Un’attività esposta a errori


“Dubbi e incertezze tra pazienti e medicina dell’evidenza” già nel titolo esprime tutta la sua carica di novità rispetto alla vulgata corrente. Attraverso una analisi puntuale di casi clinici emblematici, Rossi dimostra come la zona d’ombra può riguardare tutte le fasi del processo diagnostico, terapeutico e prognostico. Nella prassi medica quotidiana la scelta viene considerata dicotomica: o la diagnosi e la terapia sono corrette o sono sbagliate. Non sono ammessi dubbi e incertezze che si accompagnano sempre al processo decisionale.

Bisognerebbe sempre tenere a mente che la medicina non è una scienza esatta, ma che ha un carattere probabilistico, perché ciascun individuo è diverso da un altro e la stessa patologia può manifestarsi con un quadro clinico diverso, così come diversa può essere la risposta alla terapia. La medicina ha le sue regole e i suoi meccanismi e l’incertezza ne costituisce una parte integrante.

In ogni caso la medicina va sempre considerata come una scienza e vanno esclusi tutti gli aspetti, le visioni e gli approcci miracolistici. La recente pandemia da SARS-CoV-2 ha purtroppo messo in evidenza tutti i limiti della medicina, così come gli aspetti positivi, in primis la capacità di avere messo a punto un vaccino efficace in tempi relativamente brevi rispetto a quelli standard.

Rossi nel suo saggio riporta i dati di uno studio che dimostra che, nel caso di pazienti che si presentano nell’ambulatorio di un medico di famiglia per un dolore toracico, la probabilità di ricevere una diagnosi è di circa il 50%. Negli altri casi la causa rimane ignota nei sei mesi successivi di follow-up.

Pensiamo al grado di incertezza legato agli esami di laboratorio. Rossi scrive che la richiesta di una batteria di 7-8 esami porta ad una probabilità di circa il 20-25% che un valore sia alterato. Questa probabilità aumenta al 35-40% se il numero degli esami è superiore a 10.

Gli screening sono davvero utili? Si riportano i dati di uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine nel 2014 relativo allo screening su larga scala di tumori tiroidei in Corea tra il 1993 ed il 2001. Molti dei tumori erano del tutto asintomatici e di piccole dimensioni, e nonostante la diagnosi precoce, la mortalità per cancro tiroideo rimase pressocché stabile e sovrapponibile a quella che c’era prima dello screening.

La tonsillectomia era un intervento molto praticato negli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento. Oggi non è più cosi: l’intervento viene eseguito molto raramente e solo in casi selezionati in cui sia presente una sindrome ostruttiva che impedisce al bambino di respirare correttamente.

I dubbi e le incertezze sono connessi all’errore, un altro elemento destabilizzante nell’esercizio della medicina. Possiamo definire errore medico un’omissione di intervento, o un intervento inappropriato, a cui consegue un evento avverso clinicamente significativo. La particolare natura della scienza medica e la complessità organizzativa delle istituzioni sanitarie rendono la pratica dell’assistenza sanitaria una attività esposta a errori, che possono essere anche di elevata gravità e attribuibili, solo in parte, a carenze di conoscenze e di competenze professionali degli operatori.

L’idea che l’errore sia dovuto alla colpa individuale di chi lo commette genera almeno due effetti negativi. Primo, chi commette un errore tende a nasconderlo; secondo, nella prevenzione degli errori si ignora la corresponsabilità, spesso preminente, delle cause remote.




Nella medicina attuale, fortemente specialistica, è frequente il caso di pazienti che ricevono prescrizioni da specialisti diversi; ne possono derivare errori dovuti al fatto che i farmaci prescritti possono essere più o meno soggetti a interazioni sfavorevoli, e che il medico curante, a sua volta, non sottopone a riesame le liste dei farmaci prescritti.

Nelle sue considerazioni conclusive, Rossi ci ricorda che bisogna accettare l’incertezza e che “esercitare il dubbio anche quando una diagnosi appare certa non è mai una scelta irrazionale: essere pronti a cambiare idea ed esplorare ipotesi alternative può fare la differenza ed essere vitale per il paziente. Ma troppa fiducia in sé stessi può portare anche ad errori terapeutici, come la prescrizione di farmaci dal rapporto benefici/rischi poco chiaro”.

Domenico Ribatti

Anatomia Umana – Dipartimento di Scienze Mediche di Base

Policlinico, Università degli Studi di Bari

domenico.ribatti@uniba.it