Perché non è stato commercializzato un biosimilare del ranibizumab?

Il cinismo è una brutta malattia, che peggiora con l’età, e non fa piacere ritrovarsi a citare Giulio Andreotti quando sosteneva che “a pensar male si fa peccato ma spesso si indovina”. L’ultima occasione è l’istruttoria avviata il 6 giugno 2024 dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM, Antitrust) per verificare l’esistenza di una “intesa restrittiva della concorrenza nel mercato del principio attivo ranibizumab”, utilizzato nel trattamento di alcune maculopatie della retina1.

Ecco i fatti. Il 18 agosto 2021 l’EMA ha autorizzato il primo biosimilare di ranibizumab (nome commerciale Byooviz®), un anno prima della scadenza brevettuale dell’originatore (nome commerciale Lucentis®), prevista a luglio 2022. Nonostante le sollecitazioni degli uffici Aifa a presentare i documenti necessari per la commercializzazione e per il rimborso SSN, a giugno 2024 il farmaco non risultava ancora disponibile in Italia.

Di solito, le aziende titolari di generici e biosimilari fanno domanda all’Aifa immediatamente dopo l’autorizzazione europea, in largo anticipo rispetto alla scadenza del brevetto dell’originatore. Se le aziende accettano scontistiche predefinite rispetto al prezzo dell’originatore – del 33,3% in questo caso, tenuto conto che ranibizumab aveva nel 2022 un fatturato SSN di 46,5 milioni di euro – ottengono la rimborsabilità con procedura semplificata. Le norme consentono poi all’azienda del generico/biosimilare di iniziare a stoccare il farmaco nei magazzini già nei sei mesi precedenti la scadenza brevettuale, così da essere subito pronta a rispondere ai possibili ordinativi.

Il ritardo nella commercializzazione del biosimilare ha determinato un guadagno per l’azienda del ranibizumab originatore – in Europa, Novartis su licenza di Genentech – visto che da luglio 2022 non c’è stata alcuna concorrenza per ridurre il prezzo del farmaco. L’azienda titolare del biosimilare ha invece rinunciato a una fetta di mercato potenziale di parecchi milioni di euro.

È anche evidente il mancato risparmio per il SSN. L’indagine dell’Antitrust mette bene in evidenza che per ogni confezione contenente un flaconcino monouso di originatore – il cui costo per il SSN, al netto degli sconti, era di 384 euro – il risparmio minimo nel passaggio al biosimilare sarebbe stato del 33,3%, ma avrebbe potuto anche superare il 90%, e quindi con un costo di una somministrazione di poche decine di euro, in relazione agli sconti effettivamente praticati nelle gare di acquisto del SSN.

Il mancato guadagno per l’azienda del biosimilare e il mancato risparmio per il SSN sarebbero stati anche maggiori in presenza di uno spostamento della prescrizione dall’altro farmaco più prescritto in questo ambito – aflibercept – che nel 2022 superava gli 80 milioni di euro. Tenuto conto della sovrapponibilità terapeutica di aflibercept e ranibizumab, come anche riconosciuto nella Nota Aifa 98, è atteso che una parte della prescrizione si sposti dal farmaco ancora sotto brevetto (aflibercept appunto) a quello a brevetto scaduto, diventato molto meno costoso (ovviamente, se nel frattempo è commercializzato il biosimilare).

L’Antitrust ha anche evidenziato che a settembre 2021, il mese successivo all’autorizzazione europea, era stato effettuato un accordo fra l’azienda produttrice del biosimilare (Samsung Bioepis) e l’azienda produttrice del ranibizumab originatore (Genentech), relativo alla commercializzazione del biosimilare negli Usa e in altri Paesi. Bisognerà attendere la conclusione dell’istruttoria, entro settembre 2025, per sapere se insieme a un accordo legittimo fra aziende vi sia stata una “intesa restrittiva della concorrenza nel mercato del principio attivo ranibizumab”, e se questo caso si aggiungerà ai numerosi esempi di lesione della concorrenza documentati in un recente rapporto della Commissione europea2. Nel frattempo, continueremo a pensar male e fare peccato…


BIBLIOGRAFIA

1. AGCM. Comunicato stampa 6 giugno 2024: Avviata istruttoria nei confronti di otto società per intesa restrittiva della concorrenza nel mercato del principio attivo ranibizumab. Disponibile su: https://www.agcm.it/media/comunicati-stampa/2024/6/I868
Testo del provvedimento disponibile su: https://www.agcm.it/dotcmsdoc/allegati-news/I868 avvio.pdf

2. European Commission. Competition Enforcement in the Pharmaceutical Sector. Disponibile su:
https://competition-policy.ec.europa.eu/system/files/2024-01/kd0223117enn_pharma_report_2018-2022_e-version_en.pdf

3. Addis A. Un farmaco utile, efficace ed economico: non usiamolo. Ricerca&Pratica 2012; 28: 168.

 

il caso avastin-lucentis

Pur trattandosi di una storia diversa, vale la pena di ricordare che ranibizumab è stato in passato al centro della più importante indagine Antitrust italiana in ambito farmaceutico – Avastin-Lucentis – che aveva portato nel 2014 a una multa di 182 milioni di euro nei confronti delle due società farmaceutiche coinvolte, Roche per Avastin® e Novartis per Lucentis®. L’indagine dell’Antitrust ha dimostrato che le due società avevano condotto una campagna coordinata tesa a screditare il farmaco utilizzato off-label nel trattamento delle patologie retiniche (Avastin®), nonostante la presenza di studi ben condotti che dimostravano la sovrapponibilità terapeutica dei due farmaci in queste indicazioni. Intorno alla lunga vicenda Avastin-Lucentis – il primo degli articoli pubblicati su R&P è del 20123 – sono sorti contenziosi durati oltre un decennio con il coinvolgimento di tutti i gradi di giudizio, inclusi diversi interventi della Corte costituzionale in Italia e della Corte di giustizia dell’Unione Europea. Ancora nel 2020 e nel 2023 ci sono stati interventi sanzionatori da parte delle Autorità Antitrust francese e belga nei confronti delle società coinvolte2. In Italia, un esito rilevante di questa vicenda è che dal 2014, a seguito di un pronunciamento della Corte costituzionale, è possibile utilizzare farmaci off-label a carico del SSN, in presenza di un vantaggio economico per il SSN, anche in presenza di un’alternativa terapeutica autorizzata nella stessa indicazione, purché l’applicazione off-label “sia nota e conforme a ricerche condotte nell’ambito della comunità medico-scientifica nazionale e internazionale” (legge 79/2014).


Giuseppe Traversa

Epidemiologo, Roma – giuseppetraversa24@gmail.com