dalle altre riviste





LA COMPRENSIONE DI UN DATO EPIDEMIOLOGICO QUANDO GLI INDICATORI STATISTICI SONO DIVERSI

Quando si comunicano i rischi alla popolazione generale, il modo in cui sono riportati i risultati epidemiologici influenza le reazioni individuali. È stato condotto uno studio con lo scopo di valutare se il livello di preoccupazione dei residenti in un luogo ad alto rischio ambientale, informati dei risultati epidemiologici sulla mortalità per tumore, fosse influenzato dall’indicatore statistico utilizzato nella comunicazione. Un campione di residenti di Livorno è stato randomizzato a rispondere a diversi questionari, in cui i risultati epidemiologici erano espressi da due indici di rischio diversi: i) la percentuale di rischio in eccesso rispetto allo standard; e ii) il tempo necessario che si deve aspettare, in media, per osservare 1 morte in eccesso rispetto allo standard. La probabilità di elevati livelli di preoccupazione era maggiore nel gruppo sottoposto al tempo necessario per nuocere rispetto al gruppo sottoposto alla percentuale di eccesso di rischio, con una significativa differenza tra le proporzioni del 6,7% (intervallo di confidenza al 95%: 0,6-12,8%). Per coloro sottoposti al tempo necessario per nuocere, la mortalità per tumore dell’apparato sessuale è stata classificata come più preoccupante e la mortalità di tumore alla tiroide come meno preoccupante. Differenze maggiori tra i due indicatori sono emerse in soggetti con istruzione superiore o migliori abilità numeriche. In questo interessante e originale lavoro si osserva come il modo di comunicare i risultati epidemiologici alla popolazione influenzi l’interpretazione dei risultati. Ne consegue che il metodo di divulgazione dei risultati di carattere scientifico necessita di un’attenta valutazione di come i risultati possono essere recepiti dall’opinione pubblica. (Silvano Gallus)
Fonte: Baccini M, Ghirardi L, Farinella D, Biggeri A. Comparison of two statistical indicators in communicating epidemiological results to the population: a randomized study in a high environmental risk area of Italy. BMC Public Health 2019; 19: 733.




PREVENIRE COMPORTAMENTI CHE COMPROMETTONO LA SALUTE NELL’ADOLESCENZA

Questo studio ha valutato l’efficacia di un programma di prevenzione rivolto a ragazzi delle scuole medie inferiori e superiori. Il programma "Paesaggi di Prevenzione", erogato da personale docente appositamente formato, affrontava le problematiche associate al fumo, l’abuso di alcool, i rischi dietetici e l’inattività fisica nell’adolescenza. Tra il 2010 e il 2013, 78 scuole dell’Emilia-Romagna hanno preso parte allo studio per un totale di 3410 studenti delle scuole medie e 1651 studenti delle scuole superiori coinvolti. Le scuole sono state suddivise, mediante selezione casuale, in due gruppi: un gruppo ha partecipato attivamente al programma, l’altro ha rappresentato il gruppo di controllo. Le informazioni sono state raccolte mediante questionario anonimo in due tempi distinti (pre-post intervento). Le stime (odds ratio: OR) degli effetti del programma su comportamenti che compromettevano la salute sono state ottenute applicando modelli di regressione logistica multivariata. Il programma non ha avuto effetti sull’abitudine al fumo, sull’abuso di alcool e sull’attività fisica; ha invece avuto effetti iatrogeni su alcuni comportamenti alimentari, con (i) quote inferiori di consumo di frutta tra gli studenti delle scuole medie (OR= 0,82, intervallo di confidenza 95% [CI] 0,68-0,99) e (ii) minori probabilità di fare colazione tutti i giorni negli studenti delle scuole superiori (OR 0,76; 95% CI 0,58-0,99). Gli autori hanno quindi sconsigliato di diffondere “Paesaggi di Prevenzione” nella sua forma attuale.
È possibile che la complessità di affrontare contemporaneamente quattro comportamenti a rischio, pur costituendo l’originalità di questo programma rispetto ad altri, possa essere stato parzialmente responsabile del suo insuccesso. (Liliane Chatenoud)
Fonte: Allara E, Angelini P, Gorini G, et al Effects of a prevention program on multiple health-compromising behaviours in adolescence: a cluster randomized controlled trial. Prev Med 2019; 124: 1-10.




