Società scientifiche e norme sulle linee guida
La notizia è di quelle che possono far sorridere o essere considerate di scarso rilievo. La rivista BMJ open ha pubblicato all’inizio del 2016 i risultati di un’indagine condotta da Paolo Vercellini et al. sul numero di società scientifiche che operano in campo ostetrico-ginecologico1,2. Vorrei proporre il quesito al lettore: quante sono, a suo avviso, le società scientifiche in questo campo? Una? 2? 5? 10? più di 10?
L’argomento è tutt’altro che marginale, in particolare alla luce della proposta di regolamentare per legge il ruolo delle linee guida per la pratica medica. Si tratta di una proposta già avanzata nella legge di stabilità approvata nel dicembre scorso, ma successivamente stralciata. Al momento, la norma è già stata approvata dalla Camera dei Deputati e dovrà quindi passare al Senato3. Con l’obiettivo di ridurre il contenzioso e le accuse di malpractice, si prevede che “Gli esercenti le professioni sanitarie … si attengono … alle buone pratiche clinico-assistenziali e alle raccomandazioni previste dalle linee guida…”. Si prevede poi che le linee guida siano “elaborate dalle società scientifiche iscritte in apposito elenco istituito e regolamentato con decreto del Ministro della salute…”.
L’obiettivo di ridurre i contenziosi è condivisibile. Ma lo strumento proposto è sbagliato: anzi, la norma, se approvata definitivamente, potrebbe comportare diversi effetti dannosi, come già richiamato in alcune prese di posizione4-6. Il primo riguarda l’incentivo a diffondere una pratica medica difensiva, nella quale si sposta l’attenzione dall’interesse al singolo paziente all’accumulazione delle prove che, in un eventuale contenzioso, consentano al medico di dimostrare un comportamento coerente con gli standard professionali.
Verremmo così a trovarci in una situazione paradossale in cui alle linee guida è attribuito un ruolo conflittuale con gli stessi principi che ne stanno alla base. Le linee guida, infatti, sono state concepite come strumento a sostegno della decisione clinica, per adattare il meglio delle prove di efficacia disponibili alla specificità di ciascun incontro medico-paziente. Nell’interesse del paziente, che in ultima analisi deve condividere con il medico le decisioni, deve invece essere evitato un approccio che porti a un’applicazione automatica di una raccomandazione generale. Come ricorda l’Associazione Liberati, “attribuire alle linee guida un significato regolatorio può comportare seri pericoli per i pazienti, perché i medici potrebbero essere forzati a scelte formalmente ‘aderenti’, anche quando non appropriate nel caso specifico. Al tempo stesso, ricorrere a linee guida come ad una norma potrebbe esporre un medico scrupoloso, che correttamente avrebbe deciso in modo non ‘aderente’, a prendersi dei rischi ingiustificati sul piano della responsabilità professionale” 4.
Questi rischi aumentano per il fatto che le società scientifiche fanno riferimento, nella quasi totalità dei casi, a una branca specialistica. All’osservazione del medico arrivano, invece, soprattutto pazienti complessi nei quali si sommano e interagiscono molti problemi diversi. Così, una raccomandazione perfettamente sensata quando riferita a un problema clinico isolato potrebbe non esserlo affatto in un “grande anziano” affetto contemporaneamente da numerose patologie.
Il secondo effetto dannoso è legato allo scarico di responsabilità da parte del sistema pubblico. Delegare l’elaborazione delle linee guida alle società scientifiche, rinunciando al ruolo che dovrebbe essere svolto dalle strutture del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), significa accettare diversi rischi: 1. si è detto poco sopra che le società scientifiche sono di norma monodisciplinari, mentre non lo sono i pazienti; 2. una società scientifica deve rappresentare e tutelare (anche o innanzitutto) i propri iscritti; 3. i finanziamenti di una società scientifica – tipicamente derivanti da aziende farmaceutiche e/o produttrici di dispositivi medici – possono creare conflitti fra gli interessi della società (e dei suoi componenti) e quelli dei pazienti; 4. in uno stesso ambito di attività operano (spesso) diverse società scientifiche che possono elaborare linee guida differenti.
