Una promessa non mantenuta?
Medicina di precisione e anticorpi monoclonali

La medicina di precisione (MP) è un approccio emergente per il trattamento di una malattia e la sua prevenzione principalmente focalizzato sulla variabilità genetica individuale, a prescindere dalle variabili ambientali e dallo stile di vita. La MP riflette nel modo migliore tutte le aspettative sollevate dalle terapie farmacologiche più avanzate in fase di sviluppo. Diversamente dalle definizioni ‘concorrenti’ esistenti (ad esempio, medicina personalizzata), la MP ha l’obiettivo di stratificare (piuttosto che personalizzare) le terapie farmacologiche per sottogruppi di pazienti che presentano la caratteristica genetica in oggetto, superando il tradizionale paradigma farmacologico ‘stesso dosaggio per tutti’. La farmacogenomica, ovvero lo studio dell’influenza delle diversità genetiche sulle risposte al farmaco, dovrebbe contribuire a identificare ‘il farmaco giusto alla giusta dose per il giusto paziente’. Influenzando o prevedendo la risposta al trattamento, la MP dovrebbe ottimizzare l’efficacia e la sicurezza dei farmaci somministrati in funzione del profilo genomico del paziente, idealmente massimizzando le risposte farmacologiche e minimizzando gli effetti collaterali. Poiché i tumori tendono a crescere in relazione a caratteristiche genetiche, il loro trattamento è stato finora l’ambito oggetto di maggiore ricerca della MP. Tuttavia, le aspettative di più lungo periodo della MP riguardano le terapie farmacologiche per tutte le malattie.
Gli anticorpi monoclonali (AM) sono farmaci di ultima generazione che maggiormente rispondono al paradigma della MP. Approvati in numeri record (con un tasso doppio di successo rispetto alle molecole tradizionali) e sempre a prezzi assai elevati, gli AM sono indicati per molti tumori (il loro principale campo di applicazione) e per patologie croniche. L’industria farmaceutica prevede che i marcatori biologici – molecole presenti nel corpo umano che sono indicatori di processi normali o anomali – giochino un ruolo prioritario nell’utilizzo degli AM per un loro trattamento ottimale nella pratica clinica. Il primo esempio emblematico di una ‘terapia bersaglio’ in oncologia è stato il trastuzumab (con HER2 come marcatore biologico in caso di cancro al seno), seguito dal cetuximab (con EGFR e KRAS in caso di cancro colon rettale). Al fine di valutare il trend generale degli AM e la loro effettiva relazione con la MP, abbiamo analizzato le principali caratteristiche dei 68 AM approvati nell’Unione Europea (UE) negli ultimi due decenni (1998-2018).

Indagine sugli anticorpi monoclonali
Dopo un lento decollo, il numero degli AM approvato da EMA (l’Agenzia Europea del Farmaco) è decisamente aumentato negli ultimi cinque anni. La maggioranza degli AM approvati nel secondo decennio sono umani o umanizzati, un trend che dovrebbe ridurre le reazioni allergiche e migliorare gli effetti clinici. La percentuale degli AM indicati per i tumori è ancora la più elevata, sebbene sia lievemente diminuita nell’ultimo decennio. I rapporti pubblici europei di valutazione della metà dei 26 AM antitumorali approvati non riportano alcun marcatore biologico. I biomarcatori sono riportati più frequentemente nel caso degli AM approvati per i tumori solidi, lievemente più numerosi di quelli per i tumori del sangue, essendo questi ultimi notoriamente più curabili di quelli solidi con molecole tradizionali. Dei nove marcatori biologici indicati nei rapporti europei, tutti tranne uno (cromosoma Filadelfia) sono proteine e gli unici ‘test di accompagnamento’ esplicitamente citati in tutti i rapporti sono ancora quelli dei biomarcatori correlati ai due AM precursori (vedi sopra). Molti degli AM più recenti non antitumorali presentano indicazioni sovrapponibili. Peraltro, per nessuno fra i 42 AM non antitumorali fino ad oggi approvati viene indicato uno specifico biomarcatore (e quindi un test di accompagnamento) nei rapporti europei.

