Un approccio di ricerca per la didattica sperimentale in fotografia




Come docente accademica con un dottorato in educazione e fotografia, mi impegno a sperimentare nuovi metodi didattici all’interno delle mie classi, applicando i principi della pedagogia attiva. Questo approccio, sviluppatosi tra il XIX e il XX secolo, promuove la libertà e la spontaneità dell’educando attraverso l’educazione attiva, che si contrappone all’intellettualismo e al nozionismo formale dell’insegnamento tradizionale.

La pedagogia attiva, conosciuta anche come scuola nuova, implica un rinnovamento dei metodi di insegnamento e organizzazione accademica. Essa è emersa in risposta al bisogno di promuovere un’educazione che valorizza la spontaneità e la libertà dell’apprendente, influenzata dalle esperienze di pionieri come Decroly, Dewey e molti altri.

La mia didattica si concentra sulla ricerca, cercando di trasferire agli studenti e alle studentesse i principi della ricerca basata sulle arti che ho studiato approfonditamente in Spagna.

La ricerca basata sulle arti (IBA, Investigación Basada en las Artes) è una metodologia che utilizza pratiche artistiche – come tecniche visive, performative, poetiche, narrative e nel caso specifico, fotografiche – per esplorare e comprendere fenomeni complessi. Essa sfida le concezioni tradizionali di ricerca, cercando non solo di documentare, ma di illuminare nuove dimensioni della realtà e dell’esperienza.

Secondo Barone e Eisner1, l’IBA si caratterizza per l’utilizzo di elementi artistici ed estetici, cercando di rappresentare esperienze da nuove prospettive e rivelare aspetti nascosti della realtà. Non si limita a offrire spiegazioni definitive, ma cerca di esplorare le sfumature e le complessità, stimolando una riflessione più profonda e critica. Questa forma di ricerca, inoltre, può includere vari tipi di indagine visiva, performativa, poetica e narrativa, espandendo le pratiche di ricerca tradizionali e influenzando il modo in cui i risultati sono rappresentati e pubblicati. Essa si rivela utile per esplorare la creatività e la sua interpretazione, rafforzando il legame tra ricercatore e partecipante e producendo contenuti culturalmente più accurati e significativi.

In sintesi, la ricerca basata sulle arti offre nuove modalità di comprensione e rappresentazione delle esperienze, stimolando nuove domande e discussioni. Essa contribuisce a una comprensione più ricca e articolata della realtà, attraverso l’uso di pratiche artistiche e estetiche2.

Questi sono i principi che cerco di trasmettere nelle mie lezioni. Gli studenti e le studentesse rispondono positivamente a tali stimoli, mostrando una forte motivazione verso la ricerca finalizzata alla realizzazione di elaborati fotografici.

L’enorme sforzo di coniugare teorie come la pedagogia attiva e la ricerca basata sulle arti è per me realizzabile grazie a un contesto che favorisce e accoglie la sperimentazione, sia da parte degli studenti che dei docenti.

L’Accademia di Belle Arti di Bari, infatti, fondata negli anni Settanta del secolo scorso, ha negli anni consolidato e potenziato le proprie capacità, aumentando sensibilmente il numero degli iscritti e valorizzando le competenze del corpo docente.

Riconoscendo l’importanza fondamentale della didattica nel processo di elaborazione e trasferimento della conoscenza, l’Accademia si impegna a garantire la completezza del percorso formativo degli studenti e delle studentesse. Per questo motivo, assicura l’efficienza delle infrastrutture didattiche e promuove l’innovazione nelle metodologie di insegnamento. Inoltre, l’Accademia valorizza la ricerca come strumento essenziale per la conoscenza e la produzione artistica, sostenendo le iniziative proposte dalle strutture accademiche e dai singoli docenti.

L’istituzione accademica cerca continuamente di attuare le misure necessarie per garantire agli studenti e alle studentesse una preparazione artistica, culturale e scientifica che risponda alle esigenze formative e alle richieste della società. Per tale motivo, organizza attività di tutorato e orientamento, al fine di facilitare la scelta del percorso formativo e promuovere il contatto con il mondo del lavoro già durante gli studi.

Sposando il mio modus operandi, l’Accademia permette una didattica sperimentale che favorisce a mio avviso la crescita degli studenti e delle studentesse, alimentando il loro processo creativo. Nel campo della fotografia, essa offre ai giovani autori l’opportunità di esprimersi supportando il loro impegno.