E allora, come dovrebbe regolarsi un medico nel caso in cui, nel proprio ambito di attività, vi siano più società scientifiche che adottano linee guida differenti? A quale raccomandazione deve attenersi? A quella più estensiva? A quella che lo convince di più? A quella prodotta dalla società scientifica alla quale appartiene?
Torniamo così al quesito iniziale. La riposta esatta è 47. Sì, quarantasette sono le società scientifiche che operano in campo ostetrico-ginecologico in Italia: 26 sono specializzate in ginecologia, 4 in ostetricia e 17 coprono entrambe le specializzazioni. A questi dati si arriva dopo avere escluso le società a carattere politico o religioso e quelle riconducibili a un unico proprietario. Dei 32 statuti di società disponibili online, nessuno riportava il tema della gestione dei potenziali conflitti di interesse o aveva sviluppato una policy relativa ai rapporti con le aziende.
Non si sa quanto i risultati relativi all’ostetricia-ginecologia siano rappresentativi di altri settori della clinica. Tuttavia, sappiamo che scenari simili sono possibili, con la conseguenza che i medici potrebbero trovarsi a fare i conti con un ventaglio di linee guida con caratteristiche di qualità anche molto differenti e prodotte da società scientifiche poco interessate, diciamo così, ai conflitti di interesse.
In definitiva, la proposta di legificare le linee guida e di delegare alle società scientifiche il loro sviluppo è sbagliata e potenzialmente dannosa sia per i pazienti che per i professionisti della sanità. Dovrebbe invece essere il SSN a garantire la qualità di quello che viene raccomandato, come testimoniato da esperienze ben consolidate a livello internazionale, a cominciare da quella del NICE (National Institute for Health and Care Excellence) in Gran Bretagna7.
Negli anni passati, pur con finanziamenti estremamente limitati e saltuari, il SSN aveva avviato il Sistema Nazionale Linee Guida, coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS). Nel disegno di legge citato, non solo non sono previste risorse pubbliche per le linee guida, ma la funzione dell’ISS è derubricata a quella di pubblicare sul proprio sito le linee guida elaborate dalle società scientifiche.
La strada da percorrere dovrebbe essere davvero un’altra. Se non va bene l’ISS, bisognerebbe comunque individuare un’altra istituzione pubblica tecnico-scientifica cui attribuire i compiti di guidare il processo di elaborazione e disseminazione delle linee guida, e di mettere in rete tutte le competenze disponibili. Solo così si potranno garantire raccomandazioni con elevati standard di qualità e libere, per quanto possibile, dai conflitti di interesse
Giuseppe Traversa
Centro nazionale di epidemiologia
Istituto Superiore di Sanità
giuseppe.traversa@iss.it

Bibliografia
1. Vercellini P, Viganò P, Frattaruolo MP, Somigliana E. Proliferation of gynecological scientific societies and their financial transparency: an Italian survey. BMJ Open 2016; 6: doi: 10.1136/ bmjopen-2015-008370.
2. Vercellini P, Frattaruolo MP. I conflitti d’interesse delle società scientifiche. Ricerca&Pratica 2015; 31: 249-52.
3. Disposizioni in materia di responsabilità professionale del personale sanitario. www.quotidianosanita.it/allegati/allegato1189464.pdf
4. http://bal.lazio.it/notizie/responsabilita-del-medico-e-linee-guida-la-posizione-del-network-italianocochrane-e-dellassociazione-alessandro-liberati-e/
5. www.sanita24.ilsole24ore.com/art/lavoro-e-professione/2015-11-23/responsabilita-medico-oltre-linee-guida-094410.php?uuid=ACB5SVfB
6. www.saluteinternazionale.info/2016/02/linee-guida-allamatriciana
7. www.nice.org.uk/article/PMG6F/chapter/Who-is-involved-in-developing-NICE-clinical-guidelines



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