Farmaci oncologici: prima il beneficio clinico
Gianluigi Casadei
CESAV – Centro Economia Sanitaria
“Angelo e Angela Valenti”, Ranica (BG)
gianluigi.casadei@guest.marionegri.it



“Il valore di ogni nuovo intervento terapeutico o trattamento è definito dal rapporto fra l’entità del beneficio clinico apportato e il suo costo”. Con questa affermazione si apre la proposta della European Society for Medical Oncology (ESMO) di un algoritmo per valutare il beneficio clinico dei farmaci oncologici1. È interessante osservare come il dibattito sul valore dei farmaci oncologici sia partito dagli stessi oncologi, nonostante il termine “valore” sia comunemente percepito con scetticismo dai medici, che lo considerano un sinonimo di riduzione dei costi2. Certamente, gli oncologi si sono convinti che non è più possibile continuare ad accettare farmaci copia o con benefici marginali sproporzionati rispetto al loro prezzo e hanno capito che siamo prossimi a superare la soglia della “tolleranza sociale” sui costi sanitari3. Già nel 2009 Sobrero e Bruzzi avevano proposto di predeterminare una soglia minima di sopravvivenza (OS) o sopravvivenza libera da progressione (PFS) proporzionale al bisogno medico esistente, in modo da valutare se il farmaco non fosse soltanto una novità ma potesse rappresentare un reale progresso terapeutico4. Questa iniziativa era stata rilanciata nel 2013 da un gruppo di lavoro della American Society of Clinical Oncology (ASCO) che aveva definito per alcune neoplasie gli obiettivi minimi da raggiungere affinché il miglioramento della sopravvivenza potesse tradursi in beneficio clinico5. La crisi economica mondiale ha avuto il merito di porre alla ribalta la questione della sostenibilità della spesa sanitaria anche nei paesi “benestanti”. Problema che è stato esasperato dalla (incurante) perseveranza con cui le industrie farmaceutiche hanno continuato a perseguire la strategia dei prezzi elevati, tanto da spingere la comunità scientifica e sociale a chiedere di rivelare come siano stabiliti i prezzi dei farmaci6.
Nel giro di poche settimane, quasi ci trovassimo di fronte a una sorta di gara, ESMO1 e ASCO7 hanno pubblicato due differenti algoritmi per misurare l’entità del beneficio atteso dalle nuove terapie per i tumori solidi e fornire ai differenti decisori uno strumento, riproducibile e per quanto possibile obiettivo, per parametrare il beneficio clinico. Il gruppo di lavoro europeo è stato finanziato dall’ESMO mentre due degli autori dell’algoritmo americano sono dipendenti di industrie farmaceutiche.
Come valutare il beneficio clinico di un trattamento oncologico? I due algoritmi concordano nel considerare la OS come il parametro preferenziale per valutare il beneficio clinico sia delle terapie potenzialmente curative, quali i trattamenti adiuvanti e neo-adiuvanti, che non curative per malattia localmente avanzata o metastatica (tabella I). La sopravvivenza libera da malattia (DSF) o la PFS hanno una minore valenza e sono utili solo quando il dato di OS non è maturo o non è disponibile. Il gruppo di lavoro ESMO sottolinea come la pathological complete remission non rappresenti un valido endpoint surrogato per gli studi clinici sui trattamenti neo adiuvanti. La percentuale di risposta (RR), criterio primario sempre più popolare negli studi di fase II e anche III, è preso in considerazione nell’algoritmo ASCO limitatamente agli studi non controllati con un peso dimezzato rispetto alla OS. Secondo ESMO, gli studi che hanno come criterio primario di efficacia la RR non sono in grado di definire un beneficio clinico rilevante. La tossicità, intesa come incidenza di eventi avversi di grado 3+, e lo stato di salute del paziente, comunque valutato in termini di qualità di vita, sintomatologia correlata alla neoplasia o intervallo temporale libero da trattamenti, sono due criteri secondari utili a definire il beneficio clinico.