Nel corso dell’ultimo anno, il corso di fotografia ha ottenuto una serie di successi notevoli: i nostri studenti e le nostre studentesse hanno partecipato ed esposto i loro lavori al Festival di Fotografia italiana, vinto la tappa di Bibbiena di Portfolio Italia, e preso parte alla sezione Pop Up del Phest, Festival di Fotografia di Monopoli. Inoltre, hanno esposto al Festival di editoria fotografica curato dal collettivo The Docks a Napoli, studiato la Visual Image di cantautori, e partecipato a uno scambio culturale con l’Università di Jaén in Spagna, focalizzato sulla staged photography.

I nostri studenti e le nostre studentesse hanno anche realizzato lavori per il Festival di fotografia “Una selva di immagini” curato da me e dalla docente Michela Frontino, e intessuto rapporti con una scuola di fotografia in Mozambico. Inoltre, hanno studiato gli archivi storici pugliesi, arricchendo ulteriormente il loro percorso formativo.

I lavori qui presentati rappresentano tale impegno, “Aedes” di Alessia De Crescenzo e Raffaello Pio Iacovazzi presenta un’edicola misteriosa immersa nella campagna pugliese. Attraverso fotografie scattate nel corso degli anni e in varie condizioni atmosferiche, il progetto esplora l’origine e le trasformazioni di questa struttura enigmatica, diventata anche la dimora di un cagnolino di nome Kevin.

Il progetto di Claudia Fanelli, “Perdersi per ritrovarsi”, si concentra sulla street photography e la vita urbana, catturando momenti fugaci e storie personali in bianco e nero. Le immagini esplorano il contrasto tra il dinamismo della vita moderna e la staticità di attimi congelati nel tempo, invitando gli spettatori a osservare la bellezza nascosta nelle interazioni umane e negli spazi urbani.

Infine, “Cupa appartenenza” di Cinzia Pistillo è un progetto che documenta i ruderi lungo la strada provinciale 231 tra Andria e Corato. Nato dall’osservazione dei panorami durante i viaggi settimanali, il progetto riflette il legame emotivo con questi luoghi trascurati, inserendoli in una ricerca più ampia sui ruderi e ecomostri della regione.

Questi lavori rappresentano un impegno significativo e una manifestazione della crescita e creatività degli studenti e delle studentesse nel campo della fotografia contemporanea.

Michela Fabbrocino

michela.fabbrocino@gmail.com



1. Barone T, Eisner E. Arts-based educational research. En Green J, Grego C, Belmore P (eds.). Handbook of complementary methods in educacional research. Mahwah, New Jersey: AERA 2006, pp. 95-109.

2. Hernández Hernández F. La investigación basada en las artes. Propuestas para repensar la investigación en educación. Educatio Siglo XXI 2008; n. 26: 85-118.


ADES

Alessia De Crescenzo, Raffaello Pio Iacovazzi


Nel cuore della Puglia, tra campi verdi e uliveti secolari, un’edicola decontestualizzata appare come un enigmatico elemento fuori dal tempo e dallo spazio.

Aedes è un progetto fotografico nato dall’incontro fortuito di due autori con questa struttura apparentemente ordinaria, ma misteriosamente collocata in aperta campagna.
La struttura si svela agli occhi degli autori durante una passeggiata e, affascinati dalla sua presenza surreale, iniziano un lungo percorso di ricerca e documentazione. Attraverso le loro fotografie, catturate a più riprese nel corso degli anni e in varie condizioni atmosferiche, gli autori hanno esplorato l’origine e le varie trasformazioni dell’edicola, cercando indizi sul motivo del suo strano posizionamento. Il progetto si arricchisce di ulteriori dettagli quando gli autori scoprono che l’edicola è diventata la dimora di un cagnolino di nome Kevin. Questo particolare aggiunge un tocco di umanità e tenerezza alla narrazione, trasformando l’edicola in un simbolo di rifugio e di casa.

Ad accompagnare il progetto, una pagina di giornale racconta la sua storia, offrendo un contesto narrativo che unisce le fotografie e i disegni del writer Mpeit che, anni prima, aveva dipinto l’edicola come un’opera d’arte solitaria. Le immagini di Google Maps forniscono una visione temporale, mostrando la sua collocazione nel passato e nel presente, ed evidenziando così il suo impatto sul paesaggio circostante.

Aedes non è solo un progetto fotografico, ma un viaggio misterioso e affascinante che invita gli spettatori a riflettere sul concetto di luogo, appartenenza, riuso e trasformazione. Un invito a perdersi tra le immagini e le storie che si intrecciano attorno a un’edicola venuta dalla luna e radicata nella terra pugliese.

