Ano


«A quel tempo, tra noi girava voce che a Milano si respirasse un’aria molto stimolante, Milano era la città della Triennale, la città dove stava nascendo il grande design». Così racconta Bob Noorda in una delle sue ultime interviste 1 . Il grande designer olandese arrivò nella capitale lombarda a metà degli anni Cinquanta, in tempo per progettare il logo dei biscotti Pavesini, l’immagine coordinata della metropolitana cittadina, la segnaletica del Castello Sforzesco e della Pinacoteca di Brera, marchi e collane della Feltrinelli, Mondadori, Garzanti, Bompiani e Longanesi. I criteri che informavano la grafica della scuola che era stata formata dai Maestri del Bauhaus erano cinque: sintesi, semplicità, riproducibilità, memoria e continuità 2 . In inglese la parola design  indica sia grafica sia progetto: per ricordare che dietro/dentro un’immagine c’è “un processo lento, solitario, di creazione e decantazione per trovare la sintesi assoluta”. Un percorso che dovrebbe avere l’obiettivo di togliere il superfluo e privilegiare la semplicità.

Dagli anni più celebrati  del design italiano è trascorso del tempo. Alcuni dei marchi disegnati da Noorda – come il cane a sei zampe dell’Agip – sono stati maltrattati da restyling affrettati e segnaletica e ambienti della metro milanese stravolti dagli interventi di amministratori incompetenti. Pazienza, “i giovani vogliono stupire” avvertiva Ettore Sottsass. Alle cinque dimensioni originate dal Bauhaus si sono probabilmente sostituite le quattro A del marketing di Philip Kotler: aware , attitude , act , act again. Ci accorgiamo di qualcosa, lo troviamo affine al nostro gusto, andiamo in quella direzione e torniamo poi ad andarci. Le istituzioni lombarde hanno abbandonato quella “limpidezza da luce del nord” decidendo di affidare la grafica di una campagna per la prevenzione del cancro dell’ano hpv-correlato a uno studio di tatuaggi. E dopo il raffinato claim di un’altra recente campagna di sanità pubblica sui tumori del colon-retto (“Il cancro alla fine del tunnel”) si è scelto di proseguire sulla stessa traccia intitolando l’iniziativa VaccinaMilANO. Col superfluo – un fiorellino – proprio infilato nella alla fine del tunnel.

Del resto si sa,  era nel design che accettava e governava la complessità che non tutte le ciambelle finivano col buco.

Ldf

luca.defiore@pensiero.it

1. Giufré M. Noorda, quando a Milano furoreggiavano il design e lo stile. Il manifesto. 19 luglio 2015.

2. Piazza M. Bob Noorda design. Milano: 24 Ore Cultura, 2015.