DALLA TEORIA ALLA PRATICA

Medicina di precisione
Focalizzata sulla biologia, piuttosto che su altre variabili quali stili di vita o ambiente, la MP si presenta come scienza estrema e la sua promessa completa và ben al di là delle terapie mirate per sottogruppi specifici di pazienti, includendo la capacità di identificare individui sani ad elevato rischio e individuare per essi anche specifiche misure di prevenzione. L’assunto base della MP è che la genetica è il fattore fondamentale per la maggior parte delle condizioni di salute; di conseguenza le malattie sono principalmente influenzate dalla composizione genetica umana. I progressi nella caratterizzazione delle differenze individuali a livello di sequenze genomiche dovrebbero permettere di estendere il campo di applicazione della MP dalle malattie rare monogeniche alle patologie più comuni e geneticamente complesse. Sebbene malattie quali tumori al polmone e diabete siano prevalentemente una conseguenza dello stile di vita, le variazioni genetiche ereditarie sono comunque considerate la loro causa principale.
Sfruttata con successo politicamente dal precedente Presidente degli Stati Uniti per ‘battezzare’ un’importante iniziativa di ricerca, la MP ha suscitato grandi aspettative, in quanto ‘arma’ che sconfiggerà la maggior parte delle malattie umane nei prossimi decenni e trasformerà definitivamente la medicina da arte a scienza. Tuttavia, i risultati clinici finora raggiunti non sono poi stati così incoraggianti come ci si attendeva. C’è ancora un abisso fra l’identificazione di una suscettibilità genetica e lo sviluppo di farmaci sicuri ed efficaci. E, in assenza di terapie, il valore della diagnosi o della stratificazione del rischio sono oggettivamente molto limitati. Inoltre, la combinazione di vari indicatori di rischio non implica necessariamente il risultato di fornire informazioni clinicamente significative e molta variabilità nell’efficacia terapeutica non è così indiscutibilmente correlata alla genetica. Pertanto, indipendentemente dai limitati progressi attuali della MP, un successo completo appare comunque assai improbabile.
Specialmente nel caso dei tumori, tuttora il campo principale di applicazione della MP, le mutazioni genetiche sono talmente numerose e evolvono in modo così eterogeneo nella maggior parte dei pazienti da rendere praticamente impossibile trovare due tumori identici in natura. Ecco perché gli interventi chirurgici sono tuttora fondamentali, essendo il solo modo di rimuovere immediatamente questa diversità cellulare dal corpo dei pazienti. Vi sono valide ragioni scientifiche per non credere nell’esistenza di cure miracolose per il cancro. Quindi, qualora valutato obiettivamente, il potenziale della MP in oncologia fa riflettere; nella migliore delle ipotesi è lecito attendersi risposte di breve termine (e inevitabilmente tossicità) in una piccola percentuale di pazienti e a costi elevati. Molti dei recenti successi contro il cancro derivano ancora da tradizionali misure di sanità pubblica (ad esempio, screening e diagnosi precoce). Tuttavia, sebbene le terapie mirate abbiano fino ad oggi prodotto benefici limitati per la sopravvivenza, molto probabilmente a causa della natura adattativa dei tumori, la MP tuttora promette di accoppiare i pazienti ai farmaci sulla base di test genetici e indipendentemente dall’origine del tessuto tumorale.

Anticorpi monoclonali
La nostra indagine sugli AM approvati nella UE ha confermato che nella pratica la definizione delle priorità dei pazienti è ancora un grosso problema, dal momento che nella maggior parte dei casi mancano i biomarcatori e comunque sono sempre gli stessi per i pochi AM per i quali vengono riportati. Dopo due decenni il mantra dell’industria ‘nessun farmaco senza biomarcatore’ è stato in pratica raramente confermato (nel caso degli AM antitumorali) o totalmente negletto (per i rimanenti AM). Le terapie mirate sono ancora il limite principale della MP e nella maggior parte dei casi si continua a fare ricorso allo ‘stesso dosaggio per tutti’.
In oncologia vi sono attualmente 343 AM (60% del totale) in fase di sperimentazione sull’uomo e la tendenza attuale è quella di trattare con terapie combinate i tumori con diversi siti di origine, piuttosto che stratificare le terapie per lo stesso tumore. Questa tendenza dovrebbe contribuire a aumentare ancora i già elevati rendimenti generati dagli AM antitumorali, grazie ai loro prezzi esorbitanti, probabilmente distorcendo ulteriormente gli investimenti verso questo campo, magari anche a scapito di ricerche promettenti in altre aree terapeutiche.