Alessia De Crescenzo e Raffaello Pio Lacovazzi, classe ’98 e ’99, sono due giovani autori pugliesi. Entrambi laureati presso l’Accademia di Belle Arti di Bari, in Grafica d’arte, attualmente frequentano il nuovo biennio di Fotografia presso la stessa istituzione. Attratti dall’indagine dell’unicità del mondo all’interno dei margini delle strade, si ritrovano spesso a condividere stessi gusti in materia di ricerca, decidendo così di intraprendere un percorso autoriale comune.

PERDERSI PER RITROVARSI

Claudia Fanelli





Il mio progetto fotografico – Perdersi per ritrovarsi – esplora la profondità e l’intensità della vita urbana attraverso la street photography. Un progetto nato da una passione: raccontare ciò che mi circonda dal mio punto di vista. Una visione personale in cui il colore si trasforma in bianco e nero, in cui l’istante viene colto grazie alla macchina fotografica. Mi affascina andare in giro per il mondo ad ascoltare, a guardare, ad immedesimarmi in storie altrui. In questo caso ho voluto descrivere una storia in cui due signori visitano una città perdendosi tra i paesaggi e la quotidianità delle persone. Per questo motivo le loro foto vengono poste all’inizio e alla fine del progetto, proprio per indicare l’inizio e la fine della loro storia, del loro percorso. Le immagini catturate raccontano storie personali, mostrando momenti fugaci che spesso passano inosservati. L’assenza di colore amplifica le emozioni, concentrando l’attenzione sugli elementi essenziali come la luce, le ombre, le texture e le espressioni. Attraverso questo progetto, intendo evocare un senso di nostalgia e atemporalità, evidenziando il contrasto tra il dinamismo della vita moderna e la staticità di alcuni momenti intrappolati nel tempo. Ogni scatto è una riflessione sulla solitudine, l’anonimato e la bellezza nascosta nelle interazioni umane, negli spazi urbani e nelle architetture che popolano le città. Il bianco e nero non è solo una scelta estetica, ma un mezzo per distillare la complessità visiva delle scene urbane, portando alla luce la vera essenza dei soggetti fotografati. Con questo progetto, spero di invitare gli spettatori a osservare il mondo con occhi nuovi, riscoprendo la poesia nascosta nelle vie delle nostre città.

Claudia Fanelli, è una giovane autrice pugliese nata il 13 agosto 2002, a Bari. Appassionata di arte e fotografia. Da un anno ha iniziato a svolgere i suoi primi progetti, combattendo la sua timidezza. Ha concluso la triennale in Cinema, Fotografia e Audiovisivo, presso l’Accademia di Belle Arti di Bari. Attualmente sta frequentando il Biennio in Fotografia presso l’Accademia di Belle Arti di Bari. Affascinata dalla street photography, concentra la sua ricerca fotografica sulle persone e tagli di luce utilizzando sempre il bianco e nero a cui è molto legata.


CUPA APPARTENENZA

Cinzia Pistillo





Cupa appartenenza è il mio primo progetto fotografico, nato durante i viaggi in macchina settimanali, da Andria verso Bari. Mi è sempre piaciuto osservare dal finestrino il panorama, e in quelle mattine cupe invernali osservando questi ruderi, persi in un vasto prato verde, mi comunicavano qualcosa, sentivo un legame. Ormai ruderi, messi lì in mezzo alla natura, dove in molti casi si era riappropriata del suo spazio questo cielo cupo. Dopo più o meno due mesi di attenta osservazione e studio su come e cosa raccontare, prendendo ispirazione da tanti fotografi tra cui ad esempio Vincenzo Pagliuca, ho deciso di racchiudere quelle sensazioni in un progetto. Le abitazioni prese in studio sono collocate tra Andria e Corato, sono poste ai laterali della strada provinciale 231.

Adesso questa prima raccolta fa parte di una ricerca in fase di evoluzione sui ruderi ed ecomostri collocati lungo l’ex strada statale 98, ora denominata strada provinciale 231, che collega i paesi interni della Città metropolitana di Bari, delle province di Barletta-Andria-Trani e Foggia.


Cinzia Pistillo, giovane autrice pugliese nata il 17 luglio 2002, ad Andria, scopre la fotografia per caso attraverso l’uso della macchina fotografica compatta della mamma, e l’attrazione verso architetture e abitazioni dai lavori in pietra fatti dal padre. Attualmente sta concludendo la triennale in Cinema, Fotografia e Audiovisivo, presso l’Accademia di Belle arti di Bari. Concentra la sua ricerca fotografica in architetture, ma in particolare ruderi ed ecomostri ormai abitati dalla natura e lo sviluppo del concetto “in mezzo al nulla”.