Quale medico per il prossimo futuro?

Ecco cosa cambiare nella formazione
delle nostre università

Il nostro Paese è in carenza di medici perché pochi sono ammessi alle scuole di medicina e perché molti cercano lidi esteri per esercitare la loro professionalità. Le nuove risorse messe a disposizione dal progetto europeo per sanità e istruzione dovrebbero permettere di migliorare la situazione in futuro, ma è importante chiederci se l’attuale insegnamento della medicina sia adeguato ai tempi e in particolare allo sviluppo delle conoscenze che affluiscono alla cura degli ammalati. Pur sapendo di essere impopolare direi che se vogliamo formare dei buoni medici si devono cambiare molte cose.

Anzitutto è possibile che le scuole di medicina siano governate dal Ministero della Istruzione o a seconda degli umori politici dal Ministero dell’Università quando i medici devono servire alle necessità del Servizio Sanitario Nazionale (SSN)? Dovrebbe essere il SSN che determina il numero degli ammessi alle Scuole ed i programmi.

La sostenibilità del SSN dipende dall’evitare le malattie, ma la prevenzione negli attuali programmi è una “cenerentola”, perché non fa parte di una cultura che ritiene le malattie un fallimento della medicina. I buoni stili di vita con tutte le loro implicazioni non vengono insegnati in primis come fonte di buon esempio e poi come metodologia da utilizzare in tutte le attività, dal territorio all’ospedale. È necessario un grande cambiamento culturale, difficile da realizzare perché tende a limitare il mercato della medicina.

Gli attuali programmi di insegnamento non tengono conto del fatto che l’Italia ha una delle maggiori popolazioni anziane, perché abbiamo una lunga durata di vita sostenuta indirettamente da una scarsa natalità. Tuttavia se consideriamo la durata di vita “sana” retrocediamo nelle classifiche.

La patologia è perciò concentrata nell’età avanzata, ma l’insegnamento oggi non ne tiene conto. Inoltre si assiste sempre di più alla presenza di polipatologie, ma l’insegnamento si occupa delle singole malattie. Sarebbe invece necessario che almeno una volta alla settimana si tenessero insegnamenti che mettono insieme più specialisti delle varie aree. Ad esempio che istologo, fisiologo, biologo, patologo e farmacologo svolgessero un insegnamento collettivo.

Come pure, in seguito, si dovrebbero avere più specialisti che sotto la guida di un geriatra si occupino delle varie patologie anche per semplificare i trattamenti farmacologici che sono sempre più numerosi, ma senza evidenza scientifica di efficacia.

Bisogna fare in modo che gli studenti non siano solo passivi ad ascoltare lezioni frontali. Dovrebbero essere loro stessi a fare alcune lezioni seguendo le istruzioni ed i consigli dei Professori. Occorre esercitare gli studenti ai dibattiti assegnando temi diagnostici o terapeutici. Oggi l’insegnamento è molto teorico, mentre è importante che i futuri medici abbiano passato un po’ di tempo nei laboratori e nelle corsie anche per conoscere non solo le apparecchiature di cui si dovranno servire, ma anche gli ammalati con i loro problemi e le relative sofferenze.

Dovrebbero essere importanti anche discussioni di bioetica, psicologia, pedagogia per dare al medico la capacità di interagire con il malato utilizzando il dialogo e la condivisione delle conoscenze. La medicina deve essere intesa come una missione che richiede tempo e sacrifici. È anche importante che i medici uscendo dalla scuola abbiano la convinzione che lo studio deve essere una parte fondamentale della loro attività giornaliera, ma perché ciò accada è necessario che conoscano le fonti a cui attingere. Devono essere fonti che assicurino l’indipendenza del giudizio, mentre oggi sono succubi della sola informazione di parte, ad esempio, quella del mercato dei farmaci.

Infine il medico dovendo operare nell’ambito del SSN deve conoscerne l’organizzazione e sopratutto deve ricordare che rapporti errati con i suoi pazienti si ripercuotono sulla efficacia e sulla sostenibilità del SSN. Attenzione quindi. Aumentare le strutture delle attuali scuole di medicina senza cambiare il contesto in cui operare sarebbe un grave errore.

Silvio Garattini

Presidente Istituto di Ricerche Farmacologiche
Mario Negri IRCCS, Milano

silvio.garattini@marionegri.it


Fonte: http://www.quotidianosanita.it/lettere-al-direttore/ articolo.php?articolo_id=96168&fr=n.