Pietà l’è morta

Maurizio Bonati

maurizio.bonati@ricercaepratica.it


Il rispetto, non la devozione o la misericordia, verso i più deboli, i fragili, gli invisibili; la disposizione d’animo, l’attenzione per il riconoscimento e applicazione dei diritti umani. Una declinazione, laica, di un sentimento, di un valore la cui mancanza nelle relazioni umane i fatti quotidiani ci costringono, o dovrebbero costringere, a riflettere. La pietà, quella disposizione raccolta nel significato originale latino di piĕtas. Le vittime dell’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023, quelle del cronico massacro di Gaza, quelle del Donbass, le morti sul lavoro (quella di Satnam Singh a Latina), l’omicidio di Thomas a Pescara, i corpi martoriati dei femminicidi, i suicidi in carcere, i migranti morti e dispersi in mare, testimoni oggettivi tra le pagine di un quotidiano di un giorno di giugno 2024, a denunciare la mancanza di pietà.

Nel ’44 Nuto Revelli*, ufficiale degli alpini della Tridentina nella tragedia della campagna di Russia e poi comandante partigiano nelle formazioni di Giustizia e Libertà, testimone e narratore dei “vinti”, compose Pietà l’è morta: uno dei più celebri canti della Resistenza. Una canzone contro la guerra, di resistenza, per la pace. Un canto a testimoniare la brutalità, la spietatezza e l’efferatezza della guerra con la morte della pietà. Le guerre continuano ad essere parte del vivere sul pianeta. La pace, testimonianza di piĕtas, va insegnata, perseguita con ostinazione, impegno e coraggio1.

Dopo sette mesi dall’inizio del conflitto tra Israele e Palestina, secondo il Ministero della Sanità di Gaza e sostenuto da Save the Children, sono stati uccisi più di 14mila bambini e circa la metà di questi non è ancora stata identificata. Si stima che almeno 21mila bambine e bambini siano dispersi, scomparsi, detenuti. Questo dato include 4000 sepolti sotto le macerie, mentre un numero imprecisato si trova in fosse comuni.

Nello stesso periodo sono stati uccisi almeno 33 bambine e bambini israeliani, mentre non è chiaro se ce ne siano tra quelli ancora tenuti in ostaggio a Gaza. Circa 250 minori palestinesi della Cisgiordania risultano nel sistema di detenzione militare israeliano, senza che le loro famiglie sappiano il luogo in cui si trovano e il loro stato di salute. Una condizione quella dei minori non accompagnati o separati (17.000 quelli di Gaza) che li espone a subire maltrattamenti, torture, violenze, abusi, sfruttamento. Gli sfollamenti ripetuti causano separazioni nelle famiglie aumentando il numero delle vittime di violenza (bambine, bambini, donne).

Il limitato flusso di aiuti che le autorità israeliane fanno entrare a Gaza impedisce di far fronte alle emergenze sanitarie aumentando la gravità delle condizioni dei pazienti, limitare il propagarsi delle infezioni (come è il caso della scabbia)… ridurre o ritardare la mortalità. Come denunciato da Medicines Sans Frontiers2.

I continui attacchi israeliani contro ospedali, scuole e campi profughi uccidono e feriscono la popolazione civile, gli operatori umanitari, il personale sanitario. “Ci allontaniamo dalla miseria degli altri. Noi sembriamo quasi non essere più umani”3. Pietà l’è morta.

Sono oltre 800 i morti e dispersi nel Mediterraneo centrale nei primi sei mesi del 2024, una media di 5 al giorno, secondo Unhcr (Agenzia ONU per i rifugiati), Oim (Organizzazione Internazionale delle Migrazioni) e Unicef. Le tragedie si susseguono e avvengono anche contemporaneamente. A un centinaio di miglia dalle coste calabresi, una barca a vela, partita otto giorni prima dalla Turchia, si è rovesciata e 66 passeggeri sono risultati dispersi: tra loro almeno 26 bambini. Nello stesso giorno a sud di Lampedusa un’altra barca di legno, partita dalla Libia con a bordo 51 migranti originari di Siria, Egitto, Pakistan e Bangladesh, viene soccorsa da una nave umanitaria: 10 le persone trovate morte nel ponte inferiore allagato. Le nuove stragi avvengono all’indomani del G7 di Borgo Egnazia, in Puglia, che ha lanciato una coalizione “per prevenire e contrastare il traffico di migranti”. L’ennesimo atto politico, impreciso, aspecifico e inappropriato a proteggere le persone più vulnerabili. Di una politica incapace anche di riconoscere che ogni naufragio è un fallimento collettivo. Nel 2019 all’apertura dell’anno giudiziario in Cassazione, il procuratore generale di Torino, Francesco Saluzzo, pronunciò queste parole: “Se da una parte è dovuto e sacrosanto il compito di trovare soluzione al problema dell’immigrazione clandestina, dall’altra la politica risulta essere al tempo stesso totalmente disinteressata al profilo umanitario: potrei dire che la pietà, declinata nel suo senso laico, è morta”.

