Tra incertezza e probabilità si basa l’appropriatezza delle cure

Vent’anni fa, nel suo libro Il Nespolo Luigi Pintor prefigurava un destino triste per l’editoria: “Per scrivere un libro nel terzo millennio ci vuole una smisurata superbia. Basta entrare in una biblioteca comunale e guardare le vetrine di un cartolaio per capire che il mondo non ha bisogno di un volume in più”. Pur condividendo, molto spesso, l’alto pensiero di Pintor – espresso abitualmente in maniera estremamente sintetica, quasi scarnificata –, dopo aver letto questo libro di Franco Cosmi e Rosario Brischetto non posso che dissentire dalla sua posizione.

Ecco alcune motivazioni. La prima è relativa ai destinatari di queste pagine: è raro trovare un libro che si rivolga a un pubblico così ampio. Le riflessioni sulla salute, sul metodo scientifico per far avanzare le conoscenze, sui metodi clinici e statistici per migliorarle, sulla comunicazione delle scoperte sono illustrate in maniera comprensibile e non superficiale: il testo è di interesse sia per un pubblico generale, per i comunicatori del mondo scientifico, sia per medici, ricercatori, studenti. Ed è un libro – elemento di raffinata sensibilità – adatto anche a chi sta attraversando la malattia e un percorso di cura.

L’elemento centrale, infatti, è l’importanza del metodo scientifico, il vero filo rosso dell’intero volume.

Siamo il Paese di Galileo, che nel 1660 ha introdotto le basi razionali del metodo scientifico. Siamo anche il Paese dove un tedesco, Niccolò Copernico, decise di venire a studiare nel 1503 all’Università di Ferrara. Galileo scrisse di lui nel Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo: “Costantemente continuato nell’affermare, scorto dalle ragioni, quello di cui le sensate esperienze mostravano il contrario”. Cosmi e Brischetto ci ricordano, dunque, affacciati sulle spalle di questi giganti, la necessità di operare sulla base dei risultati ottenuti con un metodo scientifico. Un monito all’Italia di oggi: non credo serva elencare la numerosa serie di esempi nei quali terapie, o metodi di cura, siano stati propagandati come miracolosi senza nessun tipo di evidenza provata sulla loro utilità.

L’incertezza è una parola chiave in medicina. La ricerca che utilizza un metodo scientifico è lo strumento più efficace per consentire di restringere il perimetro di questa incertezza: gli operatori sanitari dovrebbero curare i pazienti non guidati dalle proprie opinioni personali (spesso non verificate), ma sulla base delle prove fornite dalla ricerca medica. Sulla base, cioè, delle sole evidenze. E le evidenze della ricerca, purtroppo, non portano mai a certezze assolute, ma solo a probabilità. In altre parole, il metodo scientifico è lo strumento che ci può guidare nel mondo dell’incertezza, senza la capacità di darci risposte definitive, ma solo di aumentare la probabilità di conoscere i fenomeni patologici che stanno alla base del nostro stare bene o essere ammalati.

Come citato nel libro, un grande medico e ricercatore, William Osler (1849-1919), ricordava che: «La medicina è la scienza dell’incertezza e l’arte della probabilità».

E qui il libro di Cosmi e Brischetto dimostra la sua utilità per i comunicatori in ambito scientifico e sanitario. Siamo abituati al sensazionalismo, agli scoop, alla narrazione di disfatte e miracoli della scienza spesso lontanissimi dalla verità scientifica. La pandemia da Covid-19, che ci ha accompagnato negli ultimi due anni, ha rimesso al centro del dibattito il rapporto fra media, medici, ricercatori e politica. L’opinione pubblica, abituata o desiderosa di certezze (spesso false certezze), è rimasta disorientata e qualche volta addirittura contrariata da una serie di informazioni spesso contraddittorie, talora modificate radicalmente nel corso di poche settimane, con conseguenti decisioni politiche che hanno inciso e modificato il modo di vivere di un’intera popolazione.

Questo libro, appropriatamente, sottolinea come sia importante, da parte dei medici-ricercatori, comunicare, ma comunicare con sobrietà, senza fare previsioni azzardate o proclami inopportuni. Le contraddizioni dei cosiddetti esperti (non raramente in specialità poco attinenti alla pandemia) hanno talora suscitato perplessità, aumentando confusione e qualche volta generando anche panico. Questa situazione, oltre a creare una sensazione di generale insicurezza, ha anche incoraggiato l’emergere di posizioni negazioniste, nocive non solo per chi le ha sollevate ma per l’intera comunità.

