebbe una cornice in grado di unire accademia e organizzazioni sanitarie su un duplice obiettivo: produrre nuova conoscenza – più aderente alle reali esperienze di pazienti e professionisti –, progettare e attuare innovazione organizzativa, verso ospedali centrati sul paziente.

Pratiche riflessive
Il materiale raccolto dalle ricerche collaborative acquisisce valore quando discusso e condiviso con i professionisti sanitari, che in ultimo hanno il compito di concretizzare lo sviluppo. Uno dei nomi dati a tali momenti di condivisione è “pratiche riflessive“27. Queste ultime sono state recentemente riconosciute come una preziosa opportunità per sviluppare la qualità e la sicurezza delle cure, poiché consentono ai professionisti sanitari di prendere contatto con la complessità che caratterizza il loro lavoro28,29. Negli incontri, ai professionisti sanitari può essere proposto di osservare dei filmati che i ricercatori hanno costruito durante le rilevazioni etnografiche, e che ritraggono i professionisti impegnati nelle loro ordinarie pratiche cliniche. A partire dal contenuto dei video, questi ultimi possono riflettere insieme sui valori e le logiche implicite che informano le loro azioni quotidiane, individuare le principali criticità e delineare possibili soluzioni. Un altro esempio consiste nell’utilizzare, come punto di partenza per la riflessione, le narrazioni prodotte dai pazienti. Queste hanno la potenzialità di mostrare ai clinici, in modo immediato, come i servizi, i processi e i luoghi di cura potrebbero essere modificati per meglio rispondere ai bisogni dei pazienti 29,30. I metodi riflessivi non si limitano a dare la possibilità di ri-osservare azioni ed eventi passati, ma consentono di assumere uno sguardo cosciente sulle emozioni e azioni che li hanno connotati, così da poter mettere in discussione le proprie abitudini e apprezzarne le implicazioni sulla qualità delle cure. In definitiva, l’ipotesi che guida le pratiche riflessive è che medici e infermieri in prima linea con i pazienti abbiano molte più risorse di quelle solitamente riconosciutegli per migliorare i servizi di cura: garantire loro tempi e modi non autoreferenziali per riflettere sul proprio lavoro costituisce un’occasione preziosa per interrogare routine date per scontate e aprire la strada al miglioramento.

Curare le implicazioni politiche
Il tema delle implicazioni politiche è il “grande assente“ della ricerca sulla medicina centrata sul paziente. È raro infatti che i resoconti delle ricerche qualitative siano associati a riflessioni sulle modalità attraverso cui attuare un cambiamento organizzativo. Eppure, senza queste ultime, i risultati della ricerca restano un auspicio isolato. In ospedale, come in ogni organizzazione, modificare la centralità di uno stakeholder vuol dire sfidare sistemi culturali e gerarchici consolidati, raramente messi in discussione. La stessa formula “mettere al centro“ richiama l’immagine di un movimento in cui il paziente cambia posizione e ruolo, passando da fruitore a protagonista attivo. Resta da capire quale posizione assumeranno, in questo nuovo assetto, gli altri protagonisti della scena: i professionisti sanitari. Quali implicazioni per un ospedale realmente centrato sul paziente? Donald Berwick 3 prefigura scenari rivoluzionari: l’assimilazione della “patient centeredness“ nella progettazione sanitaria comporterà svolte di controllo e di potere inquietanti, radicali, inconsuete. Ottimizzare strutture, ridisegnare processi e investire sulla formazione del personale sanitario non sembra essere più sufficiente. È invece urgente trovare nuovi modi per accompagnare le persone a rileggere la propria identità professionale e a riposizionarsi in un’organizzazione che cambia. Questa è una responsabilità cruciale tanto del mondo della ricerca quanto delle organizzazioni sanitarie, le cui implicazioni non dovrebbero sfuggire anche al livello politico. 

RIFLESSIONI CONCLUSIVE
Il valore degli spunti di riflessione qui abbozzati non è quello del rigore e dell’approfondimento analitico che essi, singolarmente, avrebbero meritato. La loro utilità può essere recuperata vedendoli come un “messaggio nella bottiglia” nel mare magnum delle discussioni sulla medicina centrata sul paziente e sul ruolo della ricerca sociale in questo campo. In particolare, data l’assenza di soluzioni preconfezionate che consentano di avvicinare le teorie sulla patient centered medicine alla realtà delle organizzazioni sanitarie, gli spunti qui delineati forniscono alcune indicazioni iniziali per stimolarci a ragionare su un’agenda congiunta tra ricercatori, professionisti, decisori e pazienti. Infatti, se l’obiettivo delle organizzazioni sanitarie è quello di ricentrarsi sui bisogni del paziente, e quello della ricerca è di produrre conoscenza rilevante – in grado di lasciare le mura dell’accademia per mettersi in dialogo con il sistema sanitario – occorre un impegno condiviso ed esplicito. Per la ricerca, la sfida può essere accolta adottando metodi innovativi che consentano di guardare da vicino all’esperienza dei pazienti e dei professionisti, senza ignorare il contesto delle cure. Quanto alle organizzazioni sanitarie, occorre un impegno concreto a collaborare nella produzione di conoscenza, e soprattutto un’adeguata preparazione all’inevitabile cambiamento organizzativo prospettato dall’introduzione di un orientamento patient centered. Percorsi di apprendimento-azione, innovativi e partecipativi, sembrano essere una leva cruciale per supportare l’innovazione verso ospedali centrati sul paziente.

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