Spendere con saggezza è fare meglio con meno
I presupposti indispensabili tra bisogni di salute e risorse economiche
Maurizio Bonati
Dipartimento di Salute Pubblica,
IRCCS – Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, Milano
mother_child@marionegri.it


L’ipotesi che la medicina possa essere anche un modo del potere ha trovato ampio riscontro (evidenze) e il potere che le appartiene, così come quello a cui appartiene, è sempre più dipendente da quello economico1,2. Termini economici quali spending review, piani di rientro, patto di stabilità, benchmark sono ormai ricorrenti anche nel lessico sanitario e rimandano ad azioni “impopolari” (spesso a loro giustificazione) quali la riduzione del personale e dei posti letto, la introduzione di ticket, le economie della spesa farmaceutica e dei device, tutti interventi di riduzione o contenimento della spesa pubblica finalizzati anche ad orientare la domanda verso il settore privato.
La predominanza dell’economia in sanità è un processo intrinseco ai diversi sistemi sanitari: un rischio atteso per quelli pubblici di carattere “universalistico”, non certo un rischio attribuibile, nel caso italiano, alla Legge 833 del 1978 che sconta gli inadeguati aggiornamenti operati negli anni e i limiti della politica e dei politici. Ripensare ad un nuovo Servizio Sanitario Nazionale che mantenga e garantisca i principi della 833 necessita di volontà, disponibilità e interesse per la definizione di un progetto strategico, condiviso e lungimirante: a tutt’oggi questo rappresenta ancora un bisogno inevaso.
In tale contesto predominano quindi gli interventi dei tagli lineari e non quelli della razionalizzazione (efficacia, appropriatezza, costo, ecc.) degli “input” (le azioni “impopolari”)3. Tagli generici, decisi centralmente, fatti a colpi d’accetta e non di bisturi animati da un’ideologia di cassa e non da un’idea di Paese4. È il quadro generale che accomuna tutte le aree sanitarie.
Negli ultimi anni si è progressivamente affermata l’esigenza di effettuare una programmazione delle attività dei vari servizi, sia territoriali che ospedalieri, al fine di rispondere ai bisogni della popolazione e di razionalizzare l’impiego delle risorse disponibili attraverso l’adozione di strategie terapeutiche di cui sia stata valutata e documentata l’efficacia. Tuttavia i programmi e i modelli organizzativi ipotizzati (le Case della salute, i Centri Territoriali per l’assistenza socio-sanitaria, le Unità di Cure Primarie) si sono caratterizzati per la loro caducità, frammentarietà e debolezza.
Permangono quindi e cronicizzano differenze intra- e tra regioni nella programmazione sanitaria, nell’organizzazione dei servizi, nell’offerta qualitativa e quantitativa delle prestazioni e nella soddisfazione dei cittadini (tra questi anche gli operatori) per l’incapacità di bilanciare in modo equo e appropriato la risposta ai bisogni assistenziali e le risorse economiche disponibili5. La risposta universalistica ai bisogni di cura rimane, per modalità, qualità e quantità delle prestazioni di ampia differenza e variabilità, comunque fortemente associata alla latitudine6. La riforma del Titolo V della Costituzione dovrebbe rappresentare un provvedimento urgente per qualsiasi Governo al fine di ottemperare al diritto sancito con l’art. 32 della Costituzione che il federalismo sanitario ha derubricato da “garantito” a “possibile” e non per tutti.
Sono molti gli interventi possibili nella pratica quotidiana con un rapporto costi-benefici favorevole per le voci che costituiscono l’impianto per la stima dei profili di spesa pro-capite annuale: minima per la fascia di popolazione 10-14 anni con 354 euro e massima per la fascia 75-84 anni con 4858 euro per l’anno 2012. Un rapporto 1/14 tra nipoti e nonni nelle regioni più “virtuose” (i famosi benchmark)7.
