“Ciuff” palliativo


Già il titolo stupisce, per l’apparente incoerenza tra i termini e, in particolare, nella ricerca di un qualcosa che unisce il basket al dolore e all’oncologo. Ma Giampiero Porzio, autore del libro, che nella vita ha fatto esperienza in tutti e tre gli ambiti, ci mette pochissimo a chiarire l’arcano. “La vita è una metafora del basket”: rivelazione iniziale forte, che viene subito mitigata dalla frase per cui il basket è lo sport che, meglio di ogni altro, rappresenta la società contemporanea. Nel basket, l’ininterrotto alternarsi tra difesa e attacco è la perfetta sintesi di questo modello di società. Il coach di una squadra di basket analizza i dati delle partite ed elabora tattiche (schemi di attacco e di difesa, cambi, ecc.), rimodellando e indirizzando continuamente una strategia per vincere la sfida. L’oncologo, e qui entra la figura professionale che ancora dovevamo capire in che modo si configurasse nel discorso, è come il coach del basket, che cerca continuamente nuove e più efficaci soluzioni.
Da profano del basket, quale io sono, ma appassionato di calcio, mi sentirei di dire che anche questo sport potrebbe rappresentare la società moderna e che l’allenatore di calcio assomiglia molto al coach del basket. Mi passi Porzio l’azzardato accostamento, ma in Italia ci può stare anche questo riferimento.
Dalle affermazioni di massima alla concretezza delle soluzioni non passa molto tempo. L’obiettivo si trasferisce dall’oncologia in generale alla cura del dolore nei malati tumorali, e le strategie del basket si traducono in un chiaro e perentorio indirizzo: contro il dolore vogliamo giocare aggressivi (se diamo vantaggio al dolore dovremo usare dosi elevate di analgesici registrando importanti effetti collaterali), semplici (pochi farmaci ben conosciuti e idee chiare su come somministrarli), flessibili (nel basket si alternano i giocatori, nella terapia del dolore si possono alternare i farmaci o le vie di somministrazione) e con una buona difesa (in particolare contro il breakthrough cancer pain, il dolore improvviso, acuto e grave che spiazza tutti, malati e curanti).



Nella seconda metà del libro, Porzio esce progressivamente dall’allegoria che ha costituito la colonna portante del libro ed entra in modo deciso nei protocolli della terapia del dolore e della cura dei sintomi (i playbook del coach che per l’oncologo diventano le linee essenziali per un trattamento sintomatico mirato). In una cinquantina di pagine c’è un concentrato di indicazioni cliniche e di consigli terapeutici da mettere nella borsa dei medici e degli infermieri.
Se la prima parte mi ha stupito e stimolato, la seconda mi ha preso per la sua concretezza.
La partita, di basket come nel cancro, è sempre aperta ma buoni stimoli e riflessioni aiutano ad aprire la strada.
Oscar Corli
Unità di ricerca in Terapia del Dolore e Cure Palliative
Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS, Milano
oscar.corli@marionegri.it