COMMENTO
I critici sostengono che la MP continua ad alimentare aspettative irrealistiche, distogliendo risorse e quindi impedendo di affrontare fattori di rischio diffusi quali l’alcolismo, il fumo e l’obesità. Sebbene sia noto che molte patologie derivano da stili di vita non salutari e condizioni socio-economiche precarie, le ambizioni dei ricercatori e i canali di informazione supportano senza sosta le discutibili promesse della MP, mantenendo alto l’interesse dei grandi finanziatori. I sostenitori della MP farebbero comunque meglio a moderare la loro narrativa dei miglioramenti radicali e comunicare attraverso i media un insieme più realistico di aspettative al grande pubblico, in linea con la natura incrementale del progresso scientifico.
In attesa di colmare il gap fra le eccessive aspettative sollevate dalla MP e i limitati risultati fino ad oggi raggiunti, è oramai evidente che, in questo periodo di crisi economica senza fine, la spesa farmaceutica sta diventando sempre più insostenibile per le autorità sanitarie anche nella maggior parte dei Paesi a elevato reddito, e l’Europa non fa eccezione. La spesa farmaceutica, come qualsiasi altra spesa, è determinata da prezzi e quantità e i primi sono sempre più fuori controllo. Questo fenomeno era relativamente facile da prevedere in una classica situazione di ‘fallimento del mercato’, in cui i prezzi non possono per definizione fare incrociare domanda e offerta in modo concorrenziale. Dal momento che tutti i prezzi dei farmaci sono necessariamente fissati tramite decisioni arbitrarie, gli inevitabili risultati non possono che essere una distorsione dei prezzi relativi e in ultima analisi un’allocazione irrazionale delle risorse finanziarie in ambito farmaceutico, dagli investimenti in ricerca a monte alla spesa sanitaria a valle.
L’industria farmaceutica è prevalentemente privata e la negoziazione di prezzi elevati per nuovi farmaci (quali gli AM) è un fattore cruciale di successo, fondamentale per generare sostanziosi ritorni degli investimenti in ricerca e sviluppo e quindi massimizzare i profitti in tutte le nazioni UE. In questo scenario, la MP contribuisce a creare una situazione ideale per la discriminazione di prezzi fra nuovi farmaci sovrapponibili e gli AM antitumorali possono essere considerati un esempio emblematico di prezzi sempre meno sostenibili. A causa della natura emozionale delle patologie tumorali, le autorità sanitarie faticano a resistere alla richiesta di rimborsare i nuovi farmaci, nonostante la loro efficacia sia spesso marginale. Di conseguenza, le aziende farmaceutiche hanno un incentivo evidente a investire in nuove terapie antitumorali, indipendentemente dal loro reale impatto sulla sopravvivenza e sulla qualità della vita dei pazienti.
In questa sede sosteniamo che è arrivato il momento di smettere di fissare in modo arbitrario i prezzi dei nuovi e costosissimi farmaci, al fine di limitare la distorsione nell’allocazione delle risorse finanziarie in ambito farmaceutico. In un contesto di ‘fallimento del mercato’, difficilmente (per non dire mai) i prezzi possono essere concorrenziali, quindi il loro impatto sulla spesa farmaceutica dovrebbe essere minimizzato. Livellare i prezzi per un numero limitato di classi terapeutiche e fissare un tetto di spesa rispettando i budget annuali dovrebbe diventare la ‘giusta ricetta’ per controllare la spesa farmaceutica in futuro. Essendo molto complesso (forse anche impossibile) classificare le terapie in base all’importanza delle patologie correlate, ancora più difficilmente differenziabili sono i benefici indotti dai farmaci attraverso la fissazione dei loro prezzi. Volendo sforzarsi di ristabilire un equilibrio di lungo periodo fra obiettivi pubblici dei servizi sanitari e incentivi privati dell’industria farmaceutica, aumentando quindi la sostenibilità della spesa farmaceutica in tutti i Paesi UE, la priorità dovrebbe essere data alla definizione di budget di spesa razionali, e non alla fissazione di prezzi per prodotto irrazionali. In questa prospettiva, potrebbe destare assai meno sospetti anche la letteratura che solleva ragionevoli aspettative di miglioramento nella salute dei pazienti raggiungibili nel lungo periodo grazie al concetto di MP e a terapie come gli AM.

Fonte: Garattini L, Padula A. Precision medicine and monoclonal antibodies: breach of promise? Croat Med J 2019; 60: 284-9.


Centro di Economia Sanitaria
A. e A. Valenti (CESAV)
Villa Camozzi, Ranica (BG)
livio.garattini@marionegri.it



Siamo “Nati per leggere”
Nati per Leggere (NpL) nasce il 6 novembre 1999 dall’idea di un pediatra, Salvo Fedele, e dall’alleanza tra l’Associazione Culturale Pediatri (ACP), l’Associazione Italiana Biblioteche (AIB) e il Centro per la Salute del Bambino ONLUS (CSB).
Qualche anno fa, l’American Academy of Pediatrics ha affermato che la lettura in famiglia è la singola attività più efficace ai fini dello sviluppo del bambino e nel 2014 ha raccomandato ai pediatri una politica di implementazione della promozione della lettura in famiglia negli ambulatori dei pediatri, durante i bilanci di salute, come strumento di intervento precoce efficace. Nel 2017 l’OMS nella elaborazione del Mental Health Atlas ha inserito il programma di NpL come mezzo di prevenzione per la salute mentale infantile in Italia. Negli ultimi anni, infine, le buone pratiche di NpL sono state codificate a livello internazionale nell’Early Child Development (ECD) e nella cornice della Nurturing Care.



