Ma la salute è ancora un diritto?

Maurizio Bonati

Dipartimento di Salute Pubblica
Istituto di Ricerche Farmacologiche
Mario Negri IRCCS, Milano

maurizio.bonati@marionegri.it


Per il Ministero della Salute non c’è stato cambiamento di denominazione da parte del nuovo Governo. Qualcuno si poteva aspettare quello delle Imprese sanitarie made in Italy, della Sovranità sanitaria, della Sicurezza sanitaria o quello del Merito sanitario, invece no per la Salute nulla cambia. Gli è rimasto il portafoglio, da sempre povero, rimpinguato con 2 miliardi di cui 1,4 vincolati ad ammortizzare i costi del caro energetico a cui Asl e ospedali dovranno far fronte, come previsto dalla legge di bilancio 2023. Se si considera che i costi per il rincaro energetico sono stati stimati in 2 miliardi e ne sono necessari altri 3,8 per “sanare” i costi della pandemia, il provvedimento non può che “stupire”. Che la salute non rappresenti una priorità del Governo era già emerso dagli interventi alla Camera del nuovo Presidente del Consiglio che pur citando Tina Anselmi non ha mai fatto riferimento al Servizio sanitario nazionale e ai suoi cronici problemi; così come non ha mai esplicitato e ribadito che la tutela della salute è una priorità nazionale. L’aver inoltre nominato un tecnico come ministro in una squadra di politici è un’altra indicazione delle intenzioni/possibilità future.

In una situazione in cui l’accesso gratuito e di qualità alle cure è sempre più limitato dalla carenza di risorse umane ed economiche le disuguaglianze aumenteranno. La cronica fuga per la cura dal Sud verso il Nord (in particolare per bambini, adolescenti e rispettive famiglie) si accentuerà. La dipendenza economica e dei servizi di qualità e di necessità dei residenti in regioni con scarse risorse (anche perché spesso mal gestite) aumenterà. Non aver dato indicazioni dettagliate in tema di sanità da parte del Governo è stato segno della mancanza di una strategia e programmazione, non di distrazione o dimenticanza, in un contesto di endemia Covid, di bisogno essenziale di riorganizzazione delle cure territoriali (“di prossimità”!?) e della necessità di aggiornamento/formazione del personale, oltre che di una rispettosa remunerazione. Inutile pensare e aspettarsi attenzioni e investimenti per la ricerca in ambito sanitario (da anni al palo quella indipendente) che necessitano di sguardi, volontà e comprensioni da parte dei decisori: caratteristiche che non sembrano essere state recuperate con le recenti indicazioni governative.

Le quattro aree di azione prioritaria per promuovere la salute, ridurre le iniquità di salute e rafforzare la governance per la salute per gli Stati membri (investire in salute attraverso un approccio life-course; affrontare le sfide per la salute; rafforzare i sistemi socio-sanitari e aumentare le capacità per rispondere ad emergenze di salute pubblica; creare ambienti favorevoli alla promozione della salute e sviluppare comunità resilienti) indicate dall’Ufficio europeo dell’OMS rimangono a tutt’oggi bisogni/diritti ancora disattesi.