Asili nido a chi più   ne ha bisogno


di Paolo Siani


Nella legge di bilancio del 2019 sono stati stanziati dei fondi aggiuntivi specifici per aumentare il numero di posti in asili nido e raggiungere su tutto il territorio nazionale quel fatidico 33% che l’Europa ci chiede da molti anni ormai.

Per realizzare questo obiettivo, lo scorso 22 marzo è stato approvato un Avviso pubblico per 700 milioni di euro da assegnare ai Comuni ai fini della messa in sicurezza, la ristrutturazione, la riqualificazione, la riconversione o la costruzione di edifici per asili nido, scuole dell’infanzia e centri polifunzionali per i servizi alla famiglia.

Si tratta, voglio ribadire, di risorse stanziate nel 2019 nella legge di bilancio, quindi non rientrano nei finanziamenti del PNRR, che prevede 4,6 miliardi soltanto per gli asili nido.

Nelle premesse del bando è scritto che sarà data priorità ai progetti che riguarderanno aree svantaggiate e periferie urbane, prevedendo interventi in territori dove oggi ci sono minori opportunità. E la stessa priorità è chiaramente espressa anche nel PNRR.

Ma, purtroppo, nei criteri inseriti nel bando per la ripartizione del fondo ci sono molte criticità, in evidente contrasto con le premesse.

Per esempio, nel riparto della quota del 60% del fondo in favore delle aree svantaggiate non si dà il giusto risalto a quelle che sono effettivamente in difficoltà.

In più, la “clausola di salvaguardia” del 34% delle risorse da destinare obbligatoriamente alle regioni del Mezzogiorno, richiamata dall’art. 5, comma 6, non pare avere alcuna efficacia concreta.

E inoltre il bando prevede che sia assegnato un punteggio maggiore al crescere del bacino d’utenza della struttura, ma non è chiaro se il bacino d’utenza cui si fa riferimento sia calcolato in termini assoluti oppure relativamente alla popolazione che non ha attualmente accesso a tali categorie di servizi, come secondo noi dovrebbe essere.

Nel primo caso, infatti, si tratterebbe di un criterio distorsivo, poiché un Comune con una popolazione ampia di soggetti 0-3 che, al contempo, riesce già a garantire un buon numero di asili nido, si vedrebbe assegnato un punteggio uguale a un altro Comune avente la medesima popolazione, ma sprovvisto di strutture capaci di assorbire la domanda di servizi.

E ancora, viene assegnato un punteggio maggiore ai Comuni che riescono a cofinanziare i progetti con più fondi, penalizzando ancora una volta gli enti che sono in dissesto finanziario. Questi ultimi sono anche quelli che hanno un numero assolutamente insufficiente di servizi per l’infanzia e da oltre venti anni subiscono il criterio della spesa storica nella suddivisione dei fondi per gli asili nido.

Queste gravi criticità sono state illustrate con un’interrogazione al ministro Bianchi, il quale ha assicurato un intervento per sanare le distorsioni, anche se il bando ormai non è più modificabile.

Ma il vero problema da affrontare per evitare che anche i bandi per i fondi del PNRR seguano gli stessi criteri sono i livelli essenziali delle prestazioni (Lep), introdotti dalla riforma del titolo V della Costituzione, che lo Stato non ha ancora individuato.

In assenza dei Lep, i Comuni ricevono il finanziamento per asili nido in base alla spesa storica: in sostanza, gli enti che spendono di più, perché hanno più asili, ricevono maggiori finanziamenti dallo Stato. Solo da qualche anno è previsto un fondo di perequazione, che però non è sufficiente per sanare il gap.

Questo sistema che non individua il fabbisogno reale dei servizi va assolutamente modificato, se si vuole davvero sanare il gap che tuttora esiste nei servizi per l’infanzia tra i Comuni del centro nord e quelli del sud.

Se non si interviene presto per definire i Lep e assegnare i fondi del PNRR per gli asili nido ai Comuni che ne hanno maggiore bisogno, avremo perso un’occasione forse unica per dare una chance concreta ai bambini del sud.


Le opinioni espresse dall’autore sono personali   e non riflettono necessariamente quelle dell’istituzione   di appartenenza.