Leggere in famiglia è una cura, nutre lo sviluppo intellettivo dei bambini, la loro intelligenza e adattabilità, li prepara al meglio alla vita, ed è anche un utilissimo, ma ancora troppo spesso trascurato strumento di prevenzione per i pediatri, che attraverso un libretto possono capire molte cose di un bambino e della sua famiglia. I pediatri sono il grande valore del programma, ma sono ancora pochi, e le società scientifiche italiane stentano a riconoscere appieno il valore della lettura in famiglia. Non cogliere questa opportunità è come non vaccinare. Oggi, dopo venti anni, evidenze consolidate ci sono sull’utilità ed efficacia degli interventi di NpL.
La lettura fa da contraltare all’abuso delle nuove tecnologie, ai disturbi del linguaggio e del comportamento che spesso ne conseguono, alla povertà educativa e all’aumento delle diseguaglianze in salute, come pure alle famiglie in difficoltà, con situazioni di stress tossico e logorante condivisione. NpL risponde con una “trasfusione” di saperi, costante e laboriosa, tra persone formate in contesti molto diversi (non solo pediatri e bibliotecari: il logo di NpL è firmato da Altan), a dare forma e vita a un progetto tanto innovativo quanto semplice.
Dall’ultima rilevazione nazionale i pediatri NpL sono 1673; le biblioteche NpL 2243, 1869 nidi, 3180 scuole dell’infanzia, 6368 volontari, 1820 i Comuni, 7 le amministrazioni regionali.
Il 50% delle famiglie italiane ha avuto contatti con NpL e il 30% dei nuovi nati è stato raggiunto dal programma.
Un pediatra che aderisce a NpL è formato alla promozione della lettura nella pratica clinica quotidiana, con il valore aggiunto della forte autorevolezza esercitabile sulle famiglie. Consiglia libri, informa e “forma” i genitori sull’importanza di questa buona pratica, per quanto riguarda i benefici sullo sviluppo cognitivo, emotivo e relazionale del bambino.
Questi pediatri sanno utilizzare il libro come strumento di valutazione dello sviluppo del bambino. Ma come, e quando, si legge a un bambino? Si comincia a “leggere” fin da subito, anche dalla nascita, o durante la gravidanza, quando la voce della mamma e del papà che raccontano o leggono già promuovono lo sviluppo, allenano l’attenzione. Poi, verso i 6 mesi, quando un bimbo riesce a tenere in mano un libricino, si può cominciare a leggere il poco testo, o le immagini insieme al bambino. Tra i 2 e i 3 anni arriva la passione per la rilettura, leggere e rileggere uno stesso testo è un’attività molto richiesta dai bambini, se esposti regolarmente alla lettura. Rileggere è forse un po’ noioso per un adulto, ma utile per il piccolo, che finché non possiede la storia che gli viene letta ha bisogno di riascoltarla. La rilettura è importante: sarà il bambino a decidere quando cambiare.
Nell’età prescolare, i libri con immagini nitide, ben definite, belle, che raccontano il quotidiano di un bambino, e permettono una lettura dialogica (fanno del bambino il protagonista della storia) sono quelli da preferire. Le immagini sono fondamentali, devono essere adeguate, come il testo, e in età prescolare un libro che per esempio ha il testo semplice su una pagina e a fianco un’immagine adeguata permette al bambino di correlare il testo alle immagini e iniziare a capire che quelle cose nere sono parole, che nella nostra lingua si scrive da sinistra a destra e dall’alto in basso. Insomma si acquisiscono competenze che riguardano le convenzioni della scrittura, la sensibilità fonologica, il vocabolario.
Se un bambino di 10-12 mesi, in ambulatorio con i genitori, riceve dal pediatra un libro adeguato, si possono osservare e valutare molte cose legate alla relazione con il genitore e allo sviluppo neuro-motorio del piccolo. Se il bimbo lo passa da una mano all’altra, se lo manipola bene, se mostra interesse e focalizza l’attenzione, magari condivisa con il genitore, si raccolgono elementi utili anche sulle dinamiche della famiglia e non solo sullo sviluppo complessivo del bambino.
I Comuni che hanno aderito a NpL sono sparsi in tutta Italia, soprattutto nel Sud, dove il progetto ha portato alla creazione di punti lettura, in mancanza di biblioteche: luoghi di incontro delle famiglie, spazi fisici aperti a tutti e gratuiti, gestiti dai volontari NpL, all’interno di scuole, biblioteche che non avevano un’area bimbi, ospedali, carceri, parrocchie, associazioni.
Non promuovere la lettura è come non vaccinare!
Nati per leggere
www.natiperleggere.it



Conoscete un ricercatore? Incontriamoci al Mario Negri
Sabato 12 ottobre all’Istituto Mario Negri di Milano si è svolto il primo Open day “Conoscete un ricercatore? Incontriamoci al Mario Negri” un percorso tra i poster preparati dai ricercatori dei diversi Dipartimenti su varie problematiche di salute e ricerca, con possibilità per i visitatori di incontrarli intorno ad un tavolo di discussione, di partecipare alle attività proposte e di fare una visita guidata in alcuni laboratori al fine di meglio conoscere le ricerche e avere una panoramica delle attività svolte in Istituto.
L’Open day vuole essere un’occasione per avvicinare le persone e soprattutto i giovani al mondo della ricerca e della conoscenza, un modo per far andare alla fonte e incuriosire i cittadini.
In questa occasione il Laboratorio per la Salute Materno Infantile ha proposto due percorsi. Red.