Questi esseri umani che fine fanno in Italia dopo essere stati salvati? Vanno ad ampliare la categoria dei “senza fissa dimora” delle persone senza domicilio e quindi che non possono essere iscritte all’anagrafe. Sebbene abituali residenti in alcuni luoghi, sono senza un Comune competente o disponibile, a iscriverli nelle proprie anagrafi. Elemento essenziale per il riconoscimento dei diritti del singolo e della sua famiglia, ma anche per l’organizzazione dei servizi pubblici, della fiscalità, della pubblica sicurezza... la vita di una comunità. Un decreto legge, approvato in Parlamento e in attesa di essere discusso in Senato, prevede un “programma sperimentale” a partire dal 2025 di estensione dell’assistenza sanitaria alle persone senza fissa dimora. Un programma sperimentale per sanare un’ingiustizia dovrebbe far riflettere gli stessi legislatori. Ma dove finiscono molti dei naufraghi, dei clandestini, dei non iscritti alle anagrafi? Le dimore sono ben note e visibili, spesso improvvisate, edifici abbandonati, ma anche locazioni precarie e insane gestite da organizzazioni illegali. Molte di queste persone entrano nella rete del caporalato per poter sopravvivere. Una rete conosciuta, documentata e denunciata da decenni4. Un tempo caratteristica nell’edilizia, poi nell’agroalimentare, oggi anche nella filiera produttiva della moda. Ma al caporalato si è aggiunto lo schiavismo. Sì, il “caso” barbaro di Satnam Singh questo denuncia: che l’Italia è un Paese dove in alcuni settori sociali e produttivi vige lo schiavismo. Non in America, non nei campi di cotone, non nei secoli scorsi, ma in Italia, nei campi di fragole (e altre coltivazioni), nel 20245. Le condizioni di schiavitù della “degradazione dell’uomo, dei corpi e delle speranze” Satnam “pagato in pugno” 4 euro all’ora, scaricato morente come peso ingombrante, con un braccio in una cassetta della frutta, privato del cellulare (come tutti i suoi connazionali “dipendenti”) affinché non chiamassero soccorsi. È successo nell’Agro Pontino nel giugno 2024. Un’atrocità disumana parte di una filiera in cui la schiavitù è diventata legge di mercato come ci ricorda Sergio Fontegher Bologna: “Proviamo ad immaginare se tra un mese tutti i lavoratori del settore agricolo fossero pagati con un salario minimo di 9 euro l’ora. Salterebbero migliaia di aziende, di negozi, di ristoranti, d’intermediari”6. Nel luglio 2015 moriva di sfruttamento nei campi pugliesi Paola Clemente. Con Paola, Satnam e tanti altri: pietà l’è morta.

Il tema della pietà ha animato molte arti figurative, in particolare nel Rinascimento. Molte chiese sono dedicate alla Madonna della Pietà e conservano tele o sculture raffiguranti Maria che sorregge il corpo del figlio dopo la sua passione e deposizione. Ma il Santa Maria della Pietà di Roma fu anche il più grande ospedale psichiatrico d’Europa, con oltre 1200 posti letto, chiuso nel 2000. Santa Maria della Pietà era il convento di Tropea un tempo sede delle carceri locali.  Carcere e manicomio due istituzioni di contenzione all’insegna storica della pietà, nell’attesa di una Legge 180 anche per le carceri. Una legge quadro che regolamenti la “rieducazione del condannato” istituendo gli appositi servizi di presa in carico nel rispetto della dignità umana7,8. Il 12% delle persone detenute in carcere soffre di una malattia mentale grave6. Nei primi 6 mesi del 2024 ci sono stati 44 suicidi nelle carceri, 20 delle vittime erano cittadini stranieri. In aumento non solo le morti, ma anche il sovraffollamento (61.468 detenuti a fronte di 47.067 posti regolarmente disponibili). Le lesioni, i maltrattamenti e le torture perpetrate nel carcere minorile Beccaria di Milano ad opera degli agenti di polizia penitenziaria sono atti disumani la cui prevenzione è di pertinenza non solo della politica, dell’amministrazione pubblica e della giustizia, ma di tutta la comunità9. Pietà e dignità (anche) in carcere implicano rispetto dei diritti umani10. Quando questo non avviene: pietà l’è morta.

Con l’omicidio di Thomas Christopher Luciani il 23 giugno 2024 nel parco “Baden Powell” di Pescara: pietà l’è morta.