LA DIMINUZIONE DEL SOVRAPPESO E DELL’OBESITÀ INFANTILE IN ITALIA DAL 2008 AL 2016

Il sovrappeso e l’obesità infantili sono aumentati drammaticamente durante gli ultimi decenni, in tutti i Paesi e rappresentano una delle maggiori sfide per la salute pubblica. Nel 2007 in Italia è stato implementato un sistema di sorveglianza nazionale, osservando la crescita di un campione di circa 45.000 bambini delle scuole primarie dal 2008 al 2016. I bambini sono stati classificati come peso normale, sovrappeso o obesi utilizzando i criteri della Obesity Federation (WOF-IOTF) e i valori di riferimento dell’OMS. Lo studio ha evidenziato una diminuzione del sovrappeso e dell’obesità infantile. La prevalenza complessiva dell’obesità è scesa dal 12,0 al 9,3% (WOF-IOTF) e dal 21,2 al 17,0% (OMS), mentre la prevalenza complessiva di sovrappeso (compresa l’obesità) dal 35,2 al 30,6% (WOF-IOTF) e dal 44,4 al 39,4% (OMS). La riduzione della prevalenza era maggiore nei maschi che nelle femmine. È stata osservata una diminuzione della prevalenza di sovrappeso nei bambini residenti al centro e una diminuzione delle prevalenze dell’obesità tra i ragazzi residenti nel nord e nel sud, e tra le ragazze residenti nel centro. Andamenti decrescenti sono stati osservati nella prevalenza di sovrappeso, ad eccezione dei bambini con madri con basso livello di istruzione e con figli stranieri; così come nelle prevalenze dell’obesità dei bambini con madri con istruzione media e ragazze con madri italiane.
Tuttavia la prevalenza di sovrappeso e obesità sono ancora tra le più alte in Europa ed è necessario continuare a monitorare e implementare interventi per promuovere stili di vita sani soprattutto per le famiglie appartenenti a un livello socioeconomico basso. (Rita Campi)
Fonte: Lauria L, Spinelli A, Buoncristiano M, Nardone P. Decline of childhood overweight and obesity in italy from 2008 to 2016: results from 5 rounds of the population-based surveillance system. BMC Public Health 2019;19: 618.




AUTOVALUTAZIONE DELLA SALUTE COME VALIDO INDICATORE PER LE ANALISI DI EQUITÀ SANITARIA

L’autovalutazione della salute è ampiamente considerata un buon indicatore di morbilità e mortalità, ma la sua validità per l’analisi dell’equità sanitaria e le politiche di sanità pubblica in Italia sono spesso ignorate dai decisori politici.
Lo studio aveva tre principali obiettivi:
esplorare la distribuzione delle risposte in relazione all’età, le condizioni croniche di salute, le limitazioni funzionali e l’autovalutazione della salute;
esplorare l’associazione tra l’autovalutazione della salute e la domanda di assistenza sanitaria;
esplorare l’associazione tra l’autovalutazione della salute e il reddito familiare.
I dati analizzati sono stati ottenuti da un’indagine sulla salute (Health Interview Survey) condotta in Italia nel 2015 su 20.814 individui, lo studio ha evidenziato che:
le condizioni croniche di salute, le limitazioni funzionali e l’età hanno un effetto indipendente e additivo sull’autovalutazione della salute;
l’autovalutazione della salute predice l’ospedalizzazione e le visite mediche specialiste, più che le condizioni croniche di salute, mentre l’età e l’uso di medicinali sono fortemente correlati dell’autovalutazione della salute con l’uso di medicinali;
l’autovalutazione della salute e il reddito familiare sono significativamente correlati, mentre non è stata trovata alcuna correlazione tra le condizioni croniche di salute e il reddito familiare.
In conclusione, i decisori politici in Italia potrebbero utilizzare l’autovalutazione della salute per prevedere la domanda di assistenza sanitaria al fine di una più efficace allocazione delle risorse, per valutare l’efficacia soggettiva dei trattamenti e per individuare le fasce geo-sociali di disuguaglianza sanitaria che richiedono attenzione.
(Cristina Bosetti)
Fonte: Cislaghi B, Cislaghi C. Self-rated health as a valid indicator for health-equity analyses: evidence from the Italian health interview survey. BMC Public Health 2019; 19: 533.