NASCITA – NAscere e creSCere in ITAlia
Il luogo e le condizioni sociodemografiche e geografiche di nascita possono predire parte del futuro di un bambino. Per far fronte a questa disuguaglianza, serve prima di tutto una raccolta dati sistematica e scientifica. Anche per questo è stato attivato il progetto NASCITA (Ric&Prat 2019; 35: 45-6): un’iniziativa multi-osservazionale, rappresentativa della realtà italiana, per costituire un database di informazioni sullo stato di salute nel tempo, sin dalla nascita, di molti bambini. Lo scopo è monitorare lo sviluppo fisico/cognitivo/ psicologico, lo stato di salute e di benessere di una coorte di nuovi nati, nel corso dei loro primi 6 anni di vita, e valutare i potenziali fattori (determinanti) che possono influenzarli.
L’analisi dei dati valuterà eventuali associazioni tra determinanti prenatali, contesto di vita (ambiente), alimentazione, buone pratiche genitoriali, opportunità di apprendimento precoce e di socializzazione e l’incidenza di eventi avversi intesi come malattie croniche, sovrappeso/obesità, disturbi dello sviluppo cognitivo/psicomotorio. Un bagaglio di dati “correnti” utili per interventi di contrasto alle crescenti disuguaglianze.
L’attenzione non è puntata esclusivamente sui più piccoli ma anche sulle famiglie, sui genitori e nonni.

SALUTE MENTALE IN ETÀ EVOLUTIVA
In Italia un milione e 300mila giovani hanno disturbi di vario tipo. Si va da quelli d’apprendimento fino all’autismo e alla depressione. Ma oggi solo uno di tre ottiene una risposta dai servizi. L’Istituto conduce una mappatura della situazione, con il coinvolgimento degli operatori, stila e valuta interventi e protocolli.



Il tempo dei bambini.
Atlante dell’Infanzia a rischio 2019

In occasione del lancio della Campagna “Illuminiamo il Futuro” per il contrasto alla povertà educativa, il 21 ottobre in 11 città italiane (Ancona, Bari, Catania, Milano, Napoli, Reggio Calabria, Roma, Sassari, Torino, Udine, a Brindisi il 22 ottobre) in contemporanea è stato presentato l’Atlante dell’infanzia a rischio “Il tempo dei bambini” – decima edizione.



La pubblicazione da 10 anni raccoglie e studia un’ampia serie di dati e di indicatori del mondo dell’infanzia e dell’adolescenza con tavole, mappe e grafici fornendo una fotografia d’insieme delle condizioni di vita di bambine, bambini e adolescenti in Italia.




Quello che ci lasciamo alle spalle è stato un decennio critico, segnato da due crisi economiche molto gravi, prima nel 2008 poi tra il 2011 e il 2012. In Italia più che altrove, questa congiuntura tanto negativa ha impattato soprattutto sui bambini e le loro famiglie, compromettendo gravemente le aspettative di crescita e producendo uno squilibrio generazionale senza precedenti.
Insieme alle diseguaglianze intergenerazionali, si sono acuite le diseguaglianze geografiche, sociali, economiche, tra bambini del Sud, del Centro e del Nord, tra bambini delle aree centrali e delle periferie, tra italiani e stranieri, tra figli delle scuole bene e figli delle classi ghetto. Si sono divaricate le possibilità di accesso al futuro.
Quest’anno, abbiamo scelto di provare a riannodare il filo del tempo, in una triplice accezione. Il tempo nuovo (prima parte) della mobilitazione giovanile di questi ultimi mesi che ha avuto il merito di riaprire, su scala nazionale e globale, il dibattito sul tempo (questa volta inteso anche in senso fisico e atmosferico) minaccioso del riscaldamento globale e dei suoi possibili effetti sul futuro del pianeta. Un tempo nel quale riaffermare il primato del sapere, il valore della ricerca scientifica, l’importanza strategica della scuola, della lotta senza quartiere alle povertà educative e alle diseguaglianze, diventa una questione di vera e propria sopravvivenza.
Il tanto tempo perduto (seconda parte) per innovare le politiche e cercare di migliorare le condizioni di vita di tanti bambini e bambine nel nostro Paese. Il tempo della crisi e delle tante occasioni mancate dalla politica. Un primo e parziale bilancio del decennio attraverso l’analisi puntuale dei principali indicatori di cui ci siamo avvalsi dalla prima edizione: natalità, incidenza dei minorenni, indice di vecchiaia, presenza minori stranieri, presa in carico dei bambini nei servizi per la prima infanzia, spesa per famiglie e minori, povertà minorile assoluta e relativa, dispersione scolastica, Neet, partecipazione dei minorenni a una serie di attività ricreative e culturali.
Il tempo ritrovato (terza parte) dell’infanzia grazie alle tante iniziative avviate in tutta Italia dalla comunità educante, dalle associazioni, dalla ricerca statistica, sociale e educativa. Un tempo di protesta e di proposta che da qualche anno sembra aver sortito effetti positivi nel campo della lotta alle povertà dei bambini e del rilancio delle politiche per la prima infanzia.
Save The Children Italia Onlus
https://atlante.savethechildren.it/index.html