Ridurre i costi della spesa sanitaria, in modo equo garantendo la qualità delle cure è possibile. Il presupposto indispensabile è, ancora una volta, di non partire dai costi e dalle risorse economiche disponibili, ma dai bisogni dello stato di salute della popolazione.
Programmare e usare in modo appropriato e oculato le risorse senza conoscere l’entità e il tipo di domanda (i bisogni) in democrazia è indice di ingiustizia8. Quindi il monitoraggio continuo e sistematico dello stato di salute della popolazione, a livello nazionale e locale, dovrebbe rappresentare uno strumento formale ed essenziale.
Definita la domanda (i bisogni) il secondo presupposto indispensabile è rappresentato dalla valutazione dell’offerta (audit delle attività di cura) in termini di qualità, appropriatezza, costi (diretti e indiretti) e gradimento dei pazienti. Ogni intervento di riorganizzazione sanitaria dovrebbe infatti basarsi principalmente su valutazioni di efficacia, efficienza e sostenibilità. Ogni intervento in sanità, come lo è in medicina, dovrebbe essere sotteso ad un’ipotesi da verificare e abbandonare o implementare in base ai risultati. A tutt’oggi questo succede con difficoltà, con scarsa effectiveness e principalmente in termini di solo budget.
Ne consegue un terzo presupposto essenziale che è rappresentato dalla responsabilizzazione di tutti: politici, programmatori, operatori e pazienti. I livelli di partecipazione alla/con responsabilità sono ovviamente diversi ma essenziali per una sostenibilità condivisa del diritto alla salute attraverso un sistema/servizio universalistico, solidale ed equo.
“Scegliere con saggezza” (choosing wisely) può essere un approccio efficace anche per la realtà italiana9. Alcuni decenni or sono dall’area culturale pediatrica venne lanciato lo slogan “Fare meglio con meno” che divenne (e continua ad essere) oggetto di riflessioni formali10. “È una frase piena di significato, e sempre più ne acquista col passare del tempo, in un mondo che, anche sul versante medico, consuma molto più tempo (e denaro) sul superfluo, esami sofisticati, controlli e poi controlli, vaccinazioni discutibili, e trascura, a volte colpevolmente, l’essenziale11”. Ecco: scegliamo con saggezza, per far meglio, garantendo ciò che è appropriato, spendendo il giusto possibile (in genere è anche meno di quello che spendiamo).


BIBLIOGRAFIA
1. Navarro V. Social class, political power and the state and their implications in medicine. Social Science & Medicine 1976; 10: 437-57.
2. Maccacaro GA. Per una medicina da rinnovare. Milano: Feltrinelli Editore, 1979.
3. Gutgeld Y. Più uguali più ricchi. Milano: Rizzoli, 2013.
4. Geddes M. W la Spending review! W il Servizio Sanitario Nazionale! Salute internazionale.info 2012:
www.saluteinternazionale.info/2012/07/w-la-spending-review-w-il-servizio-sanitario-nazionale/
5. Vineis P, Dirindin N. In buona salute. Torino: Einaudi Editore, 2004.
6. Bonati M, Campi R. Nascere e crescere oggi in Italia. Roma: Il Pensiero Scientifico Editore, 2005.
7. Pammolli F, Salerno NC. Le proiezioni della spesa sanitaria SSN: SaniMod 2011-2030, Working Paper 3, CERM, 2011.
8. Cochrane AL. Efficienza ed efficacia: riflessioni sui servizi sanitari. Roma: Il Pensiero Scientifico Editore, 1999.
9. Ballini L. L’iniziativa Choosing Wisely rilancia la scelta ragionata di medici e pazienti. Politiche sanitarie 2012; 13: 253-6.
10. Di Mario S, Iuli R, Macaluso A, et al. Qualità delle cure e costi in pediatria (Inserto 1996). Quaderni acp 2013; 20: 148-53.
11. Panizon F. Fare meglio con meno. Rubrica n. 3 maggio-giugno 2009: www.uppa.it/rubriche/ambiente/consumo-intelligente/fare-meglio-con-meno