Farmaci: ancora   la governance?


di Antonio Addis*


Nel nostro Paese, nell’area dei medicinali, torna ciclicamente di moda il termine governance. Se ne parla ogni volta che si intende attuare un cambiamento di rotta, anche se spesso si è finito per modificare poche e ininfluenti regole oppure creare qualche nuova targa di ufficio. Purtroppo nel recente passato il risultato di tutto il dibattito sulla nuova governance farmaceutica ha avuto uno scarso impatto nella pratica regolatoria corrente.

Anche oggi il tormentone sembra ripartire con un’agenda per niente nuova e incentrata ancora sui tempi di approvazione dei farmaci (“percorsi accelerati”), delle risorse economiche disponibili (“i tetti di spesa”) e della richiesta di superamento dei meccanismi di governo fino ad oggi funzionanti (pay-back). Le soluzioni proposte evitano di entrare nel merito limitandosi, almeno per ora, alla rimodulazione delle Commissioni consultive (CTS e CPR) e dei ruoli affidati agli organi apicali dell’Agenzia Italiana del Farmaco (Direzione Generale e Presidenza CDA). Possiamo dire di disegnare una nuova governance del farmaco cavandocela con così poco?

Il panorama farmaceutico cambia con una tale velocità da richiedere effettivamente una manutenzione costante. Tuttavia, si tratta di un quadro complesso dove la mappa delle responsabilità e delle regole (governement) e il sistema delle procedure e attori coinvolti (alliance) richiede modifiche effettuate sulla base di dati e cambiamenti concreti.

Per capirsi, possiamo parlare di qualcosa di nuovo se tocchiamo punti quali ad esempio: la semplificazione di procedure di approvazione e valutazione di nuovi e vecchi medicinali tenendo conto degli effettivi bisogni di salute; l’integrazione dell’attività di monitoraggio post-marketing dei farmaci in relazione agli altri flussi informativi di salute sul paziente; la rimodulazione dei processi di valorizzazione dei medicinali e della definizione dei prezzi; il governo nazionale delle sperimentazioni cliniche; ridefinizione delle regole con cui il regolatorio interagisce con i portatori di interesse; la promozione dell’informazione e la formazione sul corretto uso dei medicinali; l’integrazione delle attività regolatorie nazionale con quelle europee e internazionali.




D’altro canto, la recente letteratura scientifica, dedicata a ciò che il mondo regolatorio dovrebbe adottare per ammodernarsi, non manca di spunti e suggerimenti. Ad esempio, l’approvazione da parte della FDA di un nuovo farmaco contro l’Alzheimer (aducanumab) ha acceso un infuocato dibattito anche sui maggiori media intorno agli standard utilizzati per decidere quali farmaci sono utili o meno alla cura della salute pubblica. Ancora, la rinnovata lista dei farmaci essenziali della WHO continua a rappresentare un metodo ed un riferimento autorevole per sostenere la possibilità concreta di un accesso equo e sostenibile delle migliori terapie farmacologiche disponibili.

Alla lista manca ancora qualcosa, ma di certo non sarà la semplice parola governance a dare contenuto all’aggiornamento di un settore che è esposto a innovazioni importanti che stanno cambiando i paradigmi di cura correnti.


Le opinioni espresse dall’autore sono personali   e non riflettono necessariamente quelle dell’istituzione   di appartenenza.