Casa della Salute/Comunità


Il Decreto Ministero della Salute 10 Luglio 2007, attuativo della Legge 27 Dicembre 2006 n. 296 (Legge Finanziaria 2007), con Ministro Livia Turco, prevedeva la possibilità della “sperimentazione del modello assistenziale case della salute” (Allegato A al Decreto).
Alcune Regioni (Toscana, Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte, Friuli Venezia Giulia, Veneto, Lazio) hanno messo in atto, prima in via sperimentale e poi, in alcune realtà, in via definitiva, modelli organizzativi di aggregazione funzionale che riguardano l’assistenza primaria, nonché la continuità assistenziale e il coinvolgimento di differenti professionalità. Anche se in alcuni casi hanno preso denominazioni diverse si tratta sostanzialmente di Centri sanitari polifunzionali in cui, con un servizio h24, attivo nella maggioranza dei casi per sette giorni alla settimana, il cittadino può incontrare il medico generico (medicina di famiglia), lo specialista (medicina ambulatoriale) e il medico dell’emergenza (118), attrezzati per rispondere prontamente alla sua domanda di salute, anche mediante lo strumento della telemedicina.
Con il Decreto Legge n. 158 del 13 settembre 2012 (c.d. “decreto omnibus” per la sanità), messo a punto dal Ministro della Salute Renato Balduzzi particolare attenzione è posta all’assistenza sanitaria territoriale come nodo principale del riordino della rete dei servizi sanitari territoriali. Si indica la riorganizzazione delle cure primarie, nella consapevolezza che il processo di de-ospedalizzazione, se non è accompagnato da un corrispondente e contestuale rafforzamento dell’assistenza sanitaria e sociale sul territorio, determina di fatto una impossibilità per i cittadini di beneficiare delle cure.
“1. Le regioni definiscono l’organizzazione dei servizi territoriali di assistenza primaria promuovendo l’integrazione con il sociale, anche con riferimento all’assistenza domiciliare, e i servizi ospedalieri, al fine di migliorare il livello di efficienza e di capacità di presa in carico dei cittadini, secondo modalità operative che prevedono forme organizzative monoprofessionali, denominate aggregazioni funzionali territoriali, che condividono, in forma strutturata, obiettivi e percorsi assistenziali, strumenti di valutazione della qualità assistenziale, linee guida, audit e strumenti analoghi, nonché forme organizzative multiprofessionali, denominate unità complesse di cure primarie, che erogano, in coerenza con la programmazione regionale, prestazioni assistenziali tramite il coordinamento e l’integrazione dei medici, delle altre professionalità convenzionate con il Servizio Sanitario Nazionale, degli infermieri, delle professionalità ostetrica, tecniche della riabilitazione, della prevenzione e del sociale a rilevanza sanitaria. In particolare, le Regioni disciplinano le unità complesse di cure primarie privilegiando la costituzione di reti di poliambulatori territoriali dotati di strumentazione di base, aperti al pubblico per tutto l’arco della giornata, nonché nei giorni prefestivi e festivi con idonea turnazione, che operano in coordinamento e in collegamento telematico con le strutture ospedaliere…”
Tra i punti qualificanti del Decreto è il richiamo all’integrazione sociale e al sociale a rilevanza sanitaria; così come all’ampliamento ed esplicitazione delle professionalità che dovrebbero “abitare” le case della salute (p. es. anche ostetriche, tecnici della riabilitazione, operatori sociali). Per quanto concerne i punti di debolezza del Decreto il principale è quello della mancata copertura finanziaria (“… ci aspettiamo che siano molte le risorse liberate e che si possano riversare sul territorio” disse allora il Ministro). Quindi un Decreto “illusionistico” come alcuni lo definirono. Considerando la mancanza di risorse e di condizioni da parte della maggioranza delle Regioni (molte sottoposte al piano di rientro) l’attuazione del Decreto è a tutt’oggi impossibile in modo omogeneo su scala nazionale, favorendo declinazioni (interpretazioni e attuazioni) diverse a livello territoriale, creando disuguaglianze tra i cittadini.
In tale contesto un gruppo spontaneo di operatori di differenti professionalità, con differenti affiliazioni e curricula, da oltre due anni ha attivato una riflessione sulla “Casa della Salute/Comunità”.
Il Gruppo di lavoro ha prodotto un documento/manifesto/statuto (vedi Ricerca&Pratica 2014; 30: 179) e ha attivato un percorso per la definizione e validazione di alcuni modelli di “Casa”. In particolare a tutt’oggi sei case/modelli afferiscono al Gruppo di lavoro:
– Casa della Salute Borgo-Reno di Bologna,
– Casa della Salute di Copparo (FE),
– Casa della Salute di Parma,
– Casa della Salute di Chiaravalle (CZ),
– Casa della Salute dell’Unione Colline Matildiche di Albinea (RE),
– Casa della Carità di Milano.
A partire da questo numero di R&P inizia la presentazione del lavoro svolto dalle sei “Case” e dal Gruppo di lavoro confidando che altri interessati si aggiungano contribuendo con suggerimenti, proposte e riflessioni.
Maurizio Bonati
Dipartimento di Salute Pubblica,
IRCCS-Istituto di Ricerche Farmacologiche
Mario Negri, Milano
maurizio.bonati@marionegri.it