È molto importante che le conoscenze del metodo scientifico, e dei risultati della ricerca che lo utilizza appropriatamente, crescano all’interno dell’opinione pubblica. Gli autori del libro ripetutamente ricordano e documentano che, se il rigore metodologico e il metodo scientifico diventassero patrimonio culturale di tutti, ciarlatani e pseudoscienziati farebbero molta più fatica a propagandare le proprie attività miracolose e le loro bufale, perché dovrebbero giustificare il percorso di ricerca che li ha condotti a determinate conclusioni. Da qui, l’utilità della lettura di questo testo da parte di tutta l’opinione pubblica in generale.

Un’altra componente qualificante di questo testo è anche il difficile – e talora controverso – argomento della partecipazione di una persona ammalata alla sperimentazione clinica. La dimensione del problema, i suoi aspetti etici, i benefici/rischi personali e gli effetti favorevoli per la comunità di una partecipazione volontaria a uno studio clinico vengono analizzati non solo da un punto di vista teorico e normativo, ma anche con la diretta esperienza degli autori. Cosmi e Brischetto hanno condotto sul campo ricerche cliniche e hanno una lunga esperienza nel coinvolgimento dei pazienti e delle loro famiglie. Considerazioni e riflessioni utili per chi si trova, temporaneamente o cronicamente, affetto da una situazione patologica, possibile oggetto di ricerca controllata.

Ma questo libro offre anche un insieme di informazioni estremamente utili al medico che vuole essere anche ricercatore, e al personale sanitario in formazione. Le note di metodologia statistica, certo. Ma anche le utili riflessioni generali su come disegnare e condurre una ricerca eticamente accettabile, su come deve essere utilizzata nella pratica la evidence-based-medicine, doverosamente conosciuta dal medico: non una legge da seguire pedissequamente, ma coniugata alle condizioni personali di ogni singolo paziente.

Per finire, mi sembra importante sottolineare l’audace allineamento di due protagonisti della medicina, nonostante siano divisi da ben 25 secoli: Ippocrate e Silvio Garattini. È impressionante come la distanza temporale non attenui alcune coincidenze di pensiero.

Gli autori ricordano che Platone descriveva il metodo di Ippocrate, secondo cui non era possibile la cura della singola malattia e del singolo paziente “senza conoscere la natura del tutto”, e che l’interpretazione del termine platonico “tutto” (holon) è riferibile non solo alla singola persona, ma anche alla comunità intera e all’ambiente. In questo aspetto non si discosta una delle caratteristiche principali dell’operato di Garattini: la considerazione costantemente presente di quello che un provvedimento medico può avere in termini di impatto sociale ed economico sulla comunità generale. La sua stessa modalità di comunicazione al pubblico, semplice, comprensibile a tutti, ma rigorosa scientificamente, è un esempio concreto di come sia importante far uscire dal mondo della ricerca, spesso esclusivo e ristretto, le informazioni utili alla comunità generale.

Un altro elemento in comune è la critica, qualche volta giustamente feroce, nei confronti di chi propone rimedi senza una documentata evidenza. Ippocrate si batteva contro chi sosteneva la fatalità delle diverse situazioni patologiche, spesso con spiegazioni di natura religiosa o soprannaturale, contrapponendo motivazioni razionali e documentate dei fenomeni osservati. Garattini è ben noto per i suoi interventi contrari a chi sostiene rimedi – definiti medicina alternativa – senza nessuna documentazione di efficacia, e talora rischiosi quando finiscono per sostituire o ridurre l’utilizzo di strategie terapeutiche documentatamente utili.

L’indipendenza dell’attività medica e della ricerca è un ulteriore elemento in comune. Ippocrate sottolinea questo aspetto nel suo Giuramento; Garattini ne ha fatto un tema dominante della sua lunga carriera di ricercatore, fino a proporre che, per ogni strumento terapeutico di cui si richieda l’approvazione alle autorità regolatorie, ci sia almeno uno studio clinico indipendente, e non solo una serie di studi promossi e supportati economicamente da chi possiede e intende commercializzare quel determinato prodotto.

Concludo con un’aspirazione per il futuro: la possibilità di trasferire le conoscenze e le riflessioni contenute in questo libro alle nuove generazioni di operatori sanitari, perché possa aumentare nel nostro Paese una ricerca collaborativa indipendente, all’interno del nostro prezioso Sistema Sanitario Nazionale, con l’obiettivo di affrontare i numerosi problemi aperti e rilevanti di salute pubblica. Un percorso per il futuro che coniughi la necessità di una più ampia ricerca collaborativa e di innovazione indipendente in campo scientifico con un impegno pubblico per l’allargamento del diritto alla salute a tutti i cittadini, in ogni parte del mondo.

Tratto dalla Prefazione:

Aldo Pietro Maggioni

Direttore Centro Studi

Associazione Nazionale Medici
Cardiologi Ospedalieri

Fondazione per il Tuo Cuore

maggioni@anmco.it