Armocromia


“Un modo semplice per risparmiare neuroni è ridurre il numero di decisioni che devi prendere. Alcune delle persone di maggior successo lo hanno già capito. Indossano semplicemente la stessa cosa ogni giorno. Barack Obama indossa solo abiti grigi o blu. Mark Zuckerberg sfoggia la sua iconica t-shirt grigia Brunello Cucinelli. Steve Jobs è diventato famoso per un dolcevita nero, jeans e sneakers New Balance. Devi concentrare la tua energia. Devi abituarti. Non puoi passare la giornata distratto dalle banalità”. Sono passati cinque anni da quando leggevamo queste parole in un articolo uscito su Inc. Ltd, un media statunitense rivolto a chi è in affari. Al di là del giudizio che si può dare sui personaggi citati e sulla prosa enfatica tipica delle riviste di economia e finanza, chiunque abbia seguito da vicino le personalità della politica o dello spettacolo sa quanto sia importante il ruolo di chi li consiglia su come presentarsi o parlare in pubblico e – sì, tocca ammetterlo – anche vestirsi. Obama non sarebbe stato Obama senza Jon Favreau, la persona che ha probabilmente costruito il ritmo e scritto ogni parola dei suoi discorsi. Jobs sarebbe stato diverso senza Issey Miyake, il sarto che aveva disegnato e cucito i dolcevita neri che divennero la “divisa” del fondatore di Apple: secondo Walter Isaacson – il più noto biografo di Jobs – ne possedeva più di cento.

Tutto questo non è una novità anche se “oggi che la politica è fast e pop, che la sua comunicazione è multicanale e personalizzata, servono uno storytelling e una brand identity: esattamente come si fa per il marketing delle aziende, ma per i candidati” ha scritto Ludovica Taurisano sempre su Vogue il 7 maggio 2023. Facciamoci pace, sia con le parole straniere sia con la realtà.




Insomma, tutti ammirati da Obama e Jobs ma tutti scandalizzati da Elly Schlein che in un’intervista a Vogue Italia ha raccontato che le sue scelte in tema di abbigliamento dipendono sicuramente dalla situazione in cui si trova: “A volte sono anticonvenzionale, altre volte più formale. In generale dico sì ai colori e ai consigli di una armocromista”. Punto. Sarebbe potuta finire là (salvo togliersi la curiosità di andare a vedere cosa fa precisamente una armocromista) e invece no: commenti, articoli, interviste, tweet, post sui social. Soprattutto firmati da maschi – da Vittorio Feltri a Massimo Gramellini – scandalizzati dalla frase della segretaria del Partito democratico e disinteressati al resto dell’intervista.

Abbiamo imparato una parola che non conoscevamo e abbiamo avuto la conferma di vivere in una società in cui il maschilismo non è arginato da alcuna appartenenza politica: puoi essere di destra o di sinistra ma la libertà di fare quel che vuole per una donna non esiste. Le parole migliori sono state quelle di Giulia Blasi: “L’intervista di Schlein con Vogue non era la sua ‘prima uscita’ da segretaria, è forse solo la prima di cui Gramellini si è accorto. Eppure lui ci tiene a farci sapere che si sarebbe aspettato altro, e ci dice anche cosa, perché le donne devono essere sempre riportate alle aspettative degli uomini. Devono fare le cose come si aspettano gli uomini, parlare di quello che decidono gli uomini, secondo la prospettiva degli uomini, l’unica che abbia un valore, quella che dà forma a tutto e validità al resto. E anche quando lo fanno, gli uomini non ascoltano. Forse sono troppo impegnati a scegliersi le giacche”.

Ldf – luca.defiore@pensiero.it