Perché insistere sulla trasparenza dei prezzi
Giuseppe Traversa
Centro di ricerca e valutazione dei farmaci, Istituto Superiore di Sanità
giuseppe.traversa@iss.it


Diciamo la verità. Era completamente inatteso che l’Assemblea mondiale della sanità, organismo al quale aderiscono oltre 190 Paesi, approvasse alla quasi unanimità una risoluzione a sostegno di una maggiore trasparenza del prezzo dei farmaci1. Poi, certo, siccome sono necessari anche altri interventi per renderla operativa, vale la pena di continuare a riflettere sulle obiezioni che seguitano a manifestarsi.
Forse la più insidiosa è che la risoluzione non sarebbe nell’interesse dei Paesi, in particolare se a basso reddito. Informazioni oggi mantenute confidenziali sui prezzi negoziati consentirebbero di praticare prezzi inferiori proprio nei Paesi con reddito medio-basso, mentre in presenza di trasparenza sarebbero i cittadini di questi Paesi a essere penalizzati. Evidentemente, questo argomento non ha convinto proprio i Paesi interessati, i quali si sono espressi convintamente a favore della risoluzione. Se dovessimo giudicare la bontà di un sistema di prezzi non trasparenti dalla capacità di garantire l’accesso ai farmaci nei Paesi con reddito medio-basso, bisognerebbe ammettere che l’attuale mancanza di accesso è la prova di un fallimento.
È chiaro che non si può escludere che per singoli farmaci, e in singoli Paesi, la confidenzialità della negoziazione dei prezzi consenta di ottenere prezzi più bassi. Tuttavia, gli unici detentori delle informazioni sui prezzi praticati nei vari Paesi sono le aziende farmaceutiche e non i servizi sanitari. In questo contesto, una dichiarazione del tipo “in Italia abbiamo prezzi più bassi degli altri Paesi…” è un’affermazione gratuita, impossibile da verificare. Fra l’altro, se fosse vera, implicherebbe che Paesi europei con reddito minore del nostro pagano i farmaci a un prezzo superiore: esattamente il contrario della motivazione a tenere i prezzi confidenziali.
Talvolta, si sostiene anche che, almeno in Italia, i prezzi sono noti/conoscibili, in quanto basta spulciare le gazzette ufficiali che pubblicano le condizioni negoziali in vigore per gli acquisti da parte delle strutture del SSN. Così, tuttavia, non si coglie il punto della questione: che la risoluzione ambisce a cambiare una prospettiva per tutti i Paesi del mondo, e non dovrebbe essere letta attraverso lenti provinciali.
Si è anche sostenuto che, se l’obiettivo è quello di garantire una equa remunerazione dell’innovazione terapeutica e la sostenibilità dei servizi sanitari, non è la trasparenza dei prezzi a livello internazionale il problema principale di cui occuparsi. Tendo a concordare con questa posizione, ma con un’annotazione. Lo stimolo arriva dalla lettura di un bel libro, che potrebbe essere consigliato a tutti coloro che si occupano di farmaci: La cura della concorrenza2. In nessun punto del libro gli autori rivendicano alle attività antitrust il merito di garantire la disponibilità di farmaci efficaci per i cittadini, all’interno di sistemi sostenibili. Anzi, si richiama la necessità che siano le autorità regolatorie del farmaco a garantire la “fisiologia” del sistema. Questo non toglie che siano necessarie le regolamentazioni antitrust per sanzionare condotte “patologiche”, come nel caso degli accordi riservati fra aziende per aggirare la concorrenza e tenere prezzi più elevati. La mancanza di informazioni non aiuta né le Autorità regolatorie del farmaco né quelle antitrust. Dovrebbe essere responsabilità di chi propone di restringere le informazioni portare le prove di un interesse generale. Negli altri casi, un po’ più di luce non può che fare bene.

BIBLIOGRAFIA
1. Reggi V. Ginevra approva la proposta italiana di trasparenza sui prezzi dei farmaci. Ricerca & Pratica 2019; online: www.ricercaepratica.it/r.php?v=&a=31489&l=337452&f=allegati/00000_0000_00/fulltext/31489_Politichedelfarmaco_Reggi_Anticipazione.pdf
2. Arnaudo L, Pitruzzella P. La cura della concorrenza. Roma: Luiss University Press, 2019.


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