Gli invisibili oggigiorno non esistono più, così come il “popolo sommerso”11. Ci sono i “non visti”, quelli che non vogliamo vedere o ignoriamo volutamente. Appartengono alla comunità dei “senzastoria”, quelli che un tempo erano rinchiusi nei manicomi, che oggi si è allargata comprendendo i “non visti”, i poveri, gli esclusi, i vinti, quelli senza voce. Tutti coloro a cui i diritti umani sono negati. A tutti coloro verso i quali… pietà l’è morta!



* Informazioni sulle opere di Nuto Revelli sono reperibili consultando il sito della Fondazione Nuto Revelli: https://nutorevelli.org/bibliografia

“Pietà l’è morta” è il motto inserito nello stemma della 34^ Compagnia Alpini. La canzone era nota nelle Brigate partigiane Valle Vermenagna e Valle Stura “Carlo Rosselli” e poi si diffuse nelle altre brigate di “Giustizia e Libertà”. Il modulo è ripreso dalla tradizione militare italiana: l’aria fu infatti utilizzata dagli alpini nella prima guerra mondiale e successivamente in Russia e in Albania (Sul ponte di Perati, il suo antecedente esplicito, era un canto della Brigata alpina “Julia”, impegnata sul fiume Vojussa, al confine greco-albanese, per la campagna italiana di Grecia, del 1941-’42). Pietà l’è morta è stata interpretata dai Modena City Ramblers e fa parte dell’album Appunti partigiani del 2005. Quarant’anni prima I Gufi avevano eseguito il brano, inserendolo nell’album I Gufi cantano due secoli di resistenza. Nel 2011 i The Gang, band folkloristica marchigiana, inseriscono la canzone nell’album La rossa primavera. Anche il Coro delle Mondine di Novi ha inserito il canto nell’album Se vedeste i mundaris.

Attualmente sono in corso 56 conflitti, il maggior numero dalla seconda guerra mondiale. Sono diventati più internazionali con 92 Paesi coinvolti al di fuori dei propri confini. Il numero crescente di conflitti minori aumenta la probabilità che si verifichino conflitti più grandi in futuro. Ad esempio, nel 2019, Etiopia, Ucraina e Gaza sono stati tutti identificati come conflitti minori. L’impatto economico globale della violenza nel 2023 è stato di 19,1 trilioni di dollari o 2380 dollari a persona. Si tratta di un aumento di 158 miliardi di dollari, determinato in gran parte da un aumento del 20% delle perdite del PIL dovute ai conflitti. La spesa per la costruzione e il mantenimento della pace è stata pari a 49,6 miliardi di dollari, pari a meno dello 0,6% della spesa militare totale. Global Peace Index 2024. https://www.economicsandpeace.org/global-peace-index/


BIBLIOGRAFIA

1. Bonati M. Il cronico trauma della guerra. Roma: Il Pensiero Scientifico, 2024.

2. Medici Senza Frontiere Onlus.  Palestina.
https://www.medicisenzafrontiere.it/topics/news/palestina/

3. Horton R. The system is not working. Lancet 2024; 403.

4. Leogrande A. Uomini e caporali. Milano: Feltrinelli, 2016.

5. Rawick G. Lo schiavo americano dal tramonto all’alba. Bologna: DeriveApprodi, 2022.

6. Fontegher Bologna S. Lo schiavismo come rispettabile modello. Il Manifesto, 25 giugno, 2024.

7. Verde S. Il carcere manicomio. Le carceri in Italia tra violenza, pietà, affari e camicie di forza. Roma: Sensibili alle foglie, 2011.

8. Bonati M. L’istituzionalizzazione totale nega l’umanità. Ricerca&Pratica 2024; 40: 99-101.

9. Associazione Antigone. Nodo alla gola. XX Rapporto di Antigone sulle condizioni di detenzione. 2024. https://www.rapportoantigone.it/
ventesimo-rapporto-sulle-condizioni-di-detenzione/

10. Berti M. La pietà dei ricordi per Jon. Da San Juan al carcere di San Gimignano: una vita spezzata. Siena: Betti Editrice, 2018.

11. Ottieri MP. Quando sei nato non puoi più nasconderti. Viaggio nel popolo sommerso. Milano: Nottetempo, 2003.


Lassú sulle montagne

Bandiera nera:

L’è morto un partigiano

Nel far la guerra.

L’è morto un partigiano

Nel far la guerra,

Un altro italiano

Va sotto terra.

Laggiù sotto terra

Trova un alpino,

Caduto nella Russia

Con il Cervino.

Ma prima di morire

Ha ancor pregato:

Che Dio maledica

Quell’alleato.

Che Dio maledica

Chi ci ha tradito,

Lasciandoci sul Don

E poi è fuggito.

Tedeschi traditori

L’alpino è morto,

Ma un altro combattente

Oggi è risorto.

Combatte il partigiano

La sua battaglia:

Tedeschi e fascisti

Fuori d’Italia!

Tedeschi e fascisti

Fuori d’Italia!

Gridiamo a tutta forza

«Pietà l’è morta!».

Nuto Revelli 1944