Dipingere per la salute

È giunta alla sua terza edizione la mostra dedicata ad “Arte & Care” organizzata dall’associazione ARTEe20 di Merate (LC). L’Associazione, attraverso il coinvolgimento di artisti noti e talenti emergenti, organizza eventi di pittura, scultura, fotografia, musica e poesia e del loro intrecciarsi. Facendo proprio il principio che le arti visive esercitano un ruolo positivo e importante nei luoghi di cura, contribuendo alla qualità dell’ambiente sanitario contribuendo a rifuggire dal luogo comune che vede l’ospedale come spazio esclusivo del dolore, l’Associazione dona ad ospedali o a strutture sanitarie assistenziali quadri dipinti dagli artisti afferenti all’Associazione e alla Scuola d’Arte Bollani di Merate per essere collocati nelle camere di degenza e negli spazi comuni. A tutt’oggi sono state realizzate otto donazioni ad altrettanti enti di ricovero e cura. L’Associazione organizza inoltre incontri formati indirizzati agli operatori sanitari al fine di fornire loro gli strumenti conoscitivi necessari per meglio comprendere il ruolo delle arti visive nella care del paziente. Vengono organizzati anche incontri con gli artisti che prestano la loro opera, per condividere i dati degli studi scientifici relativi alle tipologie di immagini che maggiormente possono esercitare effetti positivi sui pazienti. Il momento significativo per sensibilizzare la popolazione sul ruolo potenziale dell’arte nel percorso di cura di un paziente è rappresentato dalla mostra, della durata di un mese, che si tiene annualmente e che viene inaugurata con un breve simposio a cui intevengono il personale sanitario dell’ospedale che riceve la donazione, i rappresentanti dell’Associazione, le autorità e la cittadinanza.
La mostra 2019, aperta dall’esposizione del quadro The Doctor (1891) di Luke Fildes conservato alla Tate Gallery di Londra, è stata una mostra fotografica della vita all’interno dei reparti di rianimazione. A partire dalle fotografie pubblicate sui numeri di Ricerca&Pratica dal 2006 al 2010 nella rubrica Disperanza (R&P 2006; 22: 236) gli artisti hanno alternato fotografie di temi generali che ritenevano associate o a cui poter annodare significati. Tra le fotografie anche testi di poesia o riflessioni di operatori sanitari dei reparti di rianimazione raccolti in www.nottidiguardia.it. Una continuità con una rubrica e un rimando alla quotidiana “disperanza”, un vocabolo caro alla produzione narrativa del colombiano Álvaro Mutis e il cui spirito lo si ritrova anche nell’opera di Gabriel García Márquez, di Malraux, Conrad, e altri ancora. È un termine di puro diniego della speranza vissuta in forma di inganno (personale o altrui). È quindi un invito alla lucidità, a non prendere nuovi abbagli, a non adagiarsi su ottimismi ingiustificati. Nella disperanza c’è una totale adesione alla vita senza cadere nella trappola della speranza, dell’attesa illusoria di ‘qualcosa’ che non può arrivare. È nella condizione di disperanza che gioie effimere come l’amicizia, la solidarietà, …, trovano un quotidiano. È in questo contesto allora che un luogo della disperanza è un reparto ospedaliero, ma anche uno spazio artistico.
Maurizio Bonati
Dipartimento di Sanità Pubblica
Istituto di Ricerche Farmacologiche
Mario Negri IRCCS, Milano
maurizio.bonati@marionegri.it

Ha da passa’ ottobre.
Una proposta

Anche quest’anno si esce stordite dal mese in rosa.
Dopo qualche considerazione, una proposta su cui lavorare in attesa del prossimo ottobre.
Il tumore al seno è più che rilevante per le donne e un tema più che importante di sanità pubblica e sociale. I numeri sono veramente significativi e necessitano ben più che semplice attenzione: 53.000 nuove diagnosi anno (fonte Numeri del Cancro 2019). Alla domanda “conosce, tra parenti e amici, donne con diagnosi di tumore al seno”, circa il 70% di una coorte di donne sane partecipanti a uno studio sullo screening mammografico ha risposto sì (studio DonnaInformata).
Con questi numeri è evidente che l’attenzione non può che essere elevata, a tutti i livelli – personale e collettivo.
Con questi numeri c’è da chiedersi a che punto sia la ricerca sulle cause del tumore, perché non ci sia attivo un registro di patologia, chi decide l’agenda della ricerca, quanto sia soddisfacente l’informazione cui hanno accesso le donne, perché i programmi di screening non siano ugualmente distribuiti sul territorio. Le terapie farmacologiche hanno portato in questi anni ad una maggiore sopravvivenza, ma molte donne ricadono anche dopo molti anni, per molte donne che ricadono la qualità della vita è il problema. E il vaccino?
Con questi numeri qual è il valore aggiunto dei nuovi farmaci? Al momento su clinical trial.gov sono registrati circa un centinaio di trial fase 2 e 3 attivi in Italia, la maggior parte di sponsor aziendale, dov’è la ricerca indipendente?
La narrazione sul tumore al seno necessita di ridiscussione, soprattutto per quella dei media, degli Istituti di Ricerca, delle Aziende nonché delle Associazioni. Le capacità di reazione delle donne sono importanti e stupefacenti, le singole esperienze meritano spazio e rispetto per le diverse sfaccettature di volta in volta sottolineate ma, nel complesso, la narrazione è spesso enfatica, di carattere paternalistico e non di condivisione o di partecipazione. Spesso è più un affidarsi che non un prenderne parte. I messaggi sono molto vari, spesso con scarso rispetto delle prove scientifiche disponibili.
I tanti gruppi di aiuto nati sulla esperienza di tumore al seno sono esemplari, fanno molto lavoro locale – spesso l’unico riferimento, soprattutto nelle piccole realtà. Il coordinamento è tuttavia difficile, la formazione di chi si interfaccia a livello locale o meno con le Istituzioni è molto differente, gli inviti a collaborare vanno ben soppesati tra forma e sostanza. Molte donne non si riconoscono direttamente in queste realtà.
Gli interessi verso la malattia: ci sono e sono tanti. Se guardiamo al panorama italiano non c’è alcun dubbio che sia ampia la schiera di operatori sanitari che si prodigano per offrire le migliori cure e la migliore qualità della vita, Tanti ne abbiamo conosciuti, così come valida, anche se territorialmente disomogenea, l’esperienza delle “breast unit”. Tuttavia va riconosciuta anche l’esistenza di un mercato che fortemente influenza le scelte delle donne sia nell’approccio alla diagnosi precoce, sia sul tema della prevenzione primaria sia al momento delle scelte del centro cui rivolgersi. Dalla spinta ad esami di diagnosi precoce in fasce di età in cui non c’è dimostrata efficacia, alla spinta da parte di aziende farmaceutiche per attivare collaborazioni con le associazioni di pazienti, alla scarsa trasparenza dei rapporti con gli sponsor aziendali (associazioni, medici e società scientifiche).

