Riproducibilità dei clinical trial

La riproducibilità dei dati è uno dei fondamenti del metodo scientifico ma, nonostante ciò, per quanto riguarda i clinical trial è raro che vengano ri-analizzati da gruppi indipendenti. È quanto emerge dalla riesumazione di uno studio che ha fatto molto discutere in passato sull’efficacia e la sicurezza di due antidepressivi largamente utilizzati nella depressione negli adolescenti1. Il nuovo studio mostra che imipramina e paroxetina non sono né significativamente né clinicamente più efficaci del placebo in nessuno degli esiti primari o secondari prestabiliti. Si tratta di conclusioni che sono diametralmente opposte a quelle che accompagnavano lo studio originale che indicavano questi stessi farmaci come “generalmente ben tollerati ed efficaci” nella terapia antidepressiva degli adolescenti. L’iniziativa fa parte di un programma che ha come obiettivo la rivisitazione di clinical trial controversi o mai pubblicati, nel tentativo di dimostrare come l’accesso libero ai dati dei clinical trial possa avere un ruolo importante nel migliorare la conoscenza sull’efficacia e la sicurezza delle terapie.
Lo studio 329 sulla paroxetina e imipramina è stato per molto tempo al centro di critiche e contenziosi importanti e sembra sommare tutti i difetti e gli errori in cui azienda farmaceutica, autori di uno studio, accademia, giornali scientifici e agenzie regolatorie possono incorrere per creare un caso scolastico di medicina basata su prove di efficacia erronee e fuorvianti2. Tuttavia, non bisogna immaginare un’attività del genere solo con l’idea di correggere gli svarioni fatti nel passato. Nell’editoriale di accompagnamento allo studio sopradescritto viene citato ad esempio il Diabetes Control and Complications Trial (DCCT) dove la scelta dei ricercatori di rendere disponibili i dati originali ha consentito la produzione di 220 studi ancillari3. In altre branche della scienza non è inusuale riprocessare gli stessi dati senza paura di esporre le tesi finali a confutazioni o correzioni anche importanti. Naturalmente, un approccio del genere con dati clinici pone una serie di problemi non facilmente risolvibili quali la confidenzialità del dato e la responsabilità per gli usi che possono essere fatti degli stessi. Inoltre, bisogna tenere conto che la realizzazione di clinical trial e la loro eventuale ri-analisi si svolgono in un orizzonte temporale molto lungo, mettendo a rischio la qualità del dato e la sua reale riutilizzazione. Rimane il fatto che una recente revisione della letteratura è stata capace di identificare la pubblicazione di 37 rianalisi di clinical trial di cui solo 5 condotte da autori non associati allo studio analizzato. In un terzo dei casi si è arrivati a conclusioni diverse da quelle fatte negli articoli originali. Basterebbe forse questo per sollevare la discussione e provare a ripensare se tutto ciò non possa effettivamente essere utile a chi vuole rendere il mondo dei dati dei clinical trial più trasparente e credibile.
Antonio Addis
Dipartimento di Epidemiologia,
Regione Lazio
a.addis@deplazio.it

BIBLIOGRAFIA
1. Le Noury J, Nardo JM, Healy D, et al. Restoring Study 329: efficacy and harms of paroxetine and imipramine in treatment of major depression in adolescence. BMJ 2015; 351: h4320. doi: 10.1136/bmj.h4320.
2. Doshi P. No correction, no retraction, no apology, no comment: paroxetine trial reanalysis raises questions about institutional responsibility. BMJ 2015; 351: h4629. doi: 10.1136/bmj.h4629.
3. Henry D, Fitzpatrick T. Liberating the data from clinical trials. BMJ 2015; 351: h4601. doi: 10.1136/bmj.h4601.