Il tempo che ci vuole

Quanto tempo ci vuole per valutare l’efficacia di un farmaco? Il meno tempo possibile per chi sta aspettando una nuova terapia che modifichi finalmente il corso naturale di una malattia. Soprattutto quando il bisogno terapeutico è elevato è naturale che i tempi delle agenzie regolatorie appaiano tutti come tempi rubati alla cura. Il fatto però è che più il livello di incertezza è elevato, maggiore è il bisogno di approfondire se la nuova terapia offre un reale vantaggio.

Per fare un esempio concreto guardiamo il caso specifico del farmaco ataluren indicato per il trattamento della distrofia muscolare di Duchenne dovuta a mutazione non senso (interruzione precoce della trasduzione di una proteina) nel gene della distrofina nei pazienti deambulanti di età pari o superiore a 5 anni. Il medicinale è stato autorizzato al commercio nel 2014 con molte titubanze in quanto lo studio registrativo consisteva in una “prova di principio” non conclusiva e non raggiungeva l’outcome primario in maniera statisticamente significativa1. Nonostante ciò il farmaco è stato reso disponibile – e in Italia rimborsabile – a condizione di produrre nel tempo nuovi dati confermativi. L’autorizzazione condizionata ha previsto nel tempo diversi rinnovi e verifiche che rimandavano comunque alla disponibilità di nuovi dati di efficacia. Un nuovo studio di fase 32 mostrava anch’esso dei risultati negativi rispetto all’esito primario ma l’EMA rimandò la decisione questa volta in attesa di dati su una sottopopolazione specifica. Purtroppo anche quest’ultimo studio3 è risultato negativo e ha convinto il CHMP dell’EMA a formulare una raccomandazione di non rinnovo dell’autorizzazione al commercio del farmaco. L’azienda ha chiesto un riesame della decisione assunta ma ha avuto esito negativo.

Le decisioni dell’ente regolatorio europeo vengono comunicate per l’adozione finale alla Commissione Europea che eccezionalmente in questo caso, vista la rarità della patologia, ha chiesto un ulteriore esame e rivalutazione del dossier. Questa fase ha portato ad un ulteriore e più approfondita analisi da parte del CHMP tenendo conto non solo degli studi randomizzati e dei dati di sicurezza ma anche dei dati provenienti da registri, metanalisi e consultazioni con gruppi di specialisti e pazienti. L’Agenzia Europea riassume in modo dettagliato tutte le tappe della valutazione fatta sul suo sito4.

Nel riassumere il percorso regolatorio di questo medicinale mi sono perso sicuramente qualche passaggio ma il punto è che per questo medicinale – attualmente ancora in commercio in Europa e rimborsato nel nostro Paese – abbiamo avuto fino ad oggi 10 anni di discussioni e approfondimenti per arrivare ad un punto regolatorio (forse) finale. Nonostante tutte le accortezze prese non tutti sono convinti che l’EMA abbia preso la decisione giusta. In questo contesto, cercare ogni possibile conferma sembra quasi giocare a sfavore, soprattutto se si insinua il dubbio che chi valuta non l’abbia fatto con il giusto rigore. A ciò si somma il pessimo segnale, a mio modo di vedere, dato dalle recenti iniziative che provano a spostare la decisone finale sul piano politico a prescindere dai giudizi tecnici degli enti regolatori.

L’esempio trattato serve unicamente a sottolineare quanto il tema della velocità di valutazione nei processi regolatori sia un’arma di distrazione di massa. La risposta alla domanda iniziale personalmente mi verrebbe da darla riprendendo il titolo di un recente bel film della Comencini: il tempo che ci vuole. 


BIBLIOGRAFIA

1. Finkel RS, et al. PLoS 2013.

2. McDonald CM, et al. Lancet. 2017.

3. McDonald CM, et al. Neurology 2023.

4. https://www.ema.europa.eu/en/news/translarna-ema-re-confirms-non-renewal-authorisation-duchenne-muscular-dystrophy-medicine

Le opinioni espresse dall’autore sono personali  e non riflettono necessariamente quelle  dell’istituzione di appartenenza.


Antonio Addis

Dipartimento di Epidemiologia, Regione Lazio – a.addis@deplazio.it