E allora una proposta.
Questo mese in rosa, che ci inonda in modo disordinato di informazioni, storie di malattia, speranze, patemi e angosce, spinge a esami inutili, mette la cittadina in uno stato di ansia e preoccupazione, è possibile trasformarlo in una occasione per la ricerca scientifica?
Sarebbero disposti tutti gli attori di questa rappresentazione a convogliare sforzi e operatività per la creazione di un fondo unico indipendente per la ricerca dedicato al tumore al seno? Si potrebbe lavorare veramente congiuntamente per arrivare nel 2020 con un modello innovativo di mese in rosa?
E come stabilire le priorità per il finanziamento dei progetti? Con metodo: chiedendolo alle donne, alle associazioni e ai clinici, stabilendo un elenco di priorità e destinando i fondi tramite un modello di assegnazione trasparente e indipendente.
Grazia De Michele, Paola Mosconi
Commenti, adesioni e proposte a:
2019rosapink@gmail.com
Le opinioni espresse dalle autrici sono personali e non riflettono necessariamente quelle delle Istituzioni o Gruppi di appartenenza.



La prevenzione degli incidenti domestici in età infantile
Le condizioni di scarsa sicurezza degli ambienti domestici e la scarsa percezione del rischio da parte degli adulti rappresentano importanti fattori di rischio per i bambini. Le conseguenze in termini di salute sono rappresentate da intossicazioni e traumi di diversa gravità, con costi sociali rilevanti e oneri sempre più gravi per il Servizio Sanitario Nazionale. Le azioni dovrebbero incidere simultaneamente su più fattori di rischio e migliorare, in particolare, il flusso informativo tra le diverse parti in causa (vedi tabella alla pagina seguente). L’elaborazione di una linea guida (www.salute.gov.it/portale/news /p3_2_2_1_1.jsp?lingua=italiano&menu=eventi&p=daeventi&id=544) da parte di un panel di esperti, promossa e finanziata nell’ambito di un progetto CCM, sintetizza l’interazione dei fattori che influenzano l’accadimento degli incidenti domestici e viene utilizzata per guidare la ricerca delle prove di efficacia degli interventi di prevenzione.
Maria Laura Pezzato
MOICA Veneto
moicaveneto@moica.it




