dalle altre riviste





MIGLIORARE L’APPROPRIATEZZA DELLA PROFILASSI ANTIBIOTICA CHIRURGICA IN PEDIATRIA

Le infezioni post-operatorie causano un significativo aumento dei costi e del tempo di ospedalizzazione. Tuttavia una profilassi, con una tempistica errata, o ad ampio spettro, aumentano il rischio di resistenze o di fallimento della profilassi stessa. Inoltre, la profilassi non è indicata per tutti i tipi di intervento. Per questo motivo in tre centri ospedalieri pediatrici è stata valutata la correttezza dell’indicazione alla profilassi e l’appropriatezza (scelta dell’antibiotico, tempistica, e durata di somministrazione). Successivamente è stata testata una strategia di intervento per migliorare la profilassi e la persistenza dell’effetto. Lo studio era suddiviso in tre parti: il pre-intervento nel quale si valutava la normale pratica clinica, il post-intervento e il follow-up. Solo gli interventi di chirurgia elettiva sono stati inclusi nello studio. La correttezza dell’indicazione alla profilassi è leggermente migliorata da 82% nel pre-intervento a 87% nel post-intervento (p<0,05), mentre l’appropriatezza è aumentata da 20% a 36%. Tuttavia soltanto l’appropriatezza era migliorata dopo i 9 mesi di follow-up, mentre la correttezza per l’indicazione alla profilassi non era diversa rispetto al pre-intervento. La componente dell’appropriatezza più difficile da modificare è risultata la durata del trattamento, troppo lunga nel 39% dei casi.
Sebbene lo studio mostri un miglioramento dell’appropriatezza, non ha migliorato a lungo termine la correttezza dell’indicazione alla profilassi, e solo parzialmente la durata del trattamento, è quindi necessario migliorare le strategie per avere un impatto anche su questi due esiti. (Daniele Piovani)
Fonte: Ciofi Degli Atti M, Alegiani SS, Raschetti R, et al.; APACHE Study Group. A collaborative intervention to improve surgical antibiotic prophylaxis in children: results from a prospective multicenter study. Eur J Clin Pharmacol 2017; 73: 1141-7.




PER LIMITARE I RICOVERI INAPPROPRIATI È NECESSARIO GARANTIRE LE CURE PRIMARIE AI MIGRANTI SENZA PERMESSO DI SOGGIORNO

Non avere accesso alle cure primarie, o avere un accesso ristretto, espone le persone migranti senza permesso di soggiorno a un maggior rischio di ricoveri ospedalieri inappropriati che meglio sarebbero gestiti dalla medicina di base. E, oltre a costituire un uso inappropriato di risorse, rappresenta un rischio per la loro salute. È quanto argomentano gli autori dello studio sulla base dei dati relativi a oltre 85.300 ricoveri, di cui oltre 72.200 di migranti regolari – iscritti al Servizio Sanitario Nazionale (SSN) – e 13.000 di migranti senza permesso di soggiorno – cioè con codice STP (straniero temporaneamente presente). I ricoveri sono stati effettuati in 10 anni (2003-13) dagli ospedali presenti in Sicilia. I dati, raccolti tramite i flussi informativi relativi alle dimissioni ospedaliere, comprendevano: genere, età, area geografica di origine, reparto e durata del ricovero, diagnosi alla dimissione, invio alla dimissione. Gli autori si appellano al SSN affinché sia garantito alle persone senza permesso di soggiorno il più alto livello di accessibilità agli ospedali, alle cure primarie e alla prevenzione, e sottolineano la necessità di interventi a livello locale per rispondere ai bisogni di salute delle persone più difficilmente raggiungibili dal SSN.
Lo studio è interessante anche alla luce dei pochi dati disponibili su accesso al SSN e stato di salute dei migranti senza permesso di soggiorno. Sarebbe interessante un aggiornamento che tenesse conto di chi arriva oggi in Italia: sempre più spesso richiedenti protezione internazionale, profilo giuridico che determina la possibilità di iscriversi al SSN, che decade se la richiesta di protezione è negata. (Cinzia Colombo)
Fonte: Mipatrini D, Pollina Addario S, Bertollini R, et al. Access to healthcare for undocumented migrants: analysis of avoidable hospital admissions in Sicily from 2003 to 2013. Eur J Public Health 2017: 27: 459-64.




