Bagno di lana


Tra le mille giornate della medicina non poteva mancare quella dell’omeopatia che proprio nel vedersi in questo originalissimo calendario delle sfighe potrà trovare conferma d’esser Scienza.
Ogni 11 aprile ci sarà dunque ricordato che un italiano su cinque fa ricorso alle diluizioni di Hahnemann (che da centesimali sono diventate ormai cinquantamillesimali ma, si sa, c’è la crisi).
Che ventidue volte su 100 il consiglio viene dal farmacista, ma in questo caso nessuno protesta per lo sconfinamento professionale. Che quasi nessuno resta perplesso di fronte a quel 30 per cento di medici regolarmente iscritti all’Ordine che prescrive acqua fresca. Che il mondo sanitario non sembra conoscere mezze misure: per il dolore si prescrivono oppiacei o pulsatilla e per l’influenza la scelta è tra tamiflu e belladonna. Che cala la popolarità dei fiori di Bach e cresce quella dell’arnica, forse perché la medicina alternativa fiorisce al confine e in montagna, come testimonia il successo che riscuote nei territori ricchi e di frontiera. Che la Regione Toscana dell’entusiasta vicepresidente Stefania Saccardi è fiera del Centro di medicina integrata aperto a Pitigliano che garantisce omeopatia a pazienti oncologici e in corso di riabilitazione post-ictus. Che anche l’Azienda sanitaria di Bolzano ha voluto assicurare “cure” complementari ai malati di cancro e ai pazienti cronici.
Mai più senza libertà di scelta sul come curarsi. Se la salute è globale dev’esserlo anche la terapia. Non c’è bisogno di prescrizione neanche per la lana della val d’Ultimo, particolarmente pregiata perché andava a spasso su esemplari che pascolano in alta quota.
“È un toccasana per la stimolazione della microcircolazione, ma anche per la cura di dolori cronici. È ben tollerata da ogni tipo di pelle e ha un effetto emolliente. (…) L’utilizzo della lana per la cura del corpo è spesso consigliato anche e soprattutto per la cura dei dolori reumatici, dolori al collo, artrosi, dolori muscolari e nevralgie.” Ti ci devi metter dentro, alla lana, meglio se in un
resort in quota e “accompagnato da una fumigazione con erbe di montagna locali, che purificano lo spirito e facilitano un profondo rilassamento.”
Non è necessaria diluizione, in questo caso.
Tutt’al più quella potrà esser suggerita per il traminer di Elena Walch che non potremo non assaggiare, che dopo tutto guardi dall’alto la strada del vino.
È praticamente sicuro che staremo meglio: inutile discutere della differenza tra cura e guarigioni. Dopotutto, son questioni di lana caprina.
Ldf
luca.defiore@pensiero.it