Nostalgia del potere temporale?
Maurizio Bonati
Dipartimento di Sanità Pubblica
Istituto di Ricerche Farmacologiche
Mario Negri IRCCS, Milano
maurizio.bonati@marionegri.it





Certamente no! Tappare la Breccia nelle mura aureliane di Porta Pia è comunque impossibile e antistorico, come pure sostituire gli zuavi pontifici ai bersaglieri. Fa comunque riflettere che sia il Papa (o preti come Albanesi, Bregantini, Ciotti, Colmegna, Merola, Rigoldi, Zanotelli e molti altri) a far riferimento e appellarsi frequentemente alla Costituzione italiana o alla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e alle (potenziali e doverose) iniziative della comunità internazionale (“Per questo seguiamo con attenzione il lavoro della comunità internazionale per rispondere alle sfide poste dalle migrazioni contemporanee, armonizzando sapientemente solidarietà e sussidiarietà e identificando risorse e responsabilità”)1 e poco i politici. Diritti e carità, solidarietà e misericordia… appelli che cadono nel vuoto istituzionale caratterizzato nel tempo da iniziative momentanee e improvvisate, privo di strategie lungimiranti, con perdita di valori comuni, in un contesto artificiale/virtuale sempre meno condiviso nella pratica reale della/nella comunità. Si sono smarriti i punti di riferimento ideali, dei valori di base che guidano la nostra convivenza e a cui si ispira la distribuzione dei diritti e dei doveri, opportunità e obblighi, libertà e limiti. Senza un rispetto e una discussione pubblica, partecipata e condivisa delle regole e delle ragioni e anche la definizione di nuove regole, è difficile creare forme migliori di convivenza per la vita in società2. Una società che in questi anni si caratterizza sempre più per essere orientata a modelli verticali, basati sulla competizione, sugli interessi del singolo, poco rispettosi del riconoscimento dell’altro e dei bisogni altrui. Una società orizzontale, quella tracciata dalla Costituzione italiana e dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, sembra oggi perseguita da una minoranza dei cittadini e ancor meno dei loro rappresentanti politici. Le attività parlamentari e governative, in questi primi mesi della XVIII legislatura della Repubblica Italiana, si sono concentrate/attorcigliate/combattute prevalentemente su migranti e vaccinazioni, e sono, per modalità e contenuti, un esempio di questo “vuoto/fragilità” istituzionale.