A fronte di un ampio e crescente ventaglio di misure di efficacia che troppo spesso risultano confondenti, il merito dei due algoritmi è di restringere il cerchio e concentrare l’attenzione sui criteri che possono permettere di misurare il beneficio clinico in oncologia. Nessuna sorpresa, ma in un contesto dove l’emotività è in grado di condizionare le decisioni, è importante che gli stessi oncologi concordino che OS e, ove giustificato, anche PFS sono i principali parametri a cui fare riferimento al momento di definire il denominatore del rapporto di costo-efficacia.
Tuttavia, come sottolineato dagli stessi autori di entrambi gli algoritmi, la loro applicabilità dipende dalla disponibilità di dati comparativi ottenuti da studi con elevata qualità metodologica. La possibilità di soddisfare queste condizioni è tutt’altro che scontata: una recente analisi ha evidenziato che, rispetto ad altre aree terapeutiche, gli studi in oncologia sono più frequentemente non controllati (62% vs. 24%), in aperto (88% vs. 47%) e non randomizzati (64% vs. 22%) 8.
Risulta evidente che l’applicabilità attuale degli algoritmi sia limitata e che il loro impiego futuro sia alquanto incerto e, considerando gli interessi in gioco, dipenda soprattutto da una coerente presa di posizione delle autorità sanitarie. Quella regolatoria europea dovrebbe (finalmente) farsi carico della valutazione del beneficio clinico addizionale e, per lo meno, dovrebbe mostrarsi riluttante ad approvare farmaci oncologici sulla base di singoli studi di fase II, non controllati e basati su criteri di efficacia non sufficienti per stimare un beneficio clinico atteso 9. I Servizi sanitari nazionali, i cosiddetti payer, potrebbero rivendicare un ruolo pro-attivo stabilendo regole semplici e trasparenti per la valutazione del beneficio clinico. In questa ottica, potrebbe essere utile e ragionevole un Consensus europeo per la validazione e l’adozione dell’algoritmo ESMO. Se il prezzo europeo dei farmaci (oncologici) appare un’ipotesi futuribile, per lo meno la comunità scientifica e le autorità sanitarie europee possono adottare un parametro comune per valutare in modo dinamico il beneficio clinico dei nuovi farmaci oncologici. Un obiettivo tutt’altro che impossibile: per questo è necessario passare dalla teoria alla pratica e valutare l’applicabilità degli algoritmi proposti.


BIBLIOGRAFIA
1. Cherny NI, Sullivan R, Dafni U, et al. A standardised, generic, validated approach to stratify the magnitude of clinical benefit that can be anticipated from anti-cancer therapies: the European Society for Medical Oncology Magnitude of Clinical Benefit Scale (ESMO-MCBS). Ann Oncol 2015; 26: 1547-73.
2. Lee TH. Putting the value framework to work. N Engl J Med 2010; 363: 2481-3.
3. Tabernero J, ESMO EB. Proven efficacy, equitable access, and adjusted pricing of anti-cancer therapies: no ‘sweetheart’ solution. Ann Oncol 2015; 26: 1529-31.
4. Sobrero A, Bruzzi P. Incremental advance or seismic shift? The need to raise the bar of efficacy for drug approval. J Clin Oncol 2009; 27: 5868-73.
5. Ellis LM, Bernstein DS, Voest EE, et al. American society of clinical oncology perspective: raising the bar for clinical trials by defining clinically meaningful outcomes. J Clin Oncol 2014; 32: 1277-80.
6. Bertelé V, Garattini S. Health care: make pharma justify the price of drugs. Nature 2015; 523: 290.
7. Schnipper LE, Davidson NE, Wollins DS, et al. American Society of Clinical Oncology Statement: a conceptual framework to assess the value of cancer treatment options. J Clin Oncol 2015; 33: 2563-77.
8. Hirsch BR, Califf RM, Cheng SK, et al. Characteristics of oncology clinical trials: Insights from a systematic analysis of clinicaltrials.gov. JAMA Intern Med 2013; 173: 972-9.
9. Banzi R, Gerardi C, Bertele’ V, Garattini S. Approvals of drugs with uncertain benefit-risk profiles in Europe. Eur J Intern Med 2015; pii: S0953-6205(15)00255-1. doi: 10.1016/j.ejim.2015.08.008 (Epub ahead of print).