L’IMPATTO PSICOLOGICO DEL COVID-19 SUI MEDICI DI BASE IN PIEMONTE

The psychological impact of Covid-19 on general practitioners in Piedmont, Italy

Castelli L, Di Tella M, Benfante A, Taraschi A, Bonagura G, Pizzini A, Romeo A.


Dear Editor, the authors study aimed to investigate the psychological impact of the COVID-19 pandemic on GPs. Specifically, aimed to investigate anxiety, depression, and post-traumatic stress symptoms (PTSS) on a convenience sample of GPs practicing in Piedmont, one of the most affected Italian regions. A convenience sample of 2049 GPs (out of a total of 3100 GPs in Piedmont) were contacted asked to participate in an anonymous online survey and a total of 246 GPs (12% of the contacted GPs) completed the survey (from April 28, 2020 to May 10, 2020).

Results of the psychological assessment showed that 32% (79) of the GPs presented significant PTSS, whereas 75% (185) and 37% (91) of the GPs reported clinically relevant anxiety and depressive symptoms, respectively. Furthermore, concerning the work-related questions, 41% (100) of GPs reported not having Personal Protective Equipment (PPE) at their disposal, 48% (119) reported not receiving adequate information to protect their families, and 61% (149) did not receive clear diagnostic/therapeutic guidelines on COVID-19 to do their jobs. GPs who were female, younger, and less experienced showed significantly higher levels of anxiety and depressive symptoms compared to male, older, and more experienced GPs.

Health care providers should deploy clear and shared guidelines on COVID-19 management in order to reduce the psychological impact of this pandemic on GPs. Additionally, they should implement a psychological screening program to identify GPs at risk and, eventually, refer them to psychological treatment.

Journal of Affective Disorders 2021; 281: 244-6.


In questo studio Castelli et al. valutano la prevalenza di ansia, depressione e stress post traumatico in un campione di 246 medici di base del Piemonte durante la prima fase della pandemia.

È stata ricercata la correlazione tra i sintomi psicopatologici dei medici e i loro dati socio-demografici e clinici (sesso, età, essere genitore, e il soffrire di una qualche patologia) e altri dati legati alla pratica clinica (numero di anni di pratica, numero di pazienti, disponibilità o meno di: protezione individuale, informazioni per proteggere la propria famiglia e linee guida sulla gestione del nuovo patogeno).

È molto importante individuare un’associazione tra il rischio di sintomi psicopatologici, la mancanza di dispositivi di protezione individuale (DPI), che nella prima fase della pandemia era impossibile acquistare perché introvabili, e la mancanza di linee guida nazionali per la gestione dell’emergenza. Da parte delle istituzioni era stato suggerito ai medici di base di evitare il contatto e di dare disponibilità telefonica dalle 8 alle 20 (si può dire che da febbraio 2020 sia iniziata l’era della telemedicina). Il non aver considerato le visite giornaliere che comunque alcuni medici continuano a fare, e la numerosità del campione sono due limiti dello studio. Tuttavia il 75% dei medici ha riportato sintomi di ansia. L’associazione tra lo sviluppo di sintomi psicopatologici e i dati sociodemografici dei medici, come nella popolazione generale, è riconducibile ad una caratteristica dei ‘tipi umani’1. Vittorio Fontana, medico ospedaliero di un reparto convertito Covid, in “Non amo le metafore di guerra” spiega come quei giorni in corsia gli abbiano ricordato un vecchio film di Oliver Stone, Platoon. “Ma sono i tipi umani che mi hanno richiamato alla mente quel film, non tanto la medicina di guerra, i feriti senza speranza di sopravvivere, i moribondi e i morti. Ci sono i giovani sacrificati e alle volte messi subito fuori gioco (un contagio precocissimo preso subito dopo aver messo piede in corsia, per penuria di dispositivi di protezione individuale e per mancanza di tempo nella formazione, per inesperienza). Ci sono i timorosi e i pavidi, che fanno finta di essere feriti per farsi congedare e tornare subito a casa. Ci sono quelli troppo sicuri di sé, che dopo essere stati colpiti esclamano con meraviglia: ‘che stronzo, pensavo di essere immortale!’. Ci sono gli anziani, resi furbi e cinici dagli anni, che sanno come muoversi e lo fanno guardinghi con spirito pratico, salvaguardando loro stessi, ma proteggendo anche i propri soldati. Ci sono gli eroi veri, i buoni, che muoiono sul campo. Ci sono le meschinità degli esseri umani, gli egoismi, la furbizia, l’odio, la fame di gloria persino nel fango, nella giungla, nella guerra. Ci sono i rinforzi che tardano ad arrivare oppure continuamente promessi, ma che non arrivano mai. C’è il fallimento di una strategia di guerra da parte degli alti comandi. C’è un nemico furbissimo, che conosce meglio il territorio e si muove meglio di noi”.

Aggiungerei dicendo che nella seconda fase della pandemia, per la quale ci sarebbe stato tempo per prepararsi, solo a metà dicembre, dopo più di sette mesi dalla fine della prima fase, c’è stata la disponibilità per i medici di base di ‘fare rete’ con i medici ospedalieri di Centri chiamati hotspot covid per assistere pazienti affetti da una forma lieve-moderata che non necessita ricovero, ma richiede un veloce approfondimento in ambiente ospedaliero, con emogasanalisi, esami ematochimici, ecografia e/o TAC polmonare. In Piemonte, come in Lombardia e altre regioni, più che ricercare correlazioni ovvie ci sarebbe da ricercare di fare rete tra territorio e ospedale, che nessuno si senta solo.


Marina Bianchi

MMG, Milano

marinabianchi@hotmail.com


1. Emozioni Virali. Le voci dei medici dalla pandemia. Roma: Il Pensiero Scientifico Editore, 2020.