Infanzia: a 30 anni
dalla convenzione ONU

SUI DIRITTI DEI MINORI ANCORA MOLTE DISUGUAGLIANZE IN ITALIA

Dati preoccupanti dalle recenti Osservazioni del Comitato ONU per il nostro Paese: oltre 1,2 milioni di minori in povertà assoluta, l’accesso a risorse e servizi non presente su tutto il territorio  
Lo scorso febbraio il Comitato ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza ha ribadito all’Italia le sue precedenti preoccupazioni raccomandando “l’adozione di misure urgenti per affrontare le disparità esistenti tra le Regioni relativamente all’accesso ai servizi sanitari, allo standard di vita essenziale, ad un alloggio adeguato e all’accesso all’istruzione di tutti i minorenni in tutto il Paese”. Le disparità su base regionale possono infatti essere considerate una forma di discriminazione che incide sulle condizioni di vita delle persone di età minore in quanto maggiormente vulnerabili.
In ambito sanitario, anche per l’area pediatrica si rilevano differenze significative per i dati relativi a mortalità infantile, obesità e sovrappeso, numero di parti cesarei, coperture vaccinali.
In ambito educativo permangono importanti differenze tra le regioni per quanto riguarda, ad esempio, i servizi per l’infanzia. I posti offerti coprono il 24% della popolazione, ma permane un grande divario che oppone le aree del Nord e del Centro alle aree meridionali: nelle prime si sfiora l’obiettivo del 33%, anche superandolo in alcune regioni; invece nel Sud sono disponibili posti solo per l’11,5% dei bambini.
Molte sono le questioni irrisolte da affrontare con urgenza per il nuovo Governo, a cominciare dal contrasto alla povertà minorile (1.260.000 sono i minorenni in condizioni di povertà assoluta, cui corrispondono oltre 725mila famiglie), alla protezione dagli abusi e dalla violenza a danno delle persone di età minore, con particolare attenzione alla prevenzione degli stessi. Rispetto alla situazione dei minori migranti non accompagnati l’Italia ha ricevuto ben 23 raccomandazioni.
Con il 10° Rapporto CRC, alla cui redazione hanno contribuito gli operatori delle 100 associazioni del Network tra cui anche l’IRFMN di Milano, si apre un nuovo ciclo di monitoraggio: un percorso che prevede un confronto tra il Governo, la società civile e gli esperti che compongono il Comitato.
Gruppo di Lavoro per la Convenzione sui Diritti
dell’Infanzia e dell’Adolescenza
info@gruppocrc.net




Dal Parlamento
Mentre in commissione affari sociali si sta discutendo  sull’assegno unico per i figli, che sostituisce tutti i contributi presenti fino ad ora dedicati all’infanzia, viene presentato il X Atlante dell’infanzia a rischio di Save the Children. E questo sembra davvero diventato il tempo dei bambini e delle famiglie.
Stiamo discutendo in parlamento del family act ma in particolare sull’assegno unico per i figli che può raggiungere un importo massimo di 240 euro per dodici mensilità. Dalla maggiore età fino al compimento del ventiseiesimo anno di età, l’importo massimo dell’assegno è fissato in 80 euro. Viene invece prevista una maggiorazione, rispetto agli importi previsti per i figli minorenni e maggiorenni, in misura non inferiore al 40 per cento, per ciascun figlio con disabilità.
Inoltre viene riconosciuto per i primi mille giorni di vita e questa è una vera novità che viene colta dal Parlamento, una dote unica per un ammontare massimo di 400 euro per dodici mesi per favorire la fruizione dei servizi a sostegno della genitorialità, per il pagamento di servizi per l’infanzia quali asili nido, micronidi, baby parking e personale direttamente incaricato.
Ma addirittura il contributo viene elargito già al terzo trimestre di gravidanza come tutti i più recenti e accreditati lavori della letteratura sostengono.
L’Atlante ci dice che in Italia il numero dei bambini in povertà assoluta, e senza un’alimentazione adeguata né una casa è triplicato.
Nel 2008 i minori in questa condizione erano circa 375mila, nel 2014 già sfioravano 1.200.000. Oggi sono 1,26 milioni (563mila nel mezzogiorno, 508mila a nord e 192mila al Centro).
Dati allarmanti a cui il Parlamento sta provando a dare una risposta concreta.
Siamo ben consapevoli tuttavia, almeno noi addetti ai lavori, che senza servizi e servizi di qualità, per esempio gli asili nido, il contributo economico, che pure serve, per carità, rischia di diventare meno efficace proprio là dove è concentrata la povertà infantile. Perché è proprio nelle aree del sud del Paese che i servizi sono quasi del tutto assenti.
L’Atlante ci ricorda che il panorama dell’offerta educativa per la prima infanzia è frammentato e gravemente lacunoso nelle varie regioni.
I bambini presi in carico dai servizi finanziati dai comuni sono 25 bambini su 100 in Emilia Romagna, 2 su 100 in Calabria.
Ma insieme all’assegno unico per i figli nel family act è previsto il potenziamento del contributo per gli asili nido da 1500 a crescere fino a 3000 euro per i redditi medio bassi, risorse straordinarie per nuovi bandi per la costruzione di nuovi asili nido, congedo per i papà esteso a 7 giorni e infine un assegno universale mensile per tutti i nuovi nati esentasse.
Insomma sembra un momento storico favorevole per le famiglie e per l’infanzia ed era dal 1997, dalla legge 285, che non si vedeva un interesse così alto per i bambini.
Al di là delle discussioni sulle tasse, sull’IVA, sul carcere per gli evasori fiscali, a me queste sembrano norme molto positive su cui stiamo facendo una battaglia difficile in parlamento per trovare tutte le risorse necessarie.
È una battaglia che può modificare la vita di molte famiglie e dare una chance a chi non ne ha o ne ha poche. È una battaglia che non dà frutti immediati, che forse non cambia le percentuali di voto, ma che vale la pena combattere e farla al meglio possibile.
Paolo Siani
Commissione affari sociali
e bicamerale infanzia e adolescenza
paolo.siani@gmail.com