SICUREZZA DEGLI ANTICOAGULANTI ORALI

II confronto su efficacia e sicurezza della warfarina con i nuovi anticoagulanti ad azione diretta (dabigatran, rivaroxaban e apixaban) è stato condotto in vari studi clinici controllati di grandi dimensioni e su registri amministrativi. Esiste ormai un consenso generale sulla sostanziale equivalenza di warfarina rispetto ai DOAC (direct oral anticoagulants) in termini di efficacia. Per efficacia si intende comunemente la prevenzione dell’ictus nei pazienti con fibrillazione atriale, una causa importante di morbi/mortalità, soprattutto nella popolazione anziana. Il profilo di sicurezza delle due classi di farmaci è pure considerato comparabile. Il costo invece è molto diverso: i DOAC hanno un costo molto superiore della warfarina, tale per cui è richiesto un piano terapeutico per la loro prescrizione nell’ambito del Sistema Sanitario Nazionale. I costi dei DOAC sono destinati, come per tutti i farmaci, a ridursi nel tempo, con la scadenza dei brevetti e la comparsa dei generici. In questo contesto si inserisce questo studio che, analizzando un data base della Organizzazione Mondiale della Sanità sulle reazioni avverse da farmaci, ha identificato 32.972 segnalazioni attribuite a DOAC o a warfarina in pazienti con fibrillazione atriale non valvolare. In breve, ai DOAC era associato un aumento di rischio di emorragie gastrointestinali del 60%, mentre quelle cerebrali erano ridotte del 70%. I limiti del lavoro sono: nessun dato di efficacia del trattamento e sottostima del rischio reale insito in queste segnalazioni spontanee da parte dei medici. Un altro studio su 55.644 pazienti da un registro norvegese ha mostrato che non esistevano differenze significative né in termini di sanguinamento né di eventi troboembolici tra i vari DOAC e rispetto alla warfarina. In conclusione, studi di registro come questo potranno forse generare ipotesi da verificare prospetticamente, anche se la diffusione dei DOAC è una attualità e non sarà alterata per questo. (Roberto Latini)
Fonte: Monaco L, Biagi C, Conti V, et al. Safety profile of the direct oral anticoagulants: an analysis of the WHO database of adverse drug reactions. Br J Clin Pharmacol 2017; 83 1532-43.




MALATTIE RESPIRATORIE CRONICHE NELLA POPOLAZIONE ITALIANA ADULTA

Una dettagliata sorveglianza dei fattori comportamentali di rischio è necessaria per monitorare i programmi di prevenzione delle malattie croniche. PASSI è un progetto attivo dal 2007, che ha l’obiettivo di mettere a disposizione di Regioni e Aziende sanitarie locali (Asl) una sorveglianza dell’evoluzione di questi fenomeni nella popolazione adulta (18-69 anni). Vengono qui presentati i risultati della sorveglianza svolta nel triennio 2013-15 incentrata sui soggetti che riferivano una diagnosi di malattia respiratoria cronica (MRC).
Il personale del pool di Asl partecipanti ha intervistato telefonicamente 108.705 soggetti. Tra questi, il 7% riferiva una diagnosi di MRC, 3,4% una diagnosi di asma, 2,6% di bronchite cronica, mentre l’1,0% riferiva una sindrome associata sia alla bronchite cronica che all’asma. Erano più frequentemente fumatori rispetto al resto degli intervistati (31% vs 25,2%, p<0,001), erano più frequentemente sovrappeso (52,4% vs 41,4%, p=0,009), e 42% di essi dichiarava di non svolgere attività fisica vs il 36,4% del gruppo controllo (p=0,009). Tali associazioni persistevano anche nelle analisi multivariate aggiustate per i fattori confondenti demografici e socio-economici principali. Questi soggetti risultavano avere una corretta percezione delle problematiche associate al sovrappeso e alla sedentarietà, sebbene avessero ricevuto un’appropriata informazione a riguardo. Gli adulti italiani con MRC hanno maggiori probabilità di essere esposti a fattori aggravanti, ma sono anche ben informati delle loro condizioni e sono suscettibili di cambiare comportamento. Poiché sono disponibili interventi efficaci per modificare questi fattori, vi è l’opportunità di ridurre il carico significativo di malattia attraverso interventi mirati di promozione della salute in questi soggetti, considerando che in Italia si contano ancora circa 16.000 decessi/anno attribuibili a MRC.
(Liliane Chatenoud)
Fonte: Ferrante G, Baldissera S, Campostrini S. Epidemiology of chronic respiratory diseases and associated factors in the adult Italian population. Eur J Public Health 2017; 27: 1110-6.