Una vita anche per altri


MEDICINA – Con la riforma del 1978 del Servizio Sanitario Nazionale e la crisi economica del tempo, la valutazione dell’appropriata prescrizione dei farmaci ha rappresentato un obiettivo innovativo e strategico a garanzia del diritto alla salute, dell’uso appropriato delle risorse pubbliche, dell’insegnamento della medicina e della pratica medica. Erano questi gli obiettivi di una nuova area della medicina che stava cercando di definirsi anche in Italia, quella della farmacologia clinica, e che si doveva caratterizzare per l’attività di ricerca nella pratica. Uno dei rari interpreti e promotori dello sviluppo della farmacologia clinica in Italia nello spirito dell’art. 32 della Costituzione e della Legge n. 833/1978 è stato Albano Del Favero (1939). Nel 1974 pubblicò con Giuseppe Loiacono per Feltrinelli, nella collana Medicina e Potere curata da Giulio A. Maccacaro, Farmaci salute e profitti in Italia e nel 1977, nella collana Società e Salute curata da Giovanni Berlinguer e Alessandro Seppilli per Il Pensiero Scientifico Editore, Il problema dei farmaci. Un antesignano nel dimostrare l’eccessivo numero di farmaci prescritti in Italia, molti dei quali privi di efficacia o di sicurezza, e nel richiedere l’istituzione di un prontuario dei farmaci basato sulle evidenze sanitarie ed economiche. “Ma la produzione, l’offerta, il consumo dei farmaci costituiscono o dovrebbero costituire una risposta alla domanda di salute e l’efficacia di tale risposta dovrebbe pur essere misurabile in variazione di tassi di mortalità, di morbilità, nella riduzione o diminuzione di focolai di malattie infettive, nell’attenuazione di sintomi o di disturbi, nell’elevazione in definitiva dei livelli di benessere psico-fisico per tutta la popolazione. Come funziona e quali effetti ha prodotto e produce questo modo di produrre, vendere, consumare farmaci?”. La domanda posta cinquant’anni fa da Albano Del Favero per cui tanto si è speso per rispondere rimane ancora attuale.

“Una cosa è certa: i manicomi non torneranno mai più. È una brutta storia finita per sempre grazie alla legge 180” grazie a Franco Basaglia, ma anche a Franco Rotelli (1942), era il 1978 “non era la fine, ma l’inizio di un’altra fase”: dall’istituzione negata a quella inventata. La difesa creativa, lungimirante e critica che la salute mentale la si garantisce e la si recupera nel territorio. Così è stato l’ultimo suo progetto quello delle «microaree», luoghi dove operatori, quartiere per quartiere, cercano di conoscere gli abitanti e i loro bisogni di salute e di vita; non solo, ma anche per la sofferenza mentale. Una “città sociale”, “città che cura” facendo leva sul capitale sociale delle comunità locali. “Ci si potrebbe immaginare che salute mentale stia laddove un soggetto può esistere con altri, attraverso il linguaggio comunicare di sé, potere parlare di sé per differenze accettabili, costituirsi per singolarità parziale e parziale comunanza. Costituirsi ed essere costituito laddove inclusione/esclusione si tendono e rischiano tra loro, sul limite sul quale altri possano trattenerti, tu possa trattenerti e insieme possa trovarsi un comune sentire, una prassi comune, un progetto interrelato”.

Tra le principali e onerose difficoltà che limitano l’organizzazione e l’attività del SSN c’è l’inappropriatezza: “può esserci nella programmazione, può esserci nell’organizzazione dei servizi, può esserci nell’erogazione di una singola prestazione o di un farmaco”. Espressione di pensiero e di pratica di amministratore pubblico della sanità italiana e uomo politico, raro, quale fu Giovanni Bissoni (Cesena 1953), una persona di grande lucidità, rigore, competenza, cultura e visione, testimonianza, anche, di perseveranza, per il mantenimento e miglioramento dell’universalismo sanitario, per la difesa dei diritti.

Gianfranco Mazzarella (1960) dirigente della Pediatria dell’Ospedale di Vico Equense, preparato e curioso operatore sanitario che con determinazione e profonda umanità (indicazioni della Compagnia) ha contribuito a migliorare la salute dei bambini napoletani e campani, e dell’intera comunità.


ARTI E MESTIERI – Ultima parlamentare vivente della prima Repubblica e fra le personalità politiche più illustri, Marisa Rodano (1921, Maria Lisa Cinciarini, sposò Franco Rodano) ha fatto tante cose in una fase storica terminata, in un’altra epoca. Partigiana cattolica, era dell’idea e lavorò anche per questo in particolare nell’Udi (Unione donne italiane), “non sono le donne che devono adeguarsi alla società, ma è la società che deve adeguarsi alle donne e dunque cambiare profondamente”.

Famoso per le sue foto in bianco e nero di celebri personalità (Marylin Monroe, Che Guevara e tanti altri) Elliott Erwitt (1928, Elio Romano Erwitz) è stato uno dei grandi maestri della fotografia. Ha fissato le piccole cose, le persone semplici, gli animali e i reciproci rapporti con curiosità, ironia, sorridendo.

Ha frequentato le guerre facendo un mestiere difficile quale quello dell’inviato nelle zone “calde”. Ettore Mo (1932) ha raccontato le guerre con impegno, da testimone, andando, vedendo, comprendendo, scrivendo... al servizio del lettore.

¡Hasta siempre! Gianni. Gianni Minà (1938) con le sue interviste ai grandi personaggi della politica, dello sport e della cultura ha documentato verità nascoste della storia e della personalità dei protagonisti. Famosa l’intervista di 16 ore del 1987 che fece a Fidel Castro, una combinazione della vita, che fu pubblicata con due prologhi, uno di Garcia Marquez e l’altro di Jorge Amado. Un protagonista che guardava ai mondi dimenticati.

Bobo (Sergio Staino, 1940) «Educato al comunismo e al rispetto delle istituzioni dal nonno stalinista e dal babbo carabiniere… Fuma Ms, veste camicie militari e, nel portafoglio, ha una foto di Che Guevara» è stato figlio di un’epoca in cui la gauche ha cercato di sopravvivere alle avversità politiche e di limitarne le conseguenze.