Generici e mercato

Sui vecchi farmaci a brevetto scaduto sappiamo praticamente tutto. Sappiamo ad esempio che nel 2015 rappresentavano il 76% circa delle dosi prescritte nel SSN al di fuori degli ospedali e il 46% della spesa. Sappiamo anche che la maggior parte della prescrizione (i due terzi circa) riguarda gli originatori “branded” (con nome di fantasia), mentre gli equivalenti “unbranded” (identificati con il nome del principio attivo) rappresentano il terzo rimanente del mercato dei farmaci a brevetto scaduto. Sappiamo poi che, quando nel mercato entrano numerose aziende, si crea competizione e si riducono i prezzi. Solo per citare due esempi, in Italia l’atorvastatina è passata da 49,41 euro per 30 compresse da 20 mg a 7,96 euro (una riduzione dell’84%), mentre per l’omeprazolo il calo è stato da 26,17 euro per 14 compresse da 20 mg a 6,07 (–77%). Grazie a questi cali nei prezzi si è riusciti a tenere sotto controllo la spesa farmaceutica territoriale, nonostante il raddoppio di farmaci prescritti fra il 2000 e il 2015: da 570 a circa 1050 dosi ogni 1000 abitanti ogni giorno.
Perché allora, se ne sappiamo così tanto, il New York Times ha deciso di chiedere a tre dei più autorevoli esperti di politiche del farmaco di fare una riflessione sul tema dei farmaci generici? La ragione è che il prezzo di alcuni farmaci a brevetto scaduto può non solo smettere di diminuire ma subire incrementi notevoli. In altri casi poi, si può anche arrivare a una carenza nella disponibilità dei vecchi farmaci. Cosa si può fare per provare a prevenire o risolvere questi problemi?
Tutto è partito dal riconoscimento che negli Usa si sono realizzati negli ultimi anni incrementi rilevanti dei prezzi di alcuni farmaci a brevetto scaduto. Il caso più eclatante è forse quello creato da Martin Shkreli, un giovane rampante che, dopo avere comprato una società che deteneva la proprietà della pirimetamina, un vecchio farmaco per il trattamento della toxoplasmosi, ha deciso, da un giorno all’altro, di aumentare il prezzo di 55 volte: da 13,50 a 750 dollari per compressa. Naturalmente, senza che vi fosse alcuna motivazione basata sull’aumento dei costi di produzione.
A partire da questa situazione limite, gli autori dell’articolo del NYT ne citano diverse altre. Il comune denominatore è rappresentato dalla relativa mancanza di produttori nel mercato Usa e quindi dalla creazione di condizioni di monopolio. Ad esempio, nel caso della pirimetamina, il farmaco è largamente disponibile sul mercato mondiale – dal Canada all’Australia alla Gran Bretagna – a prezzi di circa 1$ a compressa. Semplicemente, quindi, le regole Usa non consentono a questi produttori di accedere liberamente e di far funzionare il mercato.
Nei corsi introduttivi di economia viene spiegato che il mercato è una istituzione e, come tutte le istituzioni, ha bisogno di regole per funzionare. La principale di queste regole è tesa a garantire che ci sia, in ogni momento, libero accesso, per evitare di avere a che fare con un unico produttore di beni o di servizi. In situazioni di monopolio, infatti, tutto il (nostro) potere contrattuale si azzera e ci troviamo nella situazione descritta dal proverbio “o mangi questa minestra o salti dalla finestra”.
I danni derivanti dalle situazioni di monopolio non riguardano solo l’aumento dei prezzi, ma si estendono all’insorgenza di carenze, cioè alla scomparsa dal mercato (per tempi più o meno lunghi) di alcuni farmaci. Carenze possono avvenire perché un’azienda può avere interesse a mettere fuori mercato un vecchio prodotto e spostare l’uso verso prodotti nuovi e più costosi anche se non necessariamente più efficaci. Ma possono anche insorgere perché, in presenza di prezzi amministrati troppo bassi, può mancare l’interesse per altre imprese di entrare nel mercato e produrre il farmaco di cui ci sarebbe bisogno.
In Italia non dobbiamo per il momento affrontare emergenze come quella di un aumento di 55 volte nel prezzo di un farmaco. Non per questo si deve stare tranquilli, in quanto aumenti di rilievo potrebbero verificarsi per i farmaci di fascia C (non sottoposti ai prezzi amministrati). Poi perché in situazioni di sostanziale monopolio (o di mancata penetrazione di nuove aziende) non si realizzano le riduzioni di prezzo messe in evidenza all’inizio. E, infine, perché il fenomeno delle carenze è presente anche da noi.
Come fare per superare questa situazione? Le proposte avanzate dai tre autori si applicano anche al caso italiano. La prima è di tenere sotto controllo il mercato e fare scattare un segnale di allarme ogni volta che il numero di aziende produttrici scende sotto un numero critico (almeno 3 aziende secondo l’articolo del NYT). La seconda è di rivedere le norme che possono costituire barriere all’accesso, ad esempio facilitando l’approvazione dei farmaci generici e semplificando le modalità di acquisto dall’estero.
In aggiunta alle proposte appena accennate, per quanto riguarda la specificità della situazione italiana, la presenza di carenze di produzione potrebbe dipendere da prezzi che non sono “interessanti” per il mercato e/o da barriere all’accesso. Una soluzione potrebbe essere individuata nel ricorso a un meccanismo di asta teso a identificare il prezzo al quale le aziende sarebbero disponibili a produrre una quantità predefinita di farmaci.
In generale, è importante mantenere attenzione su questo tema. Magari anche commissionando studi aggiuntivi e maggiori conoscenze sui modi per evitare la creazione di monopoli nel settore dei farmaci a brevetto scaduto.
Sapendo che non c’è nulla di “naturale” in un mercato ben funzionante, e ciascuno di noi, in particolare se assomiglia come carattere a Shkreli, potrebbe avere interesse proprio a un mercato che non funziona. In fondo, come ricordava Adam Smith ‘…raramente accade che operatori dello stesso ramo del commercio si incontrino, anche solo per svago, senza che la conversazione finisca per trasformarsi in una cospirazione ai danni del pubblico o in un’intesa per alzare i prezzi…’
(
Ricchezza delle nazioni, libro 1 capitolo 10).
Giuseppe Traversa
Centro nazionale di epidemiologia
Istituto Superiore di Sanità
giuseppe.traversa@iss.it


BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO
http://healthaffairs.org/blog/2016/02/23/addressing-generic-drug-unaffordability-and-shortages-by-globalizing-the-market-for-old-drugs/

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