MIGRANTI – Le risposte alle continue tragedie nel Mediterraneo indicano, senza attenuare o giustificare le responsabilità italiane, che l’inefficienza politica è europea e che i principi e le finalità costituenti della Comunità sono ancora disattesi. Gli sbarchi sono diminuiti negli ultimi 4 anni (non sappiamo se anche il numero dei viaggi della disperazione più che della speranza è diminuito), ma è aumentato (anche se sottostimato) il numero dei morti in mare (da 1,8 a 5,9%, dal 2014 al primo semestre 2018)3. Non sono tragiche perdite, né “effetti collaterali”, ma crimini di guerra, sul cui campo di battaglia (le acque del Mediterraneo) soccombono solo i civili. Un conflitto le cui cause e motivazioni sono molteplici, spesso lontane dal luogo degli eventi, determinato anche dalla incapacità e dall’inadeguatezza della politica (“diplomazia”?) di trovare appropriate soluzioni e mediazioni rispettose degli enunciati della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Che le decisioni di un ministro della Repubblica siano sottoposte, tre volte in pochi mesi, alla valutazione da parte della magistratura e che l’Italia riceva un richiamo dall’alto commissario ONU per i diritti umani dovrebbe far riflettere che non è l’amministrazione della Giustizia ad aver perso la bussola e la direzione, ma la cultura della Giustizia e il senso delle regole2. La conduzione e l’esito agostano del “caso Diciotti” sono una testimonianza dei limiti e delle insufficienze di una intera collettività nelle sue varie forme, componenti e caratteristiche a reagire rivendicando il rispetto dei diritti dell’uomo. Anche l’indifferenza della comunità medica e scientifica non è stata da meno se si considera l’eco (afono e impercettibile) che ha fatto seguito alle rispettose dimissioni (gesto nobile, di altri tempi) di Stefano Vella dalla sua carica istituzione di presidente dell’Agenzia Italiana del Farmaco.
VACCINAZIONI – Circolari ministeriali, emendamenti e disegni di legge (“autocertificazione”/”rinvio delle sanzioni”/”obbligo flessibile”)4 caratterizzano l’inadeguatezza dell’iniziativa politica degli ultimi anni in tema di vaccinazioni, rimarcando l’incapacità di lavorare in modo appropriato e condiviso per un’azione comune volta alla “salute per tutti”. Il “caso vaccini” rimanda (o dovrebbe rimandare) a riflessioni più ampie e appropriate innanzitutto tecniche e poi politiche. Così sinora non è stato, e non lo è da anni. Anche a livello europeo l’iniziativa della recente European Joint Action Vaccination (EU-JAV) non sembra essere incoraggiante per le possibili ricadute nella pratica con il rischio che, nonostante i finanziamenti stanziati, gli obiettivi dichiarati rimarranno (ancora una volta) solo indicazioni condivise per gli stati membri5.
Al bisogno di una normativa moderna, che tenga conto della molteplicità degli aspetti preventivi mediante vaccinazione, che sia aggiornata con le evidenze scientifiche disponibili e gli esiti degli interventi sul campo (nazionali e internazionali) si è risposto con l’obbligo vaccinale. Un complesso quesito tecnico (quando, come, perché, chi, con quale vaccino) si è trasformato in un tema di contesa politica per fini prevalentemente propri (di partito, di mandato, di schieramento) in cui la “salute per tutti” da diritto si è trasformata in pretesto demagogico. Gli errori arrivano spesso da lontano e si perpetuano. Così, forse, uno degli errori commessi è stato quello di aver scelto acriticamente il calendario vaccinale come benchmark dell’efficacia della politica vaccinale nazionale. Una politica che necessita di strategie, investimenti (anche di personale aggiornato), monitoraggio, valutazione, miglioramento. Doti forse rare tra i politici, ma che comunque il Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale non è riuscito ad esplicitare e indicare avendo scelto come core di essere un estratto del Prontuario Terapeutico nazionale per la classe J07 Vaccini: una lista dettagliata di vaccini con le relative informazioni contenute nella scheda tecnica, ma decontestualizzata dal “Servizio”, oltretutto universalistico come quello italiano. Una lista che risponde nel suo insieme, come il Prontuario Terapeutico nazionale, più ai bisogni generali del mercato che a quelli puntuali dei bisogni della popolazione.
Lo scontro sull’obbligatorietà e l’accesso a scuola è una querelle politica e non tecnica, così come è politica l’indignazione di alcuni tecnici quando si schierano acriticamente per l’obbligatorietà. Vaccinare, far vaccinare ed essere vaccinati è un obbligo e un dovere da parte degli operatori sanitari e sociali (perché nessun obbligo legislativo per queste categorie? O almeno per i dipendenti pubblici) e per i cittadini consapevoli (dell’importanza delle vaccinazioni, ma anche delle regole e dei valori della vita in comunità). Obblighi e doveri adeguatamente e in modo appropriato suddivisi.
L’obbligo vaccinale per l’ammissione scolastica rappresenta, nel suo estremo ed eccezionale ricorso per la salute di tutti i cittadini, un insuccesso di quanto sinora fatto nel corso degli anni per la prevenzione di alcune malattie infettive mediante vaccinazione (ma è proprio così per tutte le 10 malattie focus dell’obbligatorietà?). È una dichiarazione di sconfitta della politica perseguita, senza averne analizzato, motivato e relazionato sulle cause. Perché essere costretti a ricorrere all’obbligo per l’aumento dei casi di morbillo e la riduzione delle coperture dopo esser stati tra le prime nazioni ad adottare e finanziare fino al 2015 piani strategici nazionali per l’eliminazione del morbillo e la rosolia congenita? Una delle tante domande a cui non può essere risposto imputando la colpa agli oppositori alle vaccinazioni per ragioni ideologiche. Individuare i presidi e gli insegnanti non come alleati e colleghi nell’attività di informazione ed educazione sanitaria (quindi anche preventiva mediante vaccinazione), aggiornata e continua, ma come sostituti degli operatori e dei servizi vaccinali è indice di confusione dei diritti, dei doveri e delle regole. Supplire all’anagrafe vaccinale con quella scolastica senza spiegarne le ragioni ai cittadini è attività da campagna elettorale non da campagna vaccinale.
L’analfabetismo sanitario che caratterizza la variegata collettività italiana è elevato e associato a incertezze, timori, confusione, ignoranza... Il ricorso acritico alla delega decisionale a terzi (p. es. al medico o all’obbligo), sebbene non contribuisca alla partecipazione attiva per una “salute per tutti”, rappresenta comunque un diritto, ma non una virtù6. Un altro obbligo vaccinale7 è possibile, ma necessita della distribuzione dei diritti e dei doveri, opportunità e obblighi, libertà e limiti in tutta la collettività.

BIBLIOGRAFIA
1. Omelia del Santo Padre Francesco, 6 luglio 2018. Santa messa per i migranti, Basilica di San Pietro.
2. Colombo G. Sulle regole. Milano: Feltrinelli editore, 2008.
3. Saracci R. Insidiosa barbarie. Recenti Prog Med 2018; 109: 367-8.
4. Geddes M. La lunga estate VAX. 6 settembre 2018. www.grusol.it/apriInformazioniN.asp?id=5803
5. European Commission. Vaccination. https://ec.europa.eu/health/vaccination/overview_en.
6. Bonati M. L’obbedienza non è (più) una virtù. Ricerca & Pratica 2017; 33: 99-101.
7. Demicheli V. Un altro obbligo è possibile. Scienza in rete, 9 settembre 2018. www.scienzainrete.it/articolo/altro-obbligo-%C3%A8-possibile/vittorio-